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27/04/24
CRASHDÏET
VHS - RETRÒ CLUB, VIA IV NOVEMBRE 13 - SCANDICCI (FI)
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Angelize - City Of Innocence
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( 2357 letture )
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Avvertenza per il lettore: prima di donare il vostro prezioso tempo alle mie elucubrazioni sappiate che sono molto confuso, per natura (malvagia).
Quanto incide nella realizzazione di un'opera dell'ingegno il fattore pubblico rispetto alla genuinità delle intenzioni del cosiddetto artista? Spesso, nella fattispecie della musica che amo (e che amiamo) ho dovuto fare i conti con questo terribile dualismo: accettare che un disco venga composto più per vendere che non per la reale necessità di un musicista di condividere con il mondo la propria arte è un boccone duro da mandare giù. Ma si sa, le leggi di mercato sono spietate; devo però dire che a tal proposito City of Innocence, primo full lenght album degli Angelize, mi ha in un certo senso stupito. Mi spiego: il gothic metal di questi ragazzi è figlio di ogni possibile ed immaginabile clichè del genere (ma proprio tutti eh!, persino la cover del pezzo pop), il che mi farebbe propendere per una scelta dichiaratamente mainstream da parte del gruppo; c'è però una certa qual ingenuità nel modo con cui queste “figure retoriche” sono proposte ed affrontate, come dei bambini innocenti che non hanno ancora aperto gli occhi sul mondo, che non mi permette in ogni caso di dubitare nella buona fede di questi ragazzi. Ad ogni modo l'ingenuità è arma a doppio taglio in quanto spesso si accompagna a grossolanità e pressapocaggine, qualità che inevitabilmente vanno ad inficiare la buona riuscita del prodotto. City of Innocence non fa eccezione.
Il gothic degli Angelize poggia solidamente le proprie fondamenta su di un impianto tastieristico a tratti davvero pregevole: sempre in primo piano (in un mix che le privilegia un po' troppo) sono proprio le tastiere a tirare le fila dei pezzi, ora sottoforma di pianoforte, ora di synth orchestrali, ora ancora di organi. Le chitarre, complice una produzione ancora acerba, faticano invece a dare il tiro giusto alle canzoni: in tal senso non riescono né ad infondere drammaticità (cosa che sarebbe stata molto gradita) né a dare il tipico impatto da musica metal, finendo per essere relegate a mere comprimarie delle tastiere. Altra nota dolente sono purtroppo le voci, ripartite come da copione tra male, female e growl: la voce di Gulio Lana, nonostante armonizzazioni e contrappunti ben curati, pare sovente fuori contesto, spaesata ed anonima (per non parlare della pronuncia tutt'altro che impeccabile). Non dico che non sia un buon cantante, piuttosto che non sia adatto a questo genere; se non altro avrebbe dovuto studiare un approccio ben più emozionale e “sentito” ai pezzi. Le sorti vengono in parte risollevate dal cantato growl, profondo e pieno (ad opera del tastierista Platto), ed al contributo occasionale della voce cristallina di Chiara Vezzani. Comunque gli Angelize dimostrano di saperci fare, in particolar modo in sede compositiva: pur non facendo gridare al miracolo il livello medio è buono, con alcuni spunti veramente interessanti ed adrenalinici (mi riferisco per esempio allo stacco al minuto 4 di In a darkland?). Tra accelerazioni repentine, originali assoli di sax, continui cambi di atmosfera e nonostante soluzioni abusate ma comunque sempre efficaci, mi sento di additare il songwriting come la parte più riuscita del disco. Attenzione però, quando parlo di songwriting mi riferisco ad ogni canzone presa singolarmente; è nell'insieme del disco che invece si denota ancora parecchia inesperienza e voglia di strafare da parte dei cremonesi, come se non avessero pienamente sotto controllo i propri mezzi (che non sono certo sotto la media, anzi). Il vero problema è l'eccessiva varietà di soluzioni con cui gli Angelize hanno voluto disseminare l'intero platter: I close my eyes (part 3), per esempio, si inerpica un po' troppo pretenziosamente in esperimenti horror-prog di gobliniana memoria mentre la successiva Land of Dreams (part 2) è un pezzo dalla stampo tipicamente power, così come The Prophecy; altri pezzi, come Bandja Elios e Dark Marriage si spingono addirittura in territori symphonic black (grazie allo screaming ad opera sempre del tastierista Giuseppe Platto, di sicuro il membro più di peso del gruppo). Tutto ciò stride in maniera evidente (e spiazzante) con un mood del disco che si sforza invano di essere decadente e malinconico. City of Innocence manca cioè di omogeneità, di una presa di posizione chiara e netta di quale sia la propria identità: detto in soldoni si fatica spesso a capire dove i quattro cremonesi vogliano andare a parare.
Da tutto ciò deriva la mia imbarazzante confusione nel cercare di tradurre in giudizio questa opera prima degli Angelize: ottime idee, grande passione ed enormi potenzialità da una parte, ingenuità e scarsa visione d'insieme dall'altra. Che fare dunque? Premiare la buona volontà o punire per averla (in parte) sprecata grossolanamente? Purtroppo le leggi di mercato sono quanto di più cinico esista e gli errori si pagano molto più salati di quanto non venga premiata la bontà. Io non faccio eccezione.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. In A Darkaland? 3. The Torn Angels' Choir 4. Bandja Eilos 5. I Close My Eyes (Pt.3) 6. Land Of Dreams (Pt.2) 7. Rotten Clouds 8. The Prophecy 9. Dark Marriage 10. City Of Innocence 11. Left Outside Alone
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Line Up
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Giulio Lana - Vocals Filippo Oneda - Guitars Stefano Bologni - Guitars Giuseppe Platto - Keys, Piano, Guttural, Screams Additional guest musicians: Alessandro Bissa - Drums Chiara Vezzani - Female Vocals Roberto Rossi - Sax Diego Tininini - Percussions
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