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Canvas Solaris - Penumbra Diffuse
05/09/2020
( 760 letture )
I Canvas Solaris sono un gruppo statunitense formatosi nel 1999 come un quartetto che nelle intenzioni originarie aveva come obiettivo quello di suonare un death/thrash estremo, influenzato da Voivod, Carcass e Godflesh. Dopo che i due membri originari Brad Jeffcoat e Jimmy McCall lasciarono la band, gli altri due componenti rimasti, principalmente grazie all'arrivo di Ben Simpkins, decisero di virare su un altro genere più sperimentale, in larga parte ispirato al jazz. Nel 2003 pertanto vide la luce il primo EP Spatial/Design, seguito un anno dopo dal debutto Sublimation, ben accolto da critica e pubblico, pur essendo abbastanza derivativo di gruppi quali Watchtower, Spiral Architect e Cynic.

Questo secondo lavoro, Penumbra Diffuse, cammina per gran parte sullo stesso solco tracciato dal precedente. Inutile parlare delle abilità tecniche del trio di polistrumentisti, che raggiungono notevoli vette di virtuosismo lungo tutto l'album, senza per questo perdersi in solismi fini a sé stessi. Andiamo quindi a scoprire i brani: Panoramic Long-Range Vertigo, al di là del nome che si incarta su sé stesso, è un discreto brano di apertura, che tuffa l'ascoltatore nel mare di riff vorticosi e iper-ritmati che contraddistinguono lo stile dei Canvas Solaris. Si tratta senza ombra di dubbio di un genere non facilmente approcciabile, dato che si presta facilmente alla costruzione di strutture sonore decisamente poco canoniche, dotate di intermezzi acustici tra le bordate metal in doppio pedale, e soprattutto interamente strumentale. La mancanza della voce è allo stesso tempo croce e delizia della proposta dei Canvas Solaris, perché alla lunga i tecnicismi portati all'estremo (presenti in diversa misura in tutti brani) potrebbero scoraggiare anche l'ascoltatore più tenace. Il secondo brano Horizontal Radiant supera abbondantemente gli undici minuti, per la gioia dei fan del progressive. La parte iniziale, tra glockenspiel e strumenti acustici è pura goduria, finché all'interno di essa non si innestano le chitarre elettriche che avevamo ascoltato nel primo brano, facendo evolvere il pezzo in un qualcosa che si ingigantisce mano mano, tra layer multipli di chitarra e riff che richiamano spesso e volentieri il tech-thrash, sormontati da sweep e tremolo picking a cascata. Descritto così sembrerebbe un grande polverone impossibile da seguire, ma i Canvas Solaris infarciscono il brano di riff orecchiabili e richiami interni che lo rendono assolutamente godibile pur nella sua complessità. Il bilanciamento è completo grazie agli intermezzi sulla 12 corde e il risultato –per dare un'idea- non è poi così lontano da quello di alcuni brani dei primi Haken, seppur in anticipo di diversi anni. Accidents in Mutual Silence, dal canto suo, è simile nelle intenzioni al brano di apertura, poco più di 4 minuti di rifferama di scuola thrash, adornato dalle chitarre in clean, in un pezzo buono ma non particolarmente memorabile, soprattutto se paragonato al precedente. Vayahasa, già dal titolo – che in sanscrito descrive un concetto ricorrente nell'induismo-, lascia presagire una virata verso sonorità "etniche", e in effetti non si rimane delusi. Il batterista Hunter Ginn si diletta con una notevole serie di percussioni di vario genere, mentre Ben Simpkins imbraccia il mandolino e la 12 corde dando vita a un mix di world music che riporta alla mente le melodie indiane fuse con il jazz manouche e il muslim folk. Certamente non si può dire che i Canvas non siano di mentalità aperta. To Fracture coniuga il prog/thrash con la profondità dei suoni del Moog di Nathan Sapp e la parte in cui le chitarre elettriche si fermano è forse più interessante del resto del brano, comunque sapientemente bilanciato e mai strabordante neppure quando la velocità e il tasso tecnico aumentano vertiginosamente. Ci avviciniamo alla conclusione con Psychotropic Resonance, inizialmente molto vicina a quanto proposto da gruppi come gli Ozric Tentacles prima maniera: synth ed effetti spaziali a profusione, in quel miscuglio di psichedelia e rock tanto caro al gruppo inglese, salvo poi mutare completamente volto e situazione, ritornando al tech-thrash di watchtoweriana memoria. La chiusura vera e propria è Luminescence, altra suite, questa volta della durata di dodici minuti esatti. Un incedere melodico e degli accordi dissonanti e sinistri la introducono, creando un effetto straniante, ma donando un attimo di tregua rispetto alla traccia precedente. I primi 5 minuti scorrono così, fino a che all'incirca a metà brano i solismi non prendono il sopravvento, dando una forma compiuta al pezzo, che mostra influenze à la Fates Warning, per poi chiudere con una bella coda di pianoforte e chitarre acustiche.

Sicuramente Penumbra Diffuse non è un disco per tutti e come già detto chi non è avvezzo a un certo tipo di sonorità potrebbe trovarlo freddo, ostico e difficile da digerire. Resta comunque il fatto che le competenze messe in opera dal trio americano sono di una certa caratura e non possono lasciare indifferenti. Se proprio gli si volesse trovare un difetto, le parti soliste avrebbero potuto essere sviluppate meglio, dando loro più spazio in mezzo alla moltitudine di ritmiche in tempi dispari. Chi apprezza il metal tecnico e sperimentale al tempo stesso, ma anche chi non disdegna il thrash più tecnico troverà pane per i suoi denti.



VOTO RECENSORE
77
VOTO LETTORI
94.5 su 2 voti [ VOTA]
.
Sabato 9 Gennaio 2021, 19.01.28
2
Sebbene, io abbia un ricordo sbiadito dell’album so per certo che la band mi colpì positivamente in quel periodo. P.S. Il fatto di dover leggere spesso all’interno delle recensioni frasi standardizzate ed inutili come “non è un disco per tutti” è una cosa che, per quanto mi riguarda, è abbastanza fastidiosa…
Luka2112
Venerdì 8 Gennaio 2021, 22.08.19
1
È un peccato che musicisti del genere siano poco conosciuti , anche se la loro proposta non è certamente per tutti.Riff vorticosi d stampinò metal prog si alternano a cangianti e raffinate aperture acustiche tipiche di un certo prog.Da scoprire ascolto dopo ascolto.
INFORMAZIONI
2006
Sensory Records
Prog Metal
Tracklist
1. Panoramic Long-Range Vertigo
2. Horizontal Radiant
3. Accidents In Mutual Silence
4. Vaihayasa
5. To Fracture
6. Psychotropic Resonance
7. Luminescence
Line Up
Nathan Sapp (Chitarra elettrica, synth di chitarra, Chitarra acustica, Tastiere)
Ben Simpkins (Chitarre, Basso, Chitarra acustica 12 corde, Mandolino, Tastiere)
Hunter Ginn (Batteria, Doumbek, Djembe, Congas, Shaker, Tabla, Timpani, Tamburi marocchini, Gong, Güiro, Nacchere, Tamburello, Glockenspiel)

Musicisti Ospiti
Jeff Wagner (Tastiere nella traccia 7)
 
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