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27/04/24
CRASHDÏET
VHS - RETRÒ CLUB, VIA IV NOVEMBRE 13 - SCANDICCI (FI)
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25/09/2022
( 1852 letture )
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Una Madonna dal volto oscurato, ingiusta e diabolica, carica di peccato. La chiesa personificata dall’artista ceca Eugeniya Bathoriya nella copertina di Osculum Pacis è diretta espressione della volontà degli Stratuz di denunziare gli abusi che questa istituzione ha messo in atto nel corso dei secoli, ammantando nel silenzio i suoi abomini. Ed è così che l’artwork in questa prospettiva assume un altro significato: mani artigliate che nascondono i misfatti del clero, rendendo ignoti i suoi responsabili. La death/doom band di Caracas, fondata nel 1985, arriva dopo un silenzio ventennale al suo quarto full lenght, seguito di quello Spirit Seduction uscito nel lontano 2000, affinando il proprio songwriting e dando identità ad un concept che affronta, oltre all’ingiustizia e all’abuso, il sorgere della consapevolezza in seguito alla caduta ovvero una emozione particolarmente forte, dalla morte, qui valorizzata come processo di trasformazione del proprio sé. Uno dei brani che più rende questo concetto è Morning Star, in cui la stella del mattino Lucifero esce dallo stato di servitù “aprendo gli occhi” sulla realtà delle cose e del suo padrone. Ascoltando i brani ci accorgiamo come la critica degli Stratuz sia in parte velata (come in Back to the Sun oppure Dawn), mentre in altri brani l’invettiva è palese ed aspra: in Padre Amorth(e) i venezuelani, sfruttando anche nel titolo l’uso del latino e il nome dell’emblematico esorcista Padre Amorth, maledicono generazioni di sacerdoti che hanno macchiato con atti di pedofilia il loro operato.
L’album dipinge un’atmosfera tetra, in cui i soprusi prendono forma nella mente dall’ascoltatore in un vortice di malessere. L’alternanza tra la “gotica” malinconia e il death metal orchestrale degli Stratuz ci rende partecipi degli abusi commessi, infondendo un alone di tristezza che si trasforma prima in un anatema e poi in rivalsa negli ultimi tre brani del disco Dawn, Left e Condemned. Le orchestrazioni tingono di nero il tutto, come una nera liturgia, utilizzando i cori proprio come in una celebrazione mentre il cantante Franklin Berroteràn urla la disperazione delle vittime trasmettendoci un forte senso di oppressione. La volontà di non accettare passivamente un credo per il raggiungimento della vita eterna nei testi assume dei connotati nichilisti, con la consapevolezza che quel rifiuto pur comportando la dannazione eterna, risulta comunque l’unico mezzo per sfuggire alla sottomissione dei messaggeri di quel dio. I riff di chitarra aggiungono epicità ai brani, ed un ottimo lavoro viene svolto anche dal basso che non si limita a seguire le note della chitarra, ma si lascia andare anche a passaggi molto gradevoli, anche se non proprio elaborati. Molto basilare -non per questo meno solida- la batteria di Diego Cabrujas, abile nel scegliere la ritmica giusta all’interno dei brani, alternando il doppio pedale a ritmi molto più lenti.
Il tema filosofico, unendosi alla condanna e ad una produzione ottima rende il disco degli Stratuz appetibile per gli appassionati del death metal, specialmente per coloro che apprezzano le componenti orchestrali richiamando progetti hanno fatto delle stesse un marchio di fabbrica, Septic Flesh su tutti. Sono ravvisabili, seppur in minor parte, le componenti doom e gothic che conferiscono all’album maggiore pesantezza, rendendolo angosciante e soffocante. L’opera difetta di quel quid compositivo capace di rendere i sudamericani una particolarità tra le moltitudini di band che già suonano questo genere, ma questo “problema” potrebbe essere già colmato dal lavoro che seguirà. D’altronde, Obsculum Pacis è un album che è stato composto durante i due anni di pandemia, a distanza di vent’anni dall’ultimo full lenght della band; l’album seguente sarà sicuramente più incisivo. La band comunque rimane valida e accanto a queste valutazioni che rientrano nel mero gusto personale, manca forse una promozione specifica che aiuti il progetto venezuelano ad uscire dalla nicchia e ad affiancarsi, data anche la sua longevità, accanto alle band più emblematiche del genere.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. Morning Star 3. Father Amorth(e) 4. Holy Grail 5. Caelibatus 6. In The Name Of God 7. Back To The Sun 8. Sodomized 9. Dawn 10. Left
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Line Up
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Franklin Berroterán (Voce, Tastiera) Geronimo Egea (Chitarra) Leonardo Rangel (Basso) Diego Cabrujas (Batteria)
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RECENSIONI |
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