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DEFENDERS OF THE FAITH - La recensione
04/12/2011 (4124 letture)
“...I Priest sono i ‘difensori della fede’...la fede è la musica heavy metal. E la difendiamo sotto ogni punto di vista...è una dichiarazione diretta a tutti”.
(Rob Halford, 1983)


E’ il 1969 quando Al Atkins (voce), Bruno Stapenhill (basso), Ernie Chataway (chitarra) e John Partridge (batteria) danno vita alla prima formazione ufficiale dei Judas Priest. Oggi questa band, con ben altri membri in line-up, è un pilastro consolidato dell’heavy metal, ha pubblicato qualcosa come sedici studio album, quattro live, sei compilation (ognuna della quali varrebbe l’acquisto) ed ha solcato i palchi di tutto il mondo conquistandosi un livello assoluto di fama mondiale. Se affermare di essere i “difensori della fede” nel 1983 a qualcuno sarà sembrato esagerato, col senno di poi possiamo dire con assoluta certezza che mai frase fu più realistica di quella esternata da Halford in quell’occasione. Con orgoglio e prepotenza i Judas Priest sono arrivati lì dove solo pochi “eletti” riescono ad arrivare, si sono guadagnati consensi con la forza della loro musica, hanno attraversato i momenti più bui della loro carriera riuscendo a lasciarseli alle spalle e ripartendo ogni volta da capo, traendo forza dai loro errori, ma soprattutto dalla fiducia mai sopita dei loro fan. I Judas Priest sono l’heavy metal, e l’heavy metal senza i Judas Priest non sarebbe più la stessa cosa.

Con questo libro, Neil Daniels s’incarica con personale meticolosità di ripercorrere insieme a noi l’intera carriera dei Priest, dagli albori di Rocka Rolla al conturbante Nostradamus, ultima fatica in ordine di tempo e, grazie anche all’inserimento di molti aneddoti (come i racconti specifici dei vari tour intrapresi negli anni), ci permette di restare incollati alla lettura fino all’ultima pagina. Ad esempio, sapevate di quella volta in cui la band, durante il primissimo tour in Scozia a cavallo tra il 1969 ed il 1970, dovette affrontare il rigido inverno scozzese a bordo di un furgone a cui si ruppero prima il riscaldamento, poi la frizione e il tutto mentre al volante c’era un roadie (tale John Ward, detto “Magnet”) col braccio rotto? Naturalmente toccò ad Al Atkins e Bruno Stapenhill riparare il tutto, montando inoltre un vecchio lenzuolo militare al posto del finestrino che nel frattempo si era incastrato. Morale: la band si ritrovò bloccata in mezzo ad una tempesta di neve e saltò la prima data del proprio tour (che Atkins avrebbe voluto chiamare “The Winter of My Discontent Tour”). I Priest vengono inquadrati così fin da subito come una band in grado di affrontare le mille difficoltà della vita on the road e soprattutto come una formazione sempre molto affiatata e desiderosa di compiere grandi passi nel più breve tempo possibile. Gli incontri con Robert Plant e la contemporanea nascita di uno dei più leggendari gruppi rock della storia, i Led Zeppelin; la scelta del monicker (derivante da una canzone di Bob Dylan, The Ballad of Frankie Lee And Judas Priest, contenuta nell’album John Wesley Harding del 1967); le influenze progressive rock dei primi anni...sono tutte informazioni che ci vengono fornite dall’autore con intelligenza critica e analiticità storica. Il libro si suddivide in cinque sezioni, contenenti a loro volta alcuni brevi capitoli ordinati cronologicamente e ciò permette di fruire della lettura anche come una sorta di “enciclopedia storica”, facilitando la localizzazione dei vari periodi e degli eventi a loro connessi. Sarebbe stato infatti erroneo parlare dei Judas Priest senza spendere alcune parole sugli anni precedenti alla formazione della band, gli anni vissuti nel Black Country, luogo che ha senz’altro influenzato non poco l’atteggiamento e la proposta musicale dei Priest. Queste le parole di Rob Halford nel 2006, in un’intervista alla rivista Classic Rock:

“...Walsall e West Bromwich erano delle zone piuttosto squallide...tutti condividevano il bisogno e la volontà di uscire da una situazione sgradevole.”

La differenza tra la collocazione geografica dei Judas Priest e quella dei “cugini” Black Sabbath, originari di Birmingham, viene sempre presa sottogamba da molti di coloro che citano la stessa città d’origine per entrambe le band, sbagliando. Mentre i Sabbath sono davvero originari di Birmingham -e più precisamente di Aston-, i Priest non arrivano proprio da quella specifica città, ma da una zona che - pur vicina - presenta sostanziali differenze: il cosiddetto Black Country. Lo stesso paesaggio che ha influenzato i Judas Priest, ha ispirato, come si può apprendere dalle pagine di questo libro, persino J.R.R. Tolkien nella scrittura del Signore degli Anelli. La fuliggine e l’inquinamento dell’aria causato dalle fabbriche hanno contribuito in tutto e per tutto a creare quegli sfondi ideali per storie tetre ed oscure. Tra i maggiori esponenti della New Wave Of British Heavy Metal, i Judas Priest hanno apportato nell’universo musicale alcune importanti rivoluzioni stilistiche, una su tutte quella del metallaro “tipo” vestito di pelle nera e borchie. Da quando adottarono questi nuovi “costumi di scena”, furono visti come dei nuovi pionieri, in grado di plasmare la scena heavy metal a loro piacimento.

Nel 1989 Dave Holland, nel gruppo oramai da una decade, lasciò i Priest ed al suo posto arrivò Scott Travis, il quale diede nuova linfa vitale alla band britannica. L’importanza di una presenza ben più imponente come quella di Travis la si può facilmente intuire da un disco come Painkiller, uscito l’anno dopo e subito divenuto una pietra miliare del genere. I retroscena della dipartita di Holland sono più d’uno: c’era chi affermava che con le sue mediocri abilità non fosse in grado di supportare adeguatamente una formazione di livello come i Judas Priest, lui stesso affermava di sentirsi infastidito dal fatto che non era ancora stato ufficializzato come membro della band e che gli veniva pagato solo uno stipendio fisso. Per dovere di cronaca va comunque riportato che il batterista sta attualmente scontando una pena in carcere di otto anni, cominciata nel 2004, per molestie sessuali su un minore (in uno dei capitoli finali del libro troverete riportata la lettera che lo stesso Holland scrisse all’autore Neil Daniels dal carcere nel 2006).

Dall’ingresso in formazione di K.K. Downing al primo album in studio, Rocka Rolla (1974), dall’addio di Al Atkins all’arrivo di Rob Halford, dalla successiva e breve era Owens al ritorno in pompa magna del “Metal God”, La Storia dei Judas Priest - Defenders of the Faith riavvolge il nastro di una delle più grandi metal band di sempre, senza farsi mancare proprio niente. Con un’appendice degna di una vera e propria enciclopedia storica definitiva, con tanto di cronologia della band inglese e dei relativi tour, la lista selezionata di tutti i gruppi di supporto, l’elenco delle varie formazioni dal 1969 ad oggi, addirittura la lista selezionata degli assoli di tutte le canzoni presenti nelle canzoni dei Priest, con relativa distinzione tra quello eseguito da Glenn Tipton e quello eseguito da K.K. Downing, e via dicendo, Neil Daniels ci fornisce un ottimo compendio della band inglese, che varrebbe la pena acquistare anche solo per farne sfoggio con gli amici.

I pareri dell’autore non vi bastano e volete di più? Nessun problema, nel Post Scriptum, intitolato Heroes End, troverete i pareri di alcuni protagonisti che negli anni si sono trovati ad essere, per un motivo o per l’altro, molto vicini ai Judas Priest. Eccone qualche esempio...

Scott Ian (Anthrax): “I Judas Priest sono un grande gruppo metal. Suonano benissimo e fanno pezzi bellissimi. Hanno creato il modello per quasi tutto quello che è venuto dopo di loro. Tutta la musica che hanno creato non ha risentito del passare del tempo...sono semplicemente delle canzoni fantastiche. La roba che facevano negli anni Settanta e i primi Ottanta...ha sempre il sound dei Judas Priest. Nessun altro ha quel sound...pochi gruppi metal sono alla loro altezza. Voglio dire, 20 anni dopo, anche 30 anni dopo, proprio nessuno ha il loro sound. Sono il gruppo metal originale!”

Conrad “Cronos” Lant (Venom): “Secondo me i Judas Priest hanno avuto una grossa influenza sulla scena metal. Non esistono gruppi metal al giorno d’oggi che possano affermare di non avere almeno un po’ di Judas Priest da qualche parte nel loro sound. Qualunque giovane metallaro lì fuori che voglia sapere da dove è partito tutto, dovrebbe andare ad ascoltarsi la prima mezza dozzina di dischi dei Judas Priest e farsi una vera cultura metal”.

::: RIFERIMENTI :::
Titolo: La Storia dei Judas Priest - Defenders of the Faith
Anno di pubblicazione: 2011
Autore: Neil Daniels
Editore: Tsunami Edizioni
Prezzo di vendita: 20,00 €



The Sentinel
Mercoledì 21 Dicembre 2011, 1.10.47
29
Ecco cosa pensa un batterista, e non uno qualsiasi ma uno dei migliori in circolazione (e non solo in Italia), ovvero Rolando Cappanera, attuale batterista della Strana Officina e figlio di Roberto, storico batterista del gruppo scomparso, come spero sappiate tutti, in un incidente stradale nel luglio del '93 insieme al fratello e chitarrista della band Fabio, su, tra gli altri, Dave Holland, e io concordo in pieno anche sul discorso generale che, soprattutto in certi campi più o meno classici, è immensamente meglio avere fantasia, groove, capacità d'arrangiamento e di mettersi al servizio del pezzo (che non vuol dire stare "sotto" o dietro gli altri strumenti, come fosse un ruolo minore e di puro "tempo" il batterista, anzi, tutt'altro vuol dire) per migliorarlo ecc., piuttosto che sfoggiare solo tecnica pura o velocità estrema e cose del genere: non mi fa spedire se metto il link, cercate cmq sul facebook della Strana Officina, ci sono i link al sito RadioCage dove lui scrive quegli articoli periodici sui batteristi...
The Sentinel
Domenica 18 Dicembre 2011, 19.33.03
28
No no, la fama raggiunta o meno in varia misura non conta nulla, un gruppo fa parte del movimento se soddisfa le 2 condizioni, temporali di uscita e ovviamente inglese (e di stile più o meno heavy metal chiaramente), stop. Poi può essere anche tra quelle decine e decine se non centinaia che riuscirono a fare solo un demo o un singolo o ep e che oggi sono ricordati o conosciuti giusto dagli appassionati totali di quel periodo e scena, ma è lo stesso, ne fanno parte, mentre altri se non soddisfano quei requisiti perché usciti prima e/o non inglesi e/o non facenti heavy metal al tempo, possono essere anche il gruppo più famoso del mondo ma non devono esserci considerati per nulla. Il fatto è proprio che spesso molti che sono tecnicamente eccellenti riescono si a fare anche cose lineari e più semplici, ma se non hanno un buon o ottimo groove nel modo di suonare, quelle parti semplici che quindi non risultano magari tanto interessanti o esaltanti di per sé, saranno rese in modo piatto e freddo per molti ascoltatori abituati al più limitato Holland ma che aveva più groove su quei pezzi. Dei Maiden cmq se uno vuole evitare quella ufficiale per qualsiasi motivo, ce ne sono a bizzeffe e continuano a uscire, anche da autori italiani ogni tanto, di quelle non ufficiali, scritte appunto sempre da terzi in indipendenza e con più o meno competenza della band, quindi puoi sempre cercare quelle...
Painkiller
Mercoledì 14 Dicembre 2011, 13.08.05
27
Davvero un bel libro, ricco e piuttosto completo. Secondo me i Judas non possono essere inseriti nella NWOBHM per ragioni temporali e "commerciali". Per NWOBHM si intende anche quell'insieme di gruppi che riuscirono ad emergere accaparrandosi contratti con major e/o riuscendo ad avere un'esposizione tale o superiore al fenomeno punk in quegli anni, cosa che i Priest avevano già ottenuto. Circa il batterista fantasma è una storia che ho già sentito su ulrich già ai tempi di justice, ed è anche possibile, per motivi diversi. Travis è molto più tecnico della maggior parte dei batteristi in circolazione (basta ascoltare i racer-x) ma ovviamente sa suonare anche semplice e lineare come è necessario in molte canzoni dei Judas. Io su questo libro ho notato qualcosa di particolare, forse anche perchè l'ho letto in contemporanea con la biografia "ufficiale" degli IRON: Daniels non ha ottenuto di intervistare la band ed il management, nè tantomeno ha ottenuto informazioni da loro e mi pare che in molti passaggi si diverta quasi ad andarci pesante con giudizi negativi contro questo o quell'altro membro della band. Non essendo una biografia ufficiale quindi, ne ha i pregi (perchè non è filtrata dai diretti interessati) ma anche i difetti citati. Al contrario quella dei Maiden fa davvero pena da quanto è reverenziale nei confronti di Harris e non dica mai nulla di nuovo o dia giudizi particolarmente duri su certe scelte di Harris e Smallwood. Tra le due, meglio questa.
The Sentinel
Martedì 6 Dicembre 2011, 22.29.25
26
Suppongo che quelli della Tsunami, uscendo appunto ora in versione italiana (la prima edizione è del 2007 in lingua originale), abbiano tradotto la seconda pubblicazione avvenuta nel 2010 e aggiornata quindi, sia per quanto riguarda l'attività live che la discografia, al 2009-2010, quindi includendo pure il doppio concept "Nostradamus". Apprendo infatti dal link seguente dell'esistenza delle 2 versioni, la prima e quella aggiornata, dove dalle rispettive schede con le caratteristiche tecniche dei 2 volumi pare che la prima fosse rilegata e con copertina rigida, mentre la seconda aggiornata (che costa anche molto meno infatti) è in semplice brossura e copertina morbida: http://www.play.com/Search.html?searchtype=bookall&searchsource=0&searchstring=Judas+Priest
The Sentinel
Martedì 6 Dicembre 2011, 13.48.49
25
Si ma non solo l'hard rock, anche qualsiasi altra forma di rock che si era affermata e aveva prodotto il suo massimo sia come qualità che quantità tra fine anni '60 e la prima metà dei '70, e soprattutto loro odiavano (perché evidentemente non capivano o vedevano la musica rock in modo diametralmente opposto) le forme più o meno prog o sontuose, sinfoniche, di rock, e inoltre a quel tempo, seconda metà dei '70, consideravano certe scene -in questo caso non del tutto a torto, oggettivamente ripeto che è vero che il livello di ispirazione, originalità e tutto era calato, ma è normale, tutta roba che è durata cmq anche solo prendendo il periodo ad altissimo livello, molto più del punk- ormai morte, che avevano detto tutto quello che dovevano dire e ci fosse bisogno di rinnovare se non spazzare proprio via tutto per altra roba. Una cosa che mi ricordo sempre perché penso giusta e che dica tutto in una frase, è un passaggio di un articolo che lessi anni fa, o forse una semplice intruduzione all'ennesima intervista a Harris o cmq a uno dei Maiden, di non ricordo quale giornalista e su quale rivista italiana, ma che faceva più o meno così: "...anche Harris pensava che la musica fosse bella e trascinante quando suonata in maniera più o meno aggressiva, veloce, d'impatto ecc., ma a differenza del 99,9% delle band punk lui pensava anche che per suonare, qualsiasi cosa, gli strumenti in mano si dovessero saper tenere bene e non solo strimpellare i soliti 2 accordi alla meno peggio, per costruire canzoni che oltre che aggressive, d'impatto e trascinanti fossero anche varie, fatte bene, che non stancassero mai anche dopo un casino di ascolti ecc.", che fossero musica con la M maiuscola insomma, destinata a rimanere nel tempo come avevano fatto appunto tutti i big della generazione hard e proto-metal precedente, e non solo un modo per fare "lotta sociale" e simili o per creare un po' di casino su cui far scatenare gli appassionati...Per il punk invece in genere era più importante quello che uno voleva comunicare, esprimere, a livello testuale soprattutto, e molto meno se non niente il "come" lo si esprimeva e si costruivano le "canzoni" o pseudo-tali, le capacità tecniche più o meno spiccate dei musicisti, il loro talento ecc.
fabio II
Martedì 6 Dicembre 2011, 11.52.43
24
Ben venga un libro sui mitici Judas, di questa collana ho quello sui Sabs: brutto, veramente brutto, con poche pagine che riguardano il periodo storico con Ozzy e troppe sugli anni '80
AlanRocks
Martedì 6 Dicembre 2011, 10.23.09
23
Non vedo l'ora di metterci su mano, sembra davvero interessante per accrescere la conoscenza su questa grande band.. Interessante leggere anche i vari commenti!
jek
Lunedì 5 Dicembre 2011, 22.50.12
22
Per anestesia punk intendo il tentativo del punk di cancellare quello che per loro era l'hard rock, cioè musica obsoleta. Effettivamente per metal agli albori mi riferivo ai Sabbath & C come da te specificato quindi un metal non proprio come lo conoscremo in seguito.
The Sentinel
Lunedì 5 Dicembre 2011, 22.11.32
21
Ah, che i Judas, ripetiamolo, siano i padri dell'heavy metal non è una tua semplice opinione, è un dato di fatto ;-D E riguardo i Motorhead in particolare non credo avessero problemi col punk, anzi, Lemmy da sempre si sente più vicino a quello stile e movimento, che all'hard&heavy o tantomeno al metal o heavy metal vero e proprio, l'ha ribadito molte volte anche nelle interviste. E inoltre anche solo musicalmente si è sempre sentita in loro l'influenza punk, anche se forse in parte è pure il contrario visto appunto che loro sono contemporanei se non un po' precedenti all'ondata punk vera e propria.
The Sentinel
Lunedì 5 Dicembre 2011, 22.07.22
20
Si jerk, ma così è di nuovo diverso dal dire che ne fanno parte, ripeto. Non capisco però cosa intendi quando dici che il movimento metal ha avuto una pausa forzata tra il '75 e il '77 dovuta al punk (che tra l'altro è esploso al massimo, che io sappia, proprio nel '77 e fino a fine decennio, non prima, e infatti si è mischiato e ha rivaleggiato, spesso non solo per modo di dire e musicalmente, con la NWOBHM e i primi metallari), visto che in realtà Judas a parte, che cmq in diretta non erano magari definiti tali nemmeno loro perché le etichette nascono sempre dopo quando puoi vedere in prospettiva le cose, a mente fredda e bocce ferme e capire le differenze tra stili delle band nelle varie epoche ecc., non esisteva ancora l'heavy metal prima del '75-'76. Certo, a meno che tu non chiami metal anche le band in realtà hard rock uscite tra fine '60 e inizio '70 che hanno messo le basi del suono duro in generale (Purple, Sabbath ecc.), allora ok, in effetti quelle band e movimento il più l'avevano detto coi primi dischi ed entro metà anni '70 per poi calare nettamente nella seconda metà del decennio o addirittura sciogliendosi come i Purple. E lo stesso il prog rock era ormai in calando sia come successo che creatività e quindi il punk da una parte e l'heavy metal vero e proprio dall'altra andarono ad occupare quel vuoto interessando una marea di nuovi appassionati giovani di musica rock e dintorni, e anche parte di quelli vecchi più aperti che accettarono senza problemi anche l'indurimento ulteriore di suoni, l'estremizzazione dello stile, la velocità media più alta ecc. di quelle band.
jek
Lunedì 5 Dicembre 2011, 20.58.55
19
Volevo intervenire sulla diatriba Judas - NWOBHM. Io penso che i Judas siano i padri del metal, il cui movimento ha avuto una anestesia forzata nel periodo 75' 77' circa dovuto al ciclone punk. I judas assieme ai motorhead (anche se quest'ultimi giustamente non proprio metal) hanno avuto l'encomiabile pregio di resistere alla sfuriata punk permettendo, passata la sbornia, di dare le basi metal alle giovani band (Angel Witch, Samson, Iron Maiden, Saxon ec...) per creare il movimento NWOBHM. Per cui secondo me i Judas non fanno prettamente parte del movimento NWOBHM ma sono i padri spirituali. Quando babbo natale mi porterà il libro lo leggerò magari per rivedere le mie convinzioni
jena
Lunedì 5 Dicembre 2011, 9.18.33
18
Sempre più maledettamente interessante..... http://www.link.
Flight 666
Lunedì 5 Dicembre 2011, 0.01.19
17
Guarda, alla fine penso che una verità limpida e definita sarà difficile averla, piuttosto si può provare a fare un "controllo incrociato" prendendo informazioni da più fonti possibili e vedendo quali possono ritenersi più corrette di altre. Ma poi s arriva ad un punto in cui solo chiedendo ai diretti interessati si potrà avere una risposta... Concludo dicendo che questo libro mi ha aperto gli occhi su molti aspetti della carriera dei Priest e ne consiglio ancora vivamente la lettura a tutti i curiosi! In fin dei conti la storia parla a loro favore!
The Sentinel
Domenica 4 Dicembre 2011, 22.25.40
16
Ricordiamoci che pure su "...And Justice For All" per anni si è vociferato che le parti di batteria le avesse incise Peart dei Rush, perché parevano a molti "troppo difficili" per uno come Urlich, che in effetti non è mai stato un fulmine della batteria, anzi (Holland almeno come tenuta dei tempi anche dal vivo mi pareva abbastanza metronomico, l'altro a volte sbaglia clamorosamente ancora oggi, dopo decenni che la suona...per dire), eppure poi pare proprio che fosse solo una voce appunto, perché è vero che sono parti mediamente più varie e "tecniche" di quanto fatto prima, meno "dritte", ma a parte che non mi paiono cmq cose assurde (non sono un batterista ma insomma, credo si sentano certe cose), e poi nei tour di quel disco provò di saperle risuonare più che degnamente, quindi delle 2 l'una: o aveva avuto un miglioramento improvviso studiando ed esercitandosi meglio che in precedenza e in modo da arrivare al tour sapendo suonare quelle parti che al momento dell'incisione non sapeva ancora fare bene e per questo furono suonate da altri, oppure le aveva suonate tranquillamente lui anche in studio...io propendo per la seconda alla fine.
The Sentinel
Domenica 4 Dicembre 2011, 22.18.53
15
Beh se la metti così è ovvio che ci si sono inseriti, e magari ne hanno beneficiato di quell'esplosione e successo sempre maggiore di quel nuovo stile evoluzione (o, per alcuni al tempo già veterani, magari "involuzione") dell'hard rock precedente, anzi sicuramente ne hanno beneficiato, ma è altrettanto sicuro che quelle band dovevano tutte o quasi tutte molto di più a loro, quindi diciamo che anche da quel punto di vista "avanzano" sempre loro, ma ripeto che il discorso è solo formale in quel caso, non c'entra nulla e non è ovviamente in discussione alcun pregio dei JP, non è che quel movimento/etichetta è una specie di medaglia di valore che se ce l'hai sei più bravo, non c'entra nulla. E' un discorso semplicemente temporale e analogo a quello che si può fare riguardo l'esplosione e il ritorno di certi generi (principalmente sul power-speed e dintorni) dalla seconda metà dei '90 e per i successivi 4-5 anni: chiaro che ne hanno beneficiato anche i dischi usciti in quel periodo di band come Gamma Ray, Blind Guardian, Grave Digger, Running Wild ecc., ma questi non erano certo band nuove "partorite" proprio da quella scena e periodo, avevano sempre fatto la loro musica indipendentemente e ovviamente senza sapere se un giorno sarebbe tornata ad avere un successo molto maggiore di quello che aveva negli anni precedenti o meno.
The Sentinel
Domenica 4 Dicembre 2011, 22.11.06
14
Esatto, quello pensavo...la gente mica è tutta scema o non così attenta ad osservare bene tutto dal vivo, soprattutto chi è nelle prime file, e magari molti erano anche batteristi...mi domando come possano aver rischiato di far sgamare la cosa facendo una parte di merda epocale, un gruppo già all'apice e oltre, con una carriera e nome che poteva venir sputtanato per sempre, bastava che alcuni iniziassero a notare delle strane incongruenze tra i movimenti in quei passaggi di Holland e il suono che usciva dalle casse...mah...resto molto dubbioso perché non avevo mai sentito davvero questa cosa da altre fonti.
Flight 666
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.52.55
13
Sui Motorhead band hard rock sono d'accordissimo. Per i Judas, a questo punto, possiamo trovare un punto d'incontro dicendo che si sono aggiunti al filone british dell'heavy metal presente tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. Non sono stati tra i suoi fondatori, ma ne hanno comunque fatto parte in seguito, dal mio punto di vista...
Flight 666
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.46.47
12
Nelle pagine 115 e 116 del libro c'è il racconto di ciò a cui ha assistito Derek Oliver, giornalista di Kerrang, il quale, ad un concerto a Los Angeles alla Sports Arena nel 1986, afferma di aver visto Valen suonare "nascosto all'interno del colossale santuario della scenografia mobile dei Priest". In pratica Dave Holland suonava tranquillo, ma nei momenti più impegnativi aveva il supporto di Jonathan Valen, batterista dei Legs Diamonds. In quanto batterista ammetto che non dev'essere stato facilissimo mettere a punto questa cosa, però così è scritto e così riporto...
The Sentinel
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.45.40
11
Si Flight, ma di solito sono appunto divergenti solo riguardo il fatto dell'anno finale da prendere in considerazione, non quello iniziale visto che in quel caso è oggettivo che l'ondata maggiore che ha fatto nascere e iniziare a parlare di heavy metal proprio come genere e non come pochissime band isolate al limite, è stato l'80, con alcune avvisaglie nel '79 al massimo (debuttano i Saxon per esempio, la prima edizione autoprodotta dei Diamond Head mi pare, poi ristampata l'anno dopo da un'etichetta indipedente e forse qualche altro, e sicuramente molti singoli), stop. E di sicuro chiunque ne capisca un minimo sa, magari sentendo anche cosa dice lo stesso Lemmy, che i Motorhead oltre ad aver debuttato prima del '79 non fanno heavy metal, ma hard rock, il loro personalissimo ed estremo e speed hard rock chiaro, ma sempre hard rock. Proprio perché sono precedenti, ripeto, non possono essere inclusi formalmente eheheh...mica significa che valgono meno, anzi, chiunque spero sappia che sono più fondamentali di tutti gli altri e hanno fatto tutto prima di tutti in campo heavy metal vero e proprio (Scott Ian ha sintetizzato alla perfezione tutto riguardo il gruppo), come Iommi e Blackmore prima ancora di loro e riguardo in quel caso l'hard rock e proto-metal, ma qui si parla di un semplice discorso formale di etichetta e quindi è semplice capire chi ci va o meno. E' molto più semplice dire appunto che sono venuti prima di tutto e di qualsiasi movimento, che erano avanti almeno 4-5 anni insomma, e che facevano già dischi heavy metal (tolte giusto una canzone o due a disco, che rimanevano più legate ad approccio e riff hard rock, ma quello è una cosa che loro hanno mantenuto anche quasi tutti i dischi degli '80 a dire il vero, e non inficia di nulla il fatto che fossero heavy metal al 100% in generale, musicalmente e non) quando non c'era ancora né un vero e proprio movimento né praticamente altre band che avessero quello stile (tanto che quei loro 4 dischi rimangono secondo me molto più heavy metal definitivo di tante band della NWOBHM di quelle di stile e approccio ancora in realtà molto legato a stilemi hard rock del decennio precedente, perché ce n'erano anche di queste nella NWOBHM, non erano tutti come Iron Maiden, Angel Witch e simili, insomma).
The Sentinel
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.35.07
10
In che senso avrebbero fatto un salto epocale con Travis? E' più tecnico di sicuro di un Holland, ma che c'entra in generale con il livello della band? Holland era perfetto con tutti i suoi limiti per i dischi su cui ha suonato e per quello stile più immediato, diretto e lineare adottato dal gruppo a partire da "Killing Machine" e "British Steel", visto che aveva un ottimo tiro, groove, era molto "caldo" nel suo modo di suonare. Il miglior compromesso cmq tra tecnica/fantasia e groove a ben vedere erano quelli, o almeno un paio, che hanno avuto nei dischi dei '70. E riguardo ancora Travis, anche su "Painkiller" per esempio, è vero che magari conta il fatto che era da poco entrato, ma tranne vari passaggi sulla title-track non mi pare che ci siano parti così maggiormente tecniche o varie o chissà che, rispetto a quello che faceva di solito Holland. I successivi sono poco confrontabili con la roba precedente e anche con lo stesso "Painkiller", perché avevano cambiato ancor più approccio, stile, suoni ecc. Io sono scettico cmq sulla storia di questo "batterista ombra", ma è provata con certezza o solo una voce? Non vorrei che il tipo avesse messo dentro anche cose molto dubbie giusto per solleticare i potenziali lettori, anche già molto esperti del gruppo, e convincerli a prendere il libro...
Flight 666
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.29.27
9
@The Sentinel: hai ragione, però ci sono in giro parecchi pareri divergenti sulle band incluse/da includere nel filone NWOBHM. Alcuni ritengono che i Judas Priest non possano essere inclusi per vari motivi: il primo è quello temporale, essendo loro precedenti alla nascita del termine stesso; il secondo è il genere, avendo loro iniziato con un blues rock via via sempre più tendente all'heavy metal. Volendo li si potrebbe inserire nel filone in quanto maggiori esponenti dell'heavy più classico, a qualcuno può sembrare un azzardo, ad altri può sembrare corretto. Alla fine è questione di punti di vista, ma non credo sia un peccato mortale se li si inserisce nel suddetto filone, precisando sempre bene la questione.
The Sentinel
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.18.01
8
I JP non fanno parte della NWOBHM (spero sia solo un passaggio inserito dall'autore della rece, e non anche nel libro stesso da parte di questo ragazzo che parrebbe per il resto informatissimo ed esperto della band), ovviamente. Come noto, quella sigla indica un movimento ben preciso (non genere/stile, che spesso era diversissimo tra le band), e non basta che le band fossero heavy metal e ovviamente inglesi -due cose sicuramente vere per i JP, che tolto il debutto rock/hard rock, hanno definito l'heavy metal fatto e finito con 4 dischi già entro fine '78, unici in pratica al tempo a farlo-, devono anche aver debuttato proprio quando scoppiò quell'"ondata" di nuove band di rock duro e in particolare heavy metal in UK, cioè per convenzione di solito si prende dal '79 all'82, anche se c'è chi tende a includerci anche chi debuttò ufficialmente nell'83 e alcuni addirittura '84, esagerando però secondo me. Ma in ogni caso di sicuro non possono essere definiti facenti parte del movimento band attive e già con dischi alle spalle ben prima del '79-'80 appunto, tipo Judas, ma anche i Motorhead per dire, che chi li inserisce fa in quel caso un doppio errore, visto che non suonavano heavy metal ma hard rock, o rock'n'roll estremo meglio ancora.
Flight 666
Domenica 4 Dicembre 2011, 21.01.37
7
@jena: la presenza di Valen come batterista dietro le quinte ha colpito molto anche me in effetti, non pensavo che i Judas ricorressero a certi trucchetti! Con l'ingresso in line-up di Scott Travis la svolta è stata epocale...
Metal4ever90
Domenica 4 Dicembre 2011, 15.36.28
6
Quoto Jek...
jek
Domenica 4 Dicembre 2011, 14.55.30
5
Penso proprio di regalarmelo per natale
Radamanthis
Domenica 4 Dicembre 2011, 14.49.59
4
Non posso non quotare Jimi. Altro che Biancaneve, la bella addormentata, Cenerentola ecc...le vere fiabe sono quelle scritte da Iron Maiden, Black Sabbath, Motley Crue, Judas Priest e co.
jena
Domenica 4 Dicembre 2011, 14.26.30
3
Lo sto rileggendo in questi giorni per la terza volta. In effetti ci ho trovato molti aneddoti interessanti, nonostante io segua i Priest da 21 anni. Quello che mi ha piu' interessato è la presenza di un batterista "ombra" ( Jonatan Valen ) durate il tour di Turbo.........e di come è stato defenestrato. Alcune incongruenze sono altresì interessanti. Ad esempio il fatto che KK dichiaro' nel 1991 che con Travis alla batteria potevano fare in concerto Ridin On The Wind, mentre come è noto la suddetta canzone venne regolarmente suonata nel tour SFV.. boh. Magari dietro le quinte c'era Valen già nel 1982....
Jimi The Ghost
Domenica 4 Dicembre 2011, 13.21.48
2
Un vocabolario....una storia che vale la pena leggere ai propri figli sostituendo le fiabe come cappuccetto rosso e biancaneve . Glenn Tipton ha scolpito una pagina nella storia della musica e del chitarrismo. Bella lettura domenicale di Arturo. Jimi TG
conte mascetti
Domenica 4 Dicembre 2011, 12.02.24
1
bello, l'ho letto questa estate. Ci sono molti aneddoti interessanti.
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ARTICOLI
04/12/2011
Articolo
DEFENDERS OF THE FAITH
La recensione
 
 
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