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11/05/24
NWOIBM FEST VOL VI
DISSESTO CULT, VIA DEL BARCO 7 - TIVOLI (RM)
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Carmen Gray - Gates of Loneliness
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( 1871 letture )
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A quanto pare in Finlandia se non si riesce ad infilare anche una minima spruzzata di gothic in qualunque ricetta si proponga, si rischia di passare inosservati. Quanto meno, è quello che viene in mente ascoltando la nuova fatica targata Carmen Gray, gruppo non certo esordiente, visto che la formazione si stabilizza già attorno al 2000 ed è autrice di altri due album, The Portrait of Carmen Gray del 2006 e Lost in Grayland del 2008. La band è difatti palesemente debitrice di un sound che ci riporta armi e bagagli ai primi anni 70, quando David Bowie ed i T-Rex di Marc Bolan lanciarono l’epopea glam rock, imprimendo per sempre i loro nomi nella Storia. I Carmen Gray dimostrano di aver appreso pienamente quella lezione e se ne fanno oggi portatori alle masse finniche e mondiali (almeno, nelle intenzioni). Eppure, a vedere foto promozionali e copertina, parrebbe di trovarsi di fronte gli ennesimi emuli di H.I.M., The Rasmus e 69 Eyes. Che abbiano capito da che parte tira il vento? Si direbbe proprio di sì, visto che tutti i loro album sono finora entrati nelle posizioni alte delle classifiche nazionali, rendendoli delle vere star nel loro Paese. Il salto continentale dovrebbe arrivare proprio con il qui presente Gates of Loneliness, furbescamente intitolato a quello che è attualmente il loro singolo di maggior successo, uscito addirittura già nel 2010.
Insomma, gli strateghi del marketing musicale non si sono certo risparmiati con questa band, perseguendo fino in fondo ogni possibile specchietto per le allodole. Ma la musica quando arriva? Ecco, questa è proprio la domanda che insinua non un granello, ma un vero e proprio macigno nell’ingranaggio perfetto della macchina da soldi. Gates of Loneliness è, in tutto e per tutto, un prodotto confezionato ad arte per chi si avvicina per la prima volta alle sonorità rock, magari proprio grazie a gruppi come The Rasmus, non propriamente metal, ma anzi pesantemente influenzati dal pop. Niente di male in questo, intendiamoci. Gli stilemi del glam sarebbero anche rispettati, come anche quelle tematiche vagamente riconducibili al cosiddetto “love metal”. Peccato che il tutto suoni così dannatamente superficiale, vuoto e plastificato da rendere piatto e praticamente inutile ogni tentativo di trovare una qualsivoglia profondità espressiva o persino emotiva. Un aspetto questo che in disco del genere, per quanto rileccato e costruito a tavolino, non può e non deve mancare. Non esiste un disco glam che non coinvolga emotivamente, come non esiste un disco glam che non sia quanto meno provocatorio e trasgressivo, o che non esalti una vena poetica ed epica legata all’esclusione, alla marginalità, o quanto meno al sano divertimento shoccante. Niente di tutto questo è contenuto in Gates of Loneliness, al di là delle scintillanti apparenze: siamo nel più chiaro terreno del marketing musicale con un target adolescenziale e del tutto maledettamente innocuo e “perfettino”. Le canzoni sono ben costruite, ben arrangiate, ben suonate, con i ritornelli al loro posto ed è tutto talmente “adatto” che non si può davvero fare a meno di notare come non esista un’anima in tutto ciò, ma solo un vuoto e brillante involucro. Un po’ come andare a Las Vegas per vedere il Ponte di Rialto, per fare un parallelo provocatorio ma nemmeno troppo. In questo senso, fare un’appassionata disamina dei singoli brani è veramente un’inutile perdita di tempo: già l’apertura della titletrack Gates of Loneliness può togliere ogni entusiasmo; come si possa aprire un disco rock con una semiballad così spenta, banale e vuota, è un mistero insormontabile. Meglio la seguente Roses, un po’ più ritmata e che potrebbe rimandare ai Dogs D’Amour, non fosse che Tyla & soci, pur avendo loro stessi prodotto delle sonore ciofeche, riescono ad essere talmente più pericolosi di questi gattini finlandesi che il paragone è quasi offensivo. Da qui in avanti ogni ulteriore considerazione diventa pleonastica, visto che dal piattume generale si salvano ancora – e stentatamente - le sole It’s Only Love e la ballad Not Surprized, mentre l’apoteosi dell’insopportabilità arriva con il presunto anthem Real Punks (Plastic Smiles), canzone letteralmente odiosa.
Un’uscita non brutta, nemmeno orribile, ma solamente inutile questo Gates of Loneliness. Se proprio non potete vivere senza queste sonorità fatevi pure un viaggetto nel mondo dei Carmen Gray, ma non aspettatevi niente più che apparenza, faciloneria ed un songwriting spompato come pochi altri sentiti negli ultimi anni. Tra l’altro, gli amanti di Ville Valo e compagnia si guardino bene dal cedere alle sirene, perché anche gli apparenti riferimenti “gotici” risultano del tutto estranei alla materia qua contenuta. Piuttosto, forse i fans di band quali The Ark, Suede o The Darkness potrebbero trovare qualcosa per i loro denti, se di bocca molto ma molto buona. Per il resto, il consiglio è di rivolgersi altrove senza alcun rimpianto.
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Ho ascoltato qualche brano qua e la su Youtube. Di rock c'è ben poco, la voce del cantante non mi dispiace ed ad esser sincero, anche lui è un bellissimo ragazzo; ma haimè, i brani sono troppo sempliciotti e si ascoltano senza lasciare nulla. Ma butterei una lancia a favore dei The Rasmus, che a parer mio sono di una pasta decisamente migliore, "Hide From the Sun" è un ottimo album, a parer il miglior firmato da loro. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Gates of Loneliness 2. Roses 3. It’s Only Love 4. Love Story Town 5. Waiting for the Sun 6. Demolition Lady 7. Two Wannabes 8. Heroes and Losers 9. Real Punks (Plastic Smiles) 10. Not Surprized
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Line Up
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Nicklas (Voce) Lappe (Voce, Chitarra) J. J. (Tastiera) Pete (Basso) O. J. (Batteria)
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RECENSIONI |
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