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Revenant - Prophecies of a Dying World
25/05/2024
( 450 letture )
Lontani dalla fervente Florida ma non dall’altrettanto proficua scena newyorkese, i Revenant furono tra le poche realtà ed emergere in New Jersey tra la fine degli anni Ottanta e inizio dei Novanta, nel periodo d’oro del death statunitense. Una realtà che però ebbe vita effimera, la cui discografia è segnata da una manciata di demo, un paio di EP e un solo full-length, e che quindi poco eco ha avuto negli anni successivi allo scioglimento, avvenuto nel 1995. Tuttavia, il discreto successo che la band riscosse nei circoli di appassionati, grazie allo spazio ricevuto nelle fanzine dedicate, e all’intensa attività live che li vide affiancare i nomi più importanti del panorama death metal, dai Morbid Angel ai Cannibal Corpse, permette ai Revenant di mantenere nel cuore di molti ancora oggi uno status di culto.

Unico testamento compiuto del combo di Bergenland è Prophecies of a Dying World, uscito nel 1991 per la Nuclear Blast, che faceva sbocciare tutto quanto di buono si era già potuto intuire dalle demo che lo avevano preceduto. La band infatti, ben lontana dagli standard floridiani in stile Morrisound Studios, ma anche dalle derive più tecniche o brutali di molti act attivi a New York, proponeva un death poco “sviluppato”, che ancora affondava inconfondibilmente le sue radici nel thrash più primigenio, in primis in quello teutonico dei Kreator, ma anche nei Sepultura di Schizophrenia e Beneath the Remains, e in quello più tecnico dei Coroner.
Il paragone più immediato a livello stilistico non a caso è proprio quello con i conterranei Ripping Corpse, anche loro artefici di un connubio death/thrash e la cui fama è legata a un singolo disco, che sarebbe uscito pochi mesi dopo Prophecies of a Dying World; se possibile però la formula dei Revenant è ancora più ancorata al thrash metal, tanto nel riffing quanto nelle ritmiche, ricordando ancor più da vicino gli Incubus che appena un anno prima erano usciti con un caposaldo di questo genere ibrido di cui abbiamo parlato recentemente.

Il disco è caratterizzato da una produzione in linea con gli standard dell’epoca, potente e netta nella parte ritmica e con le chitarre ruvide e consistenti, certamente più tagliente e meno sulfurea di quanto si sarebbe ascoltato solo qualche mese più tardi su Dreaming with the Dead dei Ripping Corpse, nonostante entrambi fossero prodotti dallo stesso Bill Klatt. Questo non scalfisce però la fosca e densa atmosfera in cui è immersa l’opera, dominata da visioni ispirate all’immaginario lovecraftiano, paesaggi desolati come quello rappresentato nell’artwork, in cui albergano creature mostruose, sensazioni di terrore e scenari di morte.
I brani che compongono l’album sono mediamente lunghi e complessi, ricchi di riff diversi e di cambi di tempo continui, passano agilmente da sfuriate a velocità elevatissime a passaggi lenti e inquietanti, con il susseguirsi di parti diverse in luogo di un più classico approccio costruito attorno a strofe e ritornello; questo che è un fattore positivo per ovvie ragioni, allo stesso tempo, volendo trovare un difetto, nasconde solo parzialmente l’assenza di sezioni che emergano maggiormente rispetto ad altre, di riff che colpiscano particolarmente o che rimangano immediatamente impressi.
Cionostante, Prophecies of a Dying World, pur nella sua omogeneità, riesce a sfoderare un repertorio di tutto rispetto fatto di un death malevolo impregnato di thrash fino al midollo, che si esalta soprattutto nelle sezioni più veloci e violente, vedasi The Unearthly (A Quest), uno dei pezzi più azzeccati, che aggredisce fin dall’inizio con ritmiche inarrestabili e riff malvagi.
Il timbro di Veggian predilige toni decisamente meno gravi rispetto al growl abissale molto in voga soprattutto alle altitudini newyorkesi, optando piuttosto per uno stile molto più assimilabile al thrash più estremo, in particolare quello di stampo tedesco.
Le atmosfere e gli intrecci melodici sono ben studiati e ricercati, e lo dimostra fin da subito anche l’opener e title-track, che accanto ai riff più feroci non si fa mancare fraseggi più elaborati e tempi lenti che permettono di costruire atmosfere oscure e mortuarie, e mette al contempo in risalto l’efficacia e la versatilità del drumming di Will Corcoran, talentuoso batterista scomparso precocemente nel 2022. Gli assoli non sono molto frequenti, ma sono tutto sommato gradevoli e vari: ad esempio Spawn ne presenta uno più melodico e ragionato, mentre in Ancestral Shadow viene sfoderato un lead veloce, caotico e cervellotico, più tipicamente thrash metal.
Ottime canzoni si dimostrano anche Asphyxiated Time e Distant Eyes, riprese rispettivamente dagli omonimi demo ed EP, l’una aperta da un mid-tempo nervoso, l’altra da un incipit lento e minaccioso, entrambe poi evolvono con la consueta violenza e ritmiche allucinate.
Interessanti anche i due brani non inclusi nell’originale versione in vinile, ma presenti su quella in CD: In the Dark of the Psychic Unknown ancora una volta sottolinea la dimistichezza della band con i mid e low-tempos con alcuni dei riff più convincenti del disco, dai più lenti e serpeggianti a quelli più epici e marziali, mentre Degeneration, all’esatto opposto, tira fuori le velocità e i riff più assassini di cui la band è capace, con massicce dosi di doppia cassa e addirittura un blast beat, assente nel resto del disco che, fedele alla sua anima thrash, preferisce puntare sui più classici skank beat.

Prophecies of a Dying World fu dunque debutto e al contempo canto del cigno per i Revenant, che negli anni successivi, perso il contratto con la Nuclear Blast, daranno vita ancora a qualche uscita minore senza però riuscirsi a ripetersi con un secondo LP.
La band, gettatasi come altre realtà coeve nell’arduo compito di tenere viva la fiamma del thrash, un fenomeno che all’epoca si apprestava a vedere la sua inesorabile parabola, coniugandolo con il death della prima ora (Possessed, Death, Master su tutti), riuscì nel suo intento grazie ad un disco ispirato, ben realizzato e ricco di idee, che ricevette le meritate attenzioni all’epoca dell’uscita e che merita anche a distanza di anni di essere riscoperto.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
94.66 su 3 voti [ VOTA]
Polenta col Nesquik
Venerdì 31 Maggio 2024, 19.25.32
4
Disco immenso di una band di nicchia. E\' il tipo di metal estremo che mi piace: picchione, ma posato dove serve. Per ora non voto perchè voglio riascoltarmelo per bene, ma a giorni ripasso.
Aceshigh
Domenica 26 Maggio 2024, 10.18.49
3
Gran disco! Non fu una band proprio fortunata. Grazie ai primi demos (come Asphyxiated Time) si erano creati una bella fama a livello underground, poi però la line up (di cui faceva parte anche un certo John McEntee) si è sgretolata e il mastermind Henry Veggian dovette ricostruirla da zero, intanto il tempo passava, i colossi del death metal pubblicavano a raffica i capolavori del genere e quando questo disco fu pubblicato era veramente arduo competere. Eppure la title-track, The Unearthly o le più vecchie Asphyxiated Time e Valedictions sono pezzi stupendi. I primi Morbid Angel sicuramente si sentono qua e là, ma in generale le composizioni mostrano una propria oersonalità (in quegli anni c’era ancora spazio “stilistico” per non scopiazzare e basta). Voto 87
LAMBRUSCORE
Sabato 25 Maggio 2024, 16.03.28
2
Album che non ho mai cagato troppo, forse per colpa di alcuni pezzi un po\' troppo lunghi, considerando però che è del \'91, un ascolto è d\'obbligo. Influenze del primo Morbid Angel sono spesso presenti. Credo che col tempo lo rivaluterò.
duke
Sabato 25 Maggio 2024, 11.36.23
1
...bel disco dalle tematiche ecologistiche....ottimo ripescaggio....
INFORMAZIONI
1991
Nuclear Blast
Death / Thrash
Tracklist
1. Prophecy of a Dying World
2. Spawn
3. Ancestral Shadows
4. The Unearthly (A Quest)
5. In the Dark of the Psychic Unknown
6. Asphyxiated Time
7. Distant Eyes
8. Valedictions
9. Degeneration
Line Up
Henry Veggian (Voce, Chitarra)
Dave Jengo (Chitarra)
Tim Scott (Basso)
Will Corcoran (Batteria)
 
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