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Crobot - Welcome to Fat City
03/12/2016
( 1443 letture )
I Crobot si sono formati nel 2011 a Pottsville, in Pennsylvania. Welcome To Fat City è il loro secondo LP dopo l'uscita di due mini album e del full length del 2014 Something Supernatural, quest'ultimo particolarmente apprezzato dalla critica. Il nuovo disco descrive un pianeta dove avidi e corrotti sono i benvenuti, un luogo nel quale costoro possono finalmente vivere sentendosi accettati. La proposta musicale della band è principalmente un hard rock di stampo settantiano con forti radici blues, facilmente riscontrabili nella voce calda e potente del dotato singer Brandon Yeagley, il quale tende a sgolarsi appena ne ha l'occasione. Il suo "braccio destro" è il chitarrista Chris Bishop, autentico protagonista della release e vero ago della bilancia per la riuscita o meno dei singoli pezzi. Questo perché la caratteristica che colpisce maggiormente l'ascoltatore è un eccessivo uso della pedaliera: un utilizzo spasmodico degli effetti di distorsione che amplifica il "fischio" ottenuto tramite la tecnica degli armonici e sovrasta l'ottimo lavoro dei fratelli Figueroa alla sezione ritmica. Quando tale connotazione raggiunge spiccati livelli di esagerazione il sound risulta stucchevole, di contro se viene applicata moderatamente e sapientemente porta alla nascita di discrete tracks.

In avvio i ragazzi tendono a privilegiare l'aspetto più spensierato e divertente del rock anni 70 donandoci esecuzioni potenti, caratterizzate dalla bella performance del singer sulle tonalità medio/alte, dai riverberanti virtuosismi della chitarra e da alcuni interessanti accorgimenti, come le corde del basso strapazzate su Welcome to Fat City e i simpatici rintocchi delle percussioni su Play it Cool. Easy Money prosegue su questi binari aggiungendo un maggior retrogusto blues, anche in virtù del solo di armonica, però si perde sul timido ritornello e sugli striduli effetti realizzati da Bishop. La seguente Not for Sale è il singolo lanciato dai Crobot per pubblicizzare l'album, ciononostante non eccelle: di fatto l'unico passaggio degno di nota è il bridge attendista che precede i conclusivi acuti del cantante. La parte centrale del disco è la migliore, poiché subentra un'affascinante oscurità, che va a soppiantare la verve iniziale. È così che arrivano i riffoni lenti e pesanti di Hold on for Dear Life: un brano metodico e profondo, influenzato dal doom e dallo stoner e per questo realizzato su ottave decisamente più basse rispetto ai pezzi precedenti. La successiva Temple in the Sky conferma il buon momento: le strofe mantengono un basso profilo, tergiversano prima dell'arrivo del chorus aggressivo dove emergono gli stacchi imperiosi della chitarra e i colpi puntuali e precisi della batteria. Right Between the Eyes possiede una discreta pesantezza, però il ritornello con il coro yeah yeih yeah risulta debole e forzato, fortunatamente l'assolo di chitarra è un passaggio felice. Con Blood on the Snow la band ritorna all'hard rock messo in mostra inizialmente, ma lo fa con un pezzo senza arte né parte, che sa di già sentito e che sembra scritto solo per mettere in mostra le doti canore di Yeagley. Steal the Show invece è un brano semplice ed efficace d'impostazione rock/blues: sulle strofe la sezione ritmica scandisce il ritmo senza intoppi o virtuosismi fuori luogo, le distorsioni sono usate sapientemente anche sovrapponendo refrain diversi, infine l'armonica introdotta inaspettatamente sul ritornello è la ciliegina sulla torta. Momenth of Truth è un raffinato e caldo blues, che diviene incandescente prima del finale, sul bridge particolarmente tosto e veloce. La conclusiva Plague of the Mammoths è abbastanza gradevole grazie ai riff grevi e agli ottimi rintocchi ciclici della sei corde, tuttavia come spesso accade, gli effetti superano le modalità d'uso consigliate divenendo tediosi.

I Crobot sono dei musicisti di un certo spessore e ne sono al corrente, purtroppo tale consapevolezza li porta ad eccedere. È così che talvolta le composizioni vengono surclassate dalla prorompente personalità dei membri del gruppo, mentre in altre situazioni è la produzione di Gene Freeman (in arte Machine) ad enfatizzare in maniera eccessiva il potenziale elettrico della chitarra e i suoi strabordanti effetti. Quando la band si limita a suonare come avviene in sede live, cioè in modo genuino e in misura meno pretenziosa, tralasciando gli artifici per poter attingere dalla propria anima rock/blues, ebbene è in quei frangenti che sorgono i migliori episodi di Welcome to Fat City.



VOTO RECENSORE
69
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2016
Nuclear Blast Records
Hard Rock
Tracklist
1. Welcome to Fat City
2. Play It Cool
3. Easy Money
4. Not for Sale
5. Hold on for Dear Life
6. Temple in the Sky
7. Right Between the Eyes
8. Blood on the Snow
9. Steal the Show
10. Moment of Truth
11. Plague of the Mammoths
Line Up
Brandon Yeagley (Voce, armonica)
Chris Bishop (Chitarra, Cori)
Jake Figueroa (Basso)
Paul Figueroa (Batteria)
 
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