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Alkaloid - The Malkuth Grimoire
( 4690 letture )
Morean: voce dei Dark Fortress.
Christian Münzner: chitarrista di Spawn of Possession, Obscura etc...
Danny Tunker: chitarrista di Aborted, God Dethroned etc...
Linus Klausenitzer: bassista degli Obscura.
Hanness Grossmann: batterista di Obscura, Necrophagist etc...

Malkuth: significa Regno, prima sfera dell'albero della vita cabalistico, presieduta dall'arcangelo Sandalphon, senza la cui autorizzazione viene negato l'ingresso nell'albero. La sfera è divisa in quattro aree delimitate dai punti cardinali, all'interno dei quali è possibile conosce meglio il proprio Io: a Nord ci sono le forze del Karma, ad Est i desideri e le forze emozionali, a Sud il silenzio e l'introspezione, mentre ad Ovest la conoscenza delle forze limitatrici e restrittive. Una sfera dinamica, potente e spesso sottovalutata a causa della sua posizione defilata all'interno dell'albero stesso.

SCIENZA APPLICATA
A meno di qualche becera attitudine al negazionismo più oltranzista, direi che le premesse per questo album, formato da un concept lirico eccellente ed una line-up eccelsa al limite del supergruppo, siano tali da aspettarsi il capolavoro degli ultimi 4-5 anni in campo prog death e affini. Quanti di voi stanno aspettando con trepidazione il nuovo album dei tedeschi Obscura? Quanti ancora credono nell'esistenza di un'entità metafisica chiamata Necrophagist? Bene, unite le due band sotto al monicker Alkaloid ed il gioco è fatto. Questa band non è nulla di più che l'unione di menti geniali del campo estremo, combinate per dare vita ad un insano disco di prog death con i controtesticulae, dove le tematiche scientifiche si appoggiano su di un basamento musicale tanto contorto ed irrazionale quanto capace di farti drizzare le pupille più e più volte lungo l'arco della sua interminabile durata. The Malkuth Grimoire ha una durata di oltre settanta minuti con una suite divisa in quattro atti, Dyson Sphere, di quindici minuti, un singola suite conclusiva di oltre dodici e alcune canzoni che tranquillamente passano i nove di durata. Si è soliti dire che le dimensioni non contano, peccato che in questo specifico caso, purtroppo per noi, si è innegabilmente di fronte ad un mastodonte di proporzioni colossali. La storia dietro la conoscete tutti, dalla dipartita di Grossmann e Münzner dall'arcangelo chiamato Obscura, alla successiva unione ad alcuni dei musicisti più in vista degli ultimi anni per dar vita ad un progetto che desiderava essere un'espressione dell'istinto represso nella band principe, mai potuto uscire allo scoperto senza contrasti intestini. Di storie di questo tipo ne sono saltate fuori centinaia negli anni e non ci si sorprende più, oramai; se ci aggiungiamo che i caratteri distintivi della potenza tedesca erano spesso nelle mani dei due dipartiti, si può facilmente comprendere quanto, anche senza premere il pulsante play, le musiche qui proposte siano facilmente contestualizzabili. Per quanto il risultato, anche dai primi secondi, si palesi come una enciclopedia del metal moderno, rimane però la questione se questo sia veramente fenomenale, se possa essere considerato un album indispensabile e con un carattere tanto forte che dopo due ascolti non si riesce più a farne a meno, ma soprattutto se fosse così necessaria la dipartita per comporre quello che in concreto non è altro se non una...

EXTREME MUSICAL CLINIC
The Malkuth Grimoire è intoccabile a livello tecnico/stilistico, ma per quanto riguarda la personalità bisogna discuterne leggermente, poiché è nulla più che un collage di idee composte e oggi rielaborate in salsa tartara Supersayan. La combinazione di molteplici singoli intenti compositivi in sede di registrazione senza un quid finale porta ad un solo risultato: l'eterogeneità salta fuori prepotentemente ad ogni finale di traccia, poiché come da tradizione un supergruppo è formato da persone provenienti da background con un miriade sterminata di sfumature, difficilmente amalgamabili tra loro. Non serve molto ad un giudice superpartes per dichiarare sentenza: anche solo mettendo in fila le prime tre composizioni (Carbon Phases, From a Hadron Machinist e Cthulhu) è facilmente riscontrabile il contrasto citato, laddove Grossmann prima e Morean poi prendono le redini della composizione. Leggendo il booklet e i crediti compositivi, è palese questo dato di fatto: ogni traccia ha due persone dietro, una per le musiche e una per i testi. Se Klausenitzer viene lasciato nelle retrovie diventando un mero mestierante, Tucker si limita alla composizione di una sola traccia, Münzner a due, ed è palese come il restante venga suddiviso tra Hanness e Morean, dove il primo si delizia sui controtempi e le partizioni al limite dell'umana concezione, mentre il secondo diventa fautore dei testi e conseguentemente di un' interpretazione ottimamente bilanciata tra harsh-growl e screaming. Per il frontman dei Dark Fortress questa è sicuramente un'opportunità per cimentarsi all'interno di un ambito difficilmente esplorabile con la sua band cardine, dove, complice di una base compositiva tanto varia e dinamica, riesce finalmente ad esplodere in quelle che sino ad oggi erano le potenzialità nascoste in un cassetto a prendere polvere. Lungo la suite Dyson Sphere il teutonico offre quella che probabilmente è la summa della sua, per quanto breve, carriera di musicista con ritornelli catchy combinati con una volontà mai celata di andare oltre i tipici dogmi stilistici dei cantanti black, utilizzando uno spettro tanto ampio quanto maturo, in piena consapevolezza con le doti che madre natura gli ha regalato. Non da meno la sua tecnica di chitarra, che è riuscito a plasmare e perfezionare al meglio per questo album: Cthulhu è la dimostrazione inequivocabile delle doti nascoste, essendo stata composta interamente da lui stesso e senza indugi può essere vista come tra i top dell'album. La doppietta degli ex invece si limita ad intraprendere un sentiero battuto anni addietro con idee e trucchetti che, già in album quali Omnivium e Cosmogenesis, venivano inflazionati canzone dietro canzone. Oggi, l'unica aggiunta a quelle sfumature prese dal passato sono i richiami qui e là dai Tool e da ogni band che ad oggi viene vista come cool e contemporary trend. La vera pecca è la mancanza di un signor bassista come Thesseling in grado di donare profondità alle loro composizioni: basta ascoltare i primi secondi di Alter Magnitudes per pensare di essere di fronte ad uno scherzo piuttosto che ad un palese plagio. Rimane da affrontare l'aspetto produttivo che diventa pilastro fondamentale per la comprensione totale di The Malkuth Grimoire: come volevasi dimostrare i nostri hanno fatto un utilizzo spudorato di Pro-Tool andando ad estremizzare il concetto di canzone attraverso C-Value Enigma, pezzo creato interamente al computer, attraverso l'assemblamento di molteplici assoli, per far comprendere all'ascoltatore quanto possano suonare bene decontestualizzati dalla forma canzone canonica. Può essere visto anche come un esperimento e nulla più, ma a conti fatti il mix non offre benefici se non quelli di dirgli: ”Bravi, ma poi?”. È formalmente perfetto questo disco, tanto perfetto che è al limite del freddo razionalismo costruttivo degli edifici russi in epoca staliniana, dove tu rimani lì ad applaudire senza riuscire a trovare un briciolo di empatia, come di fronte ad un musicista che si presenta in sede per una clinic, testando i nuovi prodotti o dimostrarti cosa può accadere se smetti di esistere per la gente dedicandoti con devozione ad uno strumento.

FIDUCIA
L'intero album è stato finanziato dai fan attraverso la oramai classica campagna di crowfunding, dove il gruppo è riuscito a racimolare oltre il 150% del budget necessario alla riuscita dell'album, registrato solamente dopo aver ottenuto i fondi necessari alle spese in essere. Questo aspetto dimostra fiducia e dedizione da parte di chi, nel passato, attraverso Obscura, Spawn of Possession e affini ha conosciuto e compreso le potenzialità stilistiche dei musicisti qui coinvolti, per dare vita ad un nuovo super progetto. Peccato che ascoltare gli Alkaloid sia come partecipare ad uno show dove ognuno mette in mostra il meglio di quello che ha a disposizione, fregandosene in certi momenti della compatibilità stilistica. Impeccabile, freddo, distante e lecchino; una costante antitesi di volontà e dedizioni ha portato questo The Malkuth Grimoire ad essere un album che probabilmente a fine anno campeggerà nelle liste dei migliori per i virtuosi e tutti colori che desiderano provare le brezza dell'altitudine compositiva; per tutti gli altri, che vanno in cerca anche di qualcosa da raccontare, da cantare e condividere, probabilmente rimarrà distante negli affetti. Se questo è il primo capitolo di una lunga storia lo vedremo solamente nel futuro, ad oggi la sufficienza piena c'è, ma non osiamo parlare di capolavoro, perché per essere considerabile come tale servono altri connotati.

Il talento senza genio è poca cosa. Il genio senza talento è nulla. Purtroppo a volte, è il nostro stesso talento che ci penalizza.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
38.45 su 200 voti [ VOTA]
VoivodianoQualsiasi
Venerdì 7 Gennaio 2022, 12.04.20
6
Col senno di poi lo trovo uno dei dischi tech-death più ispirati e maestosi degli ultimi anni. L'inquietudine sci-fi/lovecraftiana c'è tutta, la fantasia nelle composizioni è da paura (l'opener e la suite Dyson Sphere su tutte) e la cosa più divertente è che il successivo Liquid Anatomy va pure oltre... Spiace vedere un 36 da parte dei lettori, d'altronde de gustibus.
Diego Basile
Sabato 13 Luglio 2019, 19.13.51
5
Ma come 33??? Album minimo da 80
Andry Stark
Lunedì 29 Ottobre 2018, 17.52.53
4
Un ottimo lavoro, non mi aspettavo di meno visto chi sono i musicisti, anche se al primo ascolto non mi aveva convinto totalmente ma con altri ascolti sono riuscito ad apprezzarlo, l'album si lascia ascoltare piacevolmente per tutte le sue tracce, essendo.il.primo lavoro non lo giudico un capolavoro ma un buon inizio. Voto 80
Acasualdjentleman
Martedì 15 Agosto 2017, 23.44.51
3
Disco spacca culo,81 il mio voto.
Jack Rancid
Domenica 29 Marzo 2015, 22.20.45
2
Avevo contribuito al crowfunding, ad essere onesto. L'ho ascoltato molto da Febbraio, ci sono momenti molto convincenti, altri meno. Coi nomi in gioco, avevo aspettative altissime, da capolavoro...ragionevolmente non lo è. Credo che i pezzi più ispirati e siano quelli su cui Morean ha messo pesantemente mano, come detto nella recensione. Il pezzo che mi convince meno è l'ultimo, "Funeral for a Continent"...mi è parso che sia un pezzo scritto da Grossman, sul cui tema principale gli altri han cucito il loro contributo, ma in maniera tutto sommato poco convincente...non adeguatamente amalgamate. Un album che comunque, tutto sommato, non mi pento di aver preso a scatola chiusa. La produzione poi è convincente, dovrebbe essere anche il primo album interamente mixato, masterizzato, etc, etc da Grossman nel suo neo-aperto studio Mordor Sounds...se non sbaglio.
Alessio
Domenica 15 Marzo 2015, 18.53.13
1
Delusione totale, un guazzabuglio ipertecnico che non porta da nessuna parte. Bocciati alla grande
INFORMAZIONI
2015
Autoprodotto
Prog Death
Tracklist
1. Carbon Phrases
2. From a Hadron Machinist
3. Cthulhu
4. Alter Magnitudes
5. Orgonism
6. Dyson Sphere – I.Mining the Oorth Cloud
7. Dyson Sphere – II.Assembly
8. Dyson Sphere – III.Kardashev 2.1-The God Oven
9. Dyson Sphere – IV.Sol Omega
10. The Malkuth Grimoire
11. C-Value Enigma
12. Funeral For a Continent
Line Up
Morean (Voce, Chitarra)
Christian Münzner (Chitarra)
Danny Tunker (Chitarra)
Linus Klausenitzer (Basso)
Hanness Grossmann (Batteria)
 
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