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27/04/24
CRASHDÏET
VHS - RETRÒ CLUB, VIA IV NOVEMBRE 13 - SCANDICCI (FI)
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The Konsortium - The Konsortium
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( 1810 letture )
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Dalla musicalmente fiorente Norvegia piomba sul continente una nuova, misteriosa proposta, ad opera della creatività di una giovane band, i The Konsortium. Nulla o quasi ci è lecito conoscere riguardo la biografia, i risvolti artistici, la provenienza, i volti di questi quattro paladini della nera fiamma, tranne che uno di essi è il ben conosciuto Teloch, sei corde in sede live dei celeberrimi Mayhem e degli oscuri Gorgoroth. Nonostante l’aurea plumbea che li circonda è possibile, con un po’ di impegno, scoprire i natali del combo, il quale debutta con un EP composto da quattro canzoni (poi riversatesi nel full-lenght d’esordio) e con una cover magistralmente eseguita in una compilation di tributo ai Ved Buenes Ende. Fatte, dunque, le presentazioni del caso, andiamo ora ad indagare su cosa effettivamente offre l’omonimo debutto. Premetto subito che chiunque vada ad approcciarsi con le sonorità dei The Konsortium deve tenere bene a mente la notevolissima produzione legata al Black Metal e al suo superamento, un magmatico movimento capace di raccogliere in sé svariate influenze: dall’elettronica degli Ulver, alla teatralità degli Arcturus, passando per il caotico, ma decisamente raffinato, sound dei Solefald. Detto questo, dai trentasei minuti del platter in questione, oltre ad una continua brutalità e violenza (praticamente assenti arpeggi e mid-tempo), si evincono un’ottima preparazione tecnica, grazie alla quale le chitarre riescono a tessere riff tanto pesanti ed oscuri quanto, al tempo stesso, abbastanza pregnanti e segnati da un’attitudine, in molti casi thrash o addirittura, sullo stampo dei nuovi Satyricon, black’n roll. La presenza dietro alle sei corde dell’esperto Teloch garantisce, inoltre, la necessaria esperienza e perizia nel songwriting, nonostante le tracce, ad un ascolto rapido e superficiale, sembrino non possedere differenze sostanziali. Sullo sfondo, una robusta sezione ritmica, impersonata da blast-beats azzeccati e mai semplicemente rumorosi e cacofonici, sostiene l’impalcatura delle diverse tracce. La produzione si attesta su livelli tutto sommato buoni, garantendo ad ogni strumento un posto di rilievo. Essendo, però, questo un album che desidera collocarsi tra le proposte estreme, avrebbe aiutato poter ascoltare suoni ovattati e ronzii di sottofondo tipici del genere, in modo da far rientrare i The Konsortium immediatamente in un preciso contenitore, invece di abbandonarli ad una ben più incerta classificazione, a metà fra l’avantgarde e il black più ferale. Menzione di merito tocca alle parti soliste, in primis l’assolo di Decomposer che, realizzato con maestria, al sottoscritto, in prevalenza nella sua coda, ha ricordato alcuni fraseggi orientaleggianti presenti su qualche disco dei primissimi Scorpions (allorché in formazione figurava il virtuoso Uli John Roth). Analizzando l’ultimo strumento, la voce, è opportuno sottolineare la pecca maggiore del prodotto: la sensazione di già sentito: a sprazzi mi è parso di aver messo sul lettore un disco dei Solefald, oppure che nella stanza si stessero diffondendo le note prodotte dall’ugola di Garm degli Ulver. Non che la base tecnica sia insufficiente, tutt’altro. Il cantante dei The Konsortium possiede una discreta capacità vocale, esaltata in primis dallo scream, davvero malato. In secondo piano, invece, la voce pulita, sottoposta ad effetti, risulta canonica ed inserita negli stilemi del genere. Nell’insieme il debutto dei nostri norvegesi è comunque solido, in quanto vi sono, senza ombra di dubbio, episodi davvero piacevoli. Hanno l’onore di introdurre il sound dei nostri l’orecchiabile Gasmask Prince e la gemella Like Ulven, entrambe intrise di quella consueta ferocia derivante dall’essenza dell’oscura fiamma: esse travolgono l’atmosfera grazie ai poderosi riff di derivazione trash ai quali non mancano di affiancarsi, per l’occasione, anche una serie di inserti maggiormente correlati all’heavy metal più classico. Seguono Under the Black Flag e Decomposer, due delle tracce di maggior rilievo, ad impersonare il ruolo della “ballata malsana”, il tutto sostenuto da chitarre dalle accordature pesantemente ribassate e da una batteria inferocita, che quasi si trascina dall’Inferno recessi di dimenticata violenza. Si avverte, inoltre, una sgradevole sensazione di putredine e marciume che ben si coniuga con il genere di cui i nostri si ergono paladini. Knokkeklang e Slages Barn, invece, entrano in scena a metà del plot, insinuandosi nella mente del fruitore come esempi di fusione fra elementi rock’n roll e accordi tipici delle foreste norvegesi, commistione ultimamente molto in voga. La prima, inoltre, si staglia, assieme all’epilogo Tesla, sul resto della proposta, in quanto non presenta uno svolgersi regolare e, anzi, dopo un’introduzione ferina, sfocia in un teatrale attimo di silenzio assoluto, preludio all’ultima, crudele cavalcata. Nel complesso la coppia dimostra un’attitudine non poco professionale da parte dei nostri che, in maniera alquanto lungimirante, non hanno mancato di inserire nell’album una ben studiata progressione catchy, atta, per sua natura, a snellire l’intero platter. Onward!Onward!, ottimo riempitivo tutto doppia cassa e accelerazioni, s’infrange simile ad una tempesta, regalando attimi di puro headbanging. Assemblata utilizzando ingredienti semplici, colpisce tanto per la traccia ritmica in tremolo picking intervallata da “power chords” grevi come macigni quanto per la voce mutuata da La Masquerade Infernale, lampante esempio di forza espressiva e doti recitative. Chiude Tesla, dalla sua fascinosa coda progressive, che lascia presagire una probabile svolta verso l’interessante mondo dell’avantgarde, terreno notevolmente fertile. Leggermente cacofonica, sfoggia un assolo particolare e una quantità di tratti industrial\noise che ad alcuni potrebbero rammentare le sperimentazione dei nostrani UfoMammuth. Proseguendo, il basso disegna passaggi elaborati, conducendo l’ascoltatore al culmine del brano, rappresentato dall’esplosione, sovrastante tutti gli strumenti, di un’ispirata clean vocal. Episodio di spessore, quindi, il quale dimostra una volta di più le possibilità del combo norvegese, senz’ombra di dubbio limitato, nel debutto in questione, dalla scomoda etichetta di “suonano spesso come i…”. Concludo dicendo che il talento e le capacità per plasmare un progetto originale ci sono, così come non manca la comprensione dei prometeici suggerimenti offerti dal passato: nulla, dunque, sembrerebbe dover far presagire una prematura scomparsa dei nostri. Un buon lavoro che potrebbe risultare la testa di ponte adatta a tutta quella schiera di ascoltatori che, non ancora “pronti” a calarsi nelle profondità generate dal black degli ultimi anni, anelano comunque ad una proposta differente dall’ormai consueto cliché del sin troppo trito e ritrito True Norwegian Black Metal.
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7
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Corretto. Grazie della segnalazione Three... |
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6
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bella recensione..... ma perchè hai scritto "trash".?? xD |
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5
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Decisamente un bel disco: band che mostra un potenziale enorme, spero lo sapranno sfruttare a dovere. |
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4
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Grazie a tutto per il benvenuto, spero di essere all'altezza |
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3
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Benvenuto Jacopo. Jimi TG |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Grasmak Prince 2. Lik Ulven 3. Under the Black Flag 4. Decomposer 5. Knokkelklang 6. Slangers Barn 7. Onwards! Onwards! 8. Tesla
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Line Up
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Member 001 Member 002 Member 003 Member 004 Member T (Teloch) – Lead guitar
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RECENSIONI |
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