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Monuments - The Amanuensis
( 4255 letture )
La vita: quale vorticoso gioco contorto che porta l’essere umano a cadere, rialzarsi, sperare, piangere, ridere, amare e progettare entro orizzonti prefissati. Desistere in fronte ad un fato che distrugge e crea senza averne il consenso: portatore di sogni, mastro burattinaio di un particolare passaggio nella storia dove l'unica protagonista si conferma essere la Terra. Polvere eravamo e polvere ritorneremo, perché tutto finisce; probabilmente, però, ogni cerchio chiuso, creandosi nel caos della matrice primordiale, si ricollega con altri a formare una catena che lungo le ere si rafforza ed inconsciamente si riappacifica con se stessa. Chi siamo e chi incontriamo non sono sorprese: gli occhi si erano già visti e le mani già strette e così, rendendocene conto, ritroveremo noi stessi e il significato della vita. Perlomeno di questa vita.

Scrivere di The Amanuensis è come scrivere del cerchio della vita, un’opera mastodontica se proporzionata al mondo attuale dove c’è ancora spazio negli angoli bui per la creatività, una conferma che esistono persone con la volontà di credere in ciò che fanno. Prendere come base concettuale un libro tanto mastodontico quanto attuale quale Cloud Atlas (Romanzo delle nuvole), scritto e concepito da David Mitchell nel 2004, è una sfida ambiziosa, portatrice di oneri non facilmente comprensibili ad un'osservazione superficiale. Si tratta di sei storie in sei ere e località differenti che si specchiano tra loro, cinque narrate dal protagonista dell’epoca successiva a quella in questione ed un'altra, al presente, chiave di volta dell’intero viaggio temporale. Se il romanzo è ispiratore del concept, la lettura vera e propria va interpreta studiando il reale significato del ciclo di Samsara. L’uomo, afflitto da una ignoranza metafisica della vita, si ritrova sempre di fronte al miraggio della vita stessa che, non esistendo in quanto tale, continua il suo divenire senza far comprendere all’uomo la trappola in cui si è cacciato. Sofferenza, insoddisfazione e dolore sono le basi di un cieco vivere, senza la benché minima via d’uscita. Uniamo un altro tassello al bagaglio che The Amanuensis si porta dietro: un fumetto scritto e disegnato sulla base dei testi delle varie canzoni. Chris Barretto è la mente che sta dietro a tutto questo, l’ultimo arrivato ed il primo nella lista delle menti alle spalle di questo leviatano navigatore dei sogni musicali. Proprio grazie a lui l’album sboccia ed il gruppo prende una dimensione completamente nuova rispetto al precedente Gnosis. Venite con me nel lato prettamente musicale.

Come sappiamo, un cambiamento di line up, per quanto importante sia, spesso e volentieri porta nuove ventate di freschezza, idee che prima non potevano o non volevano essere provate. Più il nuovo membro è importante e più queste novità sono riscontrabili: quello del cantate è un caso particolarmente eclatante. Chris Barretto è il nuovo frontman: conosciuto ai più per essere stato nella formazione originale dei Periphery e attuale cantante degli statunitensi Ever Forthright, egli ha vestito a nuovo i Monuments portandoli a far schiudere finalmente il bozzolo entro cui rischiavano di essere rilegati, confinati dalla scelta di suonare un genere, se così vogliamo chiamarlo, tanto nuovo quanto già tendente all'autocitazione. Lui è l’astro che risplende in The Amanuensis, la luce oltre la coltre di nuvole che non apportava la necessaria illuminazione a dei ragazzi tanto bravi quanto statici. L’essere riusciti a mettere da parte un po’ di vecchi preconcetti su questa nuova forma di progressive (Djent per le nuove leve) rischia seriamente di portare il gruppo inglese a diventare leader indiscusso di un movimento tanto criticato. Ovviamente le soluzioni tecniche non sono mutate radicalmente, offrendo la possibilità di ritrovare i canoni compositivi del disco precedente, seppure con una verve più ariosa. Impossibile descrivere il disco attraverso le singole tracce, si rischierebbe di andare contro la volontà del gruppo di creare una unica grande suite: è meglio parlare di un racconto che si snoda lungo undici composizioni sorelle ma con trattici somatici singolari. Più melodici e teatrali, i Monuments cercano in questo caso non solo di seguire il concept alla base: essi hanno la volontà di sfondare le barriere sonore che precedentemente si erano involontariamente prefissati. Volti ad una diversa prospettiva musicale, i ragazzi riescono facilmente ad attraccare su lidi che non si collegano facilmente tra loro: momentanee sfuriate sincopate che si delineano all’orizzonte per sfociare in linee di sax leggere e delicate, echi di Faith No More che prendono vita allacciati a ritornelli simil-pop, il tutto unito con le cinghie a quel macromondo chiamato progressive. Non dimentichiamoci che il Djent, o come volete chiamarlo, è fondamentalmente la versione ringiovanita e senza capelli bianchi del concetto classico di album progressive. Che piaccia o meno, la verità innegabile è che dentro The Amanuensis c’è tanto prog sincopato, dispari e raggomitolato su sé stesso.

Se band quali TesseracT, Periphery, Animals as Leaders sono le band del genere più conosciute, quelle che han fatto breccia sul grande pubblico, a differenza di quest’ultime i Monuments non cercano di solcare mari già navigati o di ripercorrere le linee che in molti ricalcano sperando di impressionare un pubblico distratto. I nostri hanno dalla loro un ottimo cantante, un batterista dotato e dinamico, due chitarristi che farebbero la gioia di molte band là fuori e, sopra ogni cosa, hanno l’età che gli permette di essere all’inizio di un avventura potenzialmente lunga e piena di soddisfazioni. L’unica pecca riscontrabile qui è la produzione che rischia spesso e volentieri di offuscare il basso e la batteria, portando troppo in evidenza chitarre e voce solista: un vero peccato (anche se, a conti fatti, un pelo nell'uovo), visto che in un album come questo una qualità audio sopraffina sarebbe stata la ciliegina sulla torta.

Chiudiamo il cerchio: il grande gioco della vita porta a scommettere, rischiare e, a volte, si riesce a centrare il bersaglio. The Amanuensis è un ottimo album, merita di essere studiato, ascoltato con attenzione e lasciato scorrere, mettendo da parte tutti i preconcetti su questo o quel genere. Anche il sottoscritto si è dovuto ricredere, dopo oltre un mese di ascolti: se a prima vista il disco può sembrare lungo e dedaleo, prestando attenzione emergono alcuni picchi che molto spesso scappano ad un ascoltatore abituale da YouTube. Il disegno finale va completato attraverso il concept sopra descritto, che risulta essere sopra la media degli stilemi moderni, un’idea tanto delicata quanto pretenziosa che ha trovato la vita in questo album. I Monuments sono giovani, bravi e questo ad oggi è il loro opus magnus. Meritano una possibilità, anche più di una, perché ad oggi il metal passa anche da queste sonorità.

Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.
Oscar Wilde, L'anima dell'uomo sotto il socialismo, 1891




VOTO RECENSORE
73
VOTO LETTORI
85.66 su 9 voti [ VOTA]
Indigo
Venerdì 15 Aprile 2022, 21.26.33
5
Ha detto tutto @All I Was al commento n. 4. Gnosis era già un ottimo disco ma The Amanuensis è un vero capolavoro nonché una tappa obbligata per ogni fan del djent. Difficile, se non impossibile, elevare un brano al di sopra degli altri perché ogni singola composizione è una perfetta unione di tecnica, melodia, harsh vocals e profondità a livello tematico. Un concept impegnativo realizzato a regola d'arte e interpretato da un singer eccezionale come Chris Barretto, ben supportato da musicisti di qualità altissima. Non ci sono difetti e pertanto un 90 è il giusto corrispettivo numerico per un album di tale caratura.
All I Was
Venerdì 20 Novembre 2020, 2.10.29
4
A distanza di anni, questo rimane il loro MIGLIOR disco e uno dei dischi Prog Metal più belli degli ultimi 10 anni. Qui c'è proprio una profondità sonora, musicale, vocale e concettuale che difficilmente si trova in giro. Se nel precedente disco il riffing di John Browne stava emergendo, creando proprio un modo MODERNO di suonare il "Djent", qui si espande e trova la sua dimensione più progressiva basata NON solo sul suono col tipico ATTACCO FULMINEO del mondo Djent, ma quel suono si mischia proprio con una struttura di riffing complessa, articolata e in linea con tutta la sua controparte batteristica che rende il groove incalzante ma anche complesso e ricco di varianti. Le doti vocali di Barretto vengono messe in evidenza in continuazione SPLENDENDO sia nelle parti in pulito che nelle parti di growl estremo. Non mancano di certo strutture interessanti e bizzarre, come l'inizio DEL TUTTO VOCALE di Saga City o il MEGA RIFFING ultracazzuto iniziale di canzoni come Horcrux o Atlas. Poi il concept è davvero notevole...ci vuole parecchia dedizione per fare un concept del genere basato su un romanzo NON proprio facile da assimilare. Questo è proprio un album di CRISTO...di CRISTO e LODE!
HèviMèrol
Lunedì 14 Maggio 2018, 0.19.41
3
73?! Le recensioni sono sempre belle, ma qui per il voto avete toppato. Questo è un vero album di Prog, o "Djent" come volete, altro che i TesseracT che suonano in maniera più diretta, come appunto anche gli Animals As Leaders, altrimenti non avrebbero fatto breccia nel grande pubblico. Un pelino meno urli andava ancora meglio! Questa è una band, come anche gli Uneven Structure, altro che le robe vistissime e conosciutissime che proprio per questo sono più banali, come i Periphery e i Meshuggah. La vera grandezza di un gruppo si capisce da quanti dischi pubblica, e se sono pochi è un'ottimo segno. Il voto dei lettori gli rende giustizia. Anche i Vildhjarta sarebbero interessanti, ma lì le clean vocals non esistono neanche a morire...
Mirko
Lunedì 29 Settembre 2014, 20.29.42
2
In certi punti sono anche troppo "tamarri" per i miei gusti; in ogni caso, ottimo disco, di gran lunga superiore al debutto!
Aelfwine
Venerdì 11 Luglio 2014, 2.11.13
1
Che bella recensione. Non vedo l'ora di ascoltarlo.
INFORMAZIONI
2014
Century Media Records
Djent
Tracklist
1. I, The Creator
2. Origin of Escape
3. Atlas
4. Horcrux
5. Garden of Sankhara
6. The Alchemist
7. Quasimodo
8. Saga City
9. Jinn
10. I, The Destroyer
11. Samsara
Line Up
Chris Barretto (Voce)
John Browne (Chitarra)
Olly Steele (Chitarra)
Adam Swan (Basso)
Mike Malyan (Batteria)
 
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