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Hiroe - Wrought
29/08/2022
( 820 letture )
Nel mercato discografico odierno, dove già la formula dell’album è obsoleta e la maggior parte degli artisti mainstream spinge quasi maniacalmente sulla pubblicazione di singoli i quali non è nemmeno detto che vedranno il rilascio su supporto fisico, anche le realtà più legate all’underground rock e metal risentono di questo aspetto, che mina inevitabilmente sulle capacità di attenzione degli ascoltatori e in secondo luogo sulla longevità dei dischi stessi. Nonostante il nostro genere prediletto possa contare ancora su una buona base di ascoltatori legati al prodotto fisico è indubbio che negli ultimi anni si è vista una vera e propria proliferazione di gadget esclusivi non necessariamente legati alla musica, creati ad hoc per cercare di aumentare le vendite degli album. in questo complesso meccanismo c’è un formato discografico che è stato quasi totalmente dimenticato e viene sporadicamente utilizzato giusto da artisti emergenti o totalmente dediti all’autoproduzione: l’Ep. Qual è il motivo per cui bisognerebbe pubblicare un Ep oggi? La verità non ci è dato saperla, eppure ci sono dischi che sembrano creati apposta per questo formato, opere per le quali non sono necessari minuti in più e che riescono ad esplicare tutto il proprio potenziale stando sotto la soglia della mezzora.
Ed è un proprio un caso di questo tipo quello di cui ci occupiamo oggi, nello specifico parliamo dell’Ep di debutto degli Hiroe, quintetto di Filadelfia che ha deciso di investire il frutto del proprio lavoro per concentrarlo in soli cinque brani pregni di passione e visceralità, all’insegna di un post rock totalmente strumentale che non disdegna passaggi più propriamente metal ed altri maggiormente atmosferici. I punti di riferimento della band sono presto detti: Russian Circles su tutti, seguiti a ruota da Deftones e Thrice. Una proposta che si muove quindi lungo confini ben definiti, ma che riesce in qualche caso a sorprendere grazie a scelte personali e particolarmente suggestive. Ciò che colpisce sin da subito ascoltando i brani di Wrought è la produzione tonante e degna di nota ed è proprio qui che i cinque hanno investito di più: a registrare l’album infatti troviamo Mario Quintero dei favolosi Spotlights, in fase di mixing è arrivata la mano di Matt Bayles (Caspian, Mono, Russian Circles, Isis e Pelican tra le band di cui ha curato i dischi) e a chiudere il master ci ha pensato Will Yip (che tra le altre cose è il responsabile del sound degli “ultimi” Code Orange). Un vero e proprio dream team che ha confezionato un prodotto potenzialmente imperdibile, pubblicato dalla sempre attenta Pelagic Records.

Le fondamenta dei brani del gruppo si reggono sulle tre (!) chitarre poste in primo piano dal mix le quali, oltre a fornire un muro sonoro di sicuro impatto, riescono ad incastrarsi fra loro con arpeggi delicati ed effettistica che lambisce spesso e volentieri lo shoegaze, soprattutto nei momenti più catartici. Non da meno il ruolo del basso, che si prende anche spazi da protagonista con un suono preciso e mai troppo debordante. Mantenere alta l’attenzione proponendo materiale strumentale non è impresa facile ed ecco che qui entra in soccorso la durata congeniale del formato Ep, che comunque va sommata alle buonissime doti compositive dei cinque ed in particolare del fondatore Eric Kusanagi. Innegabile ad ogni modo come i ventisette minuti totali del disco siano perfetti per delineare in maniera coinvolgente e puntuale il messaggio sonoro della band, che fa tutto bene a partire dall’intrigante copertina minimal sino ai titoli dei brani, semplici e al contempo capaci di evocare immagini nette.
La scaletta si sviluppa in maniera omogenea e costruisce un climax crescente che ha inizio con il breve attacco frontale di Irusu, l’episodio più diretto del lotto: basso e batteria mantengono salde le redini del gruppo mentre le chitarre a mo’ di tempesta di sabbia imperversano malinconiche verso una conclusione a cavallo tra ambient e noise, utile a preparare il campo per i restanti brani. The Approach è già uno dei momenti migliori del disco, grazie ad un’introduzione lenta ed atmosferica giocata tutta sugli incastri delle chitarre riverberate e sature di delay; il basso si insinua possente e costruisce l’impalcatura per il muro sonoro che caratterizza la seconda parte del pezzo, guidata da una nostalgica linea melodica di chitarra. Qui possiamo addirittura parlare di doom-gaze inteso alla maniera dei Cloakroom, ma è indubbio che i riferimenti stilistici rimangano ancorati al post rock più duro e meno concettuale. Everything is Fine (chissà se il titolo fa riferimento alla canzone quasi omonima contenuta in una delle scene più surreali di Eraserhead di David Lynch?) cresce con gli ascolti, seppur mantenga buona parte degli ingredienti del brano precedente. In questo caso emerge l’eleganza con cui gli Hiroe si approcciano alla scrittura, mettendo da parte i riff post metal e addirittura sfoderando delle chitarre acustiche sul finale trattate alla maniera di un clavicembalo. Decisamente incantevole. Sul finale invece i due brani più lunghi in scaletta: Black Mountain non presenta troppe novità rispetto alle composizioni precedenti, ma riprende a tratti soluzioni noise rock apprezzabili, inoltre alza il ritmo in più di un’occasione dando all’album una decisa sferzata; invece Doom Moon chiude il disco con toni spiccatamente metal, a tratti quasi epici, che ben si adattano al titolo del pezzo. Nella seconda parte del brano ci sono echi black metal – il tremolo picking rimanda necessariamente a quelle influenze – e in generale l’atmosfera è nera e maestosa, foriera di esaltanti melodie chitarristiche armonizzate sul finale con un gusto puramente NWOBHM. Gli ultimi istanti se li prende la batteria, che cede poi il posto ad alcuni battiti ambient che portano a conclusione l’opera.

Wrought è un piccolo gioiellino che, pur mantenendo manifeste tutte le proprie influenze ed ispirazioni, riesce nel proprio intento di dare vita a poco meno di mezzora di musica evocativa e coinvolgente, grazie al solo ausilio degli strumenti elettrici e praticamente zero elettronica. Tutto, anche i suoni più vicini a quelli di un synth, è ottenuto grazie alle chitarre e agli effetti applicate ad esse – in un’ottica anche qui molto simile a quella adottata dai Cloakroom – e quello che ne viene fuori è musica rock eclettica e capace di farsi apprezzare un ascolto dopo l’altro. Certo, ora siamo curiosi di vedere come proseguiranno gli Hiroe: se sceglieranno di continuare con la formula dell’Ep oppure se decideranno di ampliare i propri orizzonti componendo un Lp dalla durata più estesa. Quello che conforta è che il team di produzione sembra essere confermato anche per il prossimo lavoro in studio e questo è già un ottimo punto di partenza. Se amate le sonorità “post” a cavallo tra rock e metal, ma vi spaventano i brani di dieci minuti e i dischi che superano l’ora di durata allora Wrought è l’album che fa per voi. Consigliatissimo.



VOTO RECENSORE
77
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2022
Pelagic Records
Post Rock
Tracklist
1. Irusu
2. The Approach
3. Everything is Fine
4. Black Mountain
5. Doom Moon
Line Up
Eric Kusanagi (Chitarra)
T.J. Schilling (Chitarra)
Jef Dent (Chitarra)
Jill Paslier (Basso)
Mike Norris (Batteria)
 
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