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SEI NOTE DI PENTAGRAMMA - La recensione
02/06/2013 (3179 letture)
Confesso che, posta dinnanzi a me la nuova fatica editoriale del collega Franco Leonetti (conosciuto solo attraverso le letture di alcune sue recensioni nell’ambito dell’hard rock), ho provato parecchio sconforto. Chi scrive, infatti, mai prima aveva concepito l’idea di confrontarsi con la recensione di un testo piuttosto che di un’opera musicale, di conseguenza una certa paura di errare la forma od i contenuti si è puntualmente presentata.
Un paio di mesi dopo, a lettura ultimata (unica, ahimè, lettura di piacere schiacciata come un vaso di cristallo tra enormi, e sovente inutili, volumi universitari, contraddistinti dalla classica supponenza degli accademici, che consente loro di violare apertamente le regole del corretto italiano), la sensazione è di quelle autentiche, della tipologia che obbliga un quanto più rapido possibile ritorno alle pagine. Diciotto racconti attendevano altra considerazione, potenziata dalla capacità di ognuno di essi di riflettere l’insieme degli aspetti, negativi e positivi, della contemporaneità, senza, tuttavia, sembrar vergati con l’esatta intenzione di fornire direttive pedagogiche o di comunicare una forzosa moralità a buon mercato.
Dal giovane ed incosciente Epaminonda, portatore di un nome nobile (suo padre lo sottolinea con frequenza regolare), il quale scivola nella trappola che, non raramente, vengono tese dall’autostima in cerca di conferme (ottenute ad un prezzo altissimo, nel caso, il carcere minorile), all’appassionate vicenda di una coppia di suonatori di strada (bellissimo sarebbe poter leggerne il seguito, in un romanzo strutturato); dall'ex-promessa del tennis Denis intrappolato in una vita resa insopportabile dalla moglie, a cui resta attaccato solo per amore della figlioletta di 3 anni, alla mamma single che ripensa alle estati della giovinezza riguardando per l’ennesima volta Sapore di Mare (dal quale il racconto raccoglie diversi spunti, trasformando il finale parzialmente negativo della pellicola in un epilogo felice), il mosaico è ricco di sfaccettature, atte ad accontentare il gusto di ogni accanito osservatore della realtà, ruolo che Leonetti interpreta con magistrale sicurezza.
Inoltre, l’esperienza maturata sia nella cronaca sportiva (il nostro segue la Juventus), sia nella critica musicale, aiuta lo scrittore ad evitare pesanti periodi, ritmiche narrative sconnesse, elucubrazioni dalle pretenziose aspirazioni filosofico-teologiche, offrendo, al contrario, un panorama di racconti chiari, veloci, agili, alternando sapientemente prime e terze persone, narratori esterni ed interni, situazioni in cui il Fato vince annichilendo la controparte umana (si legga attentamente la vicenda dipanata in Nella Gioia E Nel Dolore, tristissima odissea di un talentuoso cantante d’opera), a tal punto da scatenare un moto di rabbia per l’apparente messaggio nichilista che collega le diciotto composizioni (accusa di pessimismo smontata dalla presenza di narrazioni dal risvolto positivo, vedasi, ad esempio, La Pelle oppure ancora Residence Gotha), in grado di mesmerizzare il lettore, anche occasionale, aiutato quest’ultimo, dalla natura indipendente di ogni nucleo testuale.
Interessante notare, in aggiunta, la modalità con la quale uno degli amori di Leonetti crei un fil rouge lungo tutte le oltre duecento pagine (sembra comunque estremamente più agile una volta ricavato il tempo per potercisi dedicare). La musica, quantunque essa sia declinata seguendo le inclinazioni dell’autore (niente metal estremo per intenderci!), è un'attrice onnipresente, fornendo lo sfondo alle storie sviluppate (in La Pelle, il protagonista si prepara al suo “rituale” dando libero sfogo alle sue emozioni seguendo le linee vocali di Vasco), riverberando, altresì, il milieu culturale in cui il nostro Franco ha affinato il suo gusto (un altro motivo della riverenza verso la presente recensione è che, abbastanza ironicamente, il mio collega è coetaneo di mio padre, con il quale condivide una buona parte delle predilezioni in campo discografico). Volendo, avendone il desiderio e lo spazio per completare il compito, l’utente potrà abbinare ad ogni brano la propria metà musicale, rafforzando il binomio parole-nota sopraesposto, in un gioco rivolto verso l’avvicinamento di una versione grezza dell’opera d’arte “totale”.
In conclusione, prima di lasciare la parola direttamente a Leonetti, per una breve, ma ricca, intervista raccolta via mail, si comprende, terminata la degustazione, il motivo per cui, l’esordio, edito nel 2008, Linea D’Ossigeno, si sia configurato come un piccolo caso editoriale: il talento presente tra le righe è notevole, soprattutto allorché è impiegato aderendo ad uno dei compiti della scrittura, ossia il semplice, ultimamente negletto, trasmettere un frammento di un’esistenza aliena al lettore, nella quale, però, egli possa specchiare alcuni suoi tratti peculiari, cosicché il messaggio abbia l’aggettivo necessario di “universale”. La precisa lente d’ingrandimento che, impietosamente, rileva vizi e virtù di una modernità che, parafrasando le parole del creatore di Sei Note di Pentagramma (titolo il quale, forse, fin dal concepimento, sottolinea il carattere imperfetto delle vite poi presentate), attira e disgusta in un solo, ampio movimento, è il punto di forza di una raccolta che non mostra segni evidenti di debolezza né strutturale né tematica, sorretta, in misura minore tuttavia degna di menzione, dall’impiego fermo del mezzo linguistico, tratto oramai divenuto piuttosto raro in questo periodo storico, venato dal male dell’immediatezza e dell’imprecisa brevità.

Ahti: Ciao Franco, come stai? Cominciamo subito con le domande: sono passati quattro anni dal tuo precedente libro, Linea d’Ossigeno. La prima domanda è inevitabile e forse banale: perché una raccolta di racconti invece di un romanzo compiuto? Trovi che la possibilità di cambiare punto di vista sia maggiormente consona alle tue peculiarità come scrittore?
Franco Leonetti: Ciao ragazzi di Metallized, ciao Jacopo, è un piacere incontravi, per una volta mi trovo dall’altra parte della barricata. Con Sei Note di Pentagramma ho “sfidato” il sistema editoriale. Tutti mi sconsigliavano di scrivere racconti, molti editori mi hanno voltato le spalle bollando il mio progetto come "poco commerciale... perché i racconti non si vendono". Personalmente ho la testa dura e sono andato avanti nella scrittura e, ad oggi, ho avuto ragione io, con questa pubblicazione da parte di Lettere Animate, editore giovane e indipendente ma combattivo e attentissimo alla qualità delle proposte. Veder certi personaggi divenuti muti e neutri mentre in un recente passato denigravano a prescindere, con valutazioni sul manoscritto a dir poco terroristiche, è un altro obiettivo che si è compiuto. Ritengo scandaloso che grandi signori dell'editoria impongano un modus d'espressione ad uno scrittore: questo si, quello no, secondo i loro interessi di vendita o piazzabilità di un volume... tutto totalmente assurdo. Scrivere è ispirazione, fantasia, studio minuzioso, non mestiere contabile che deve far di conto. Nel momento in cui ho scelto di scrivere questo secondo testo sentivo di volermi esprimere attraverso i racconti, l’ispirazione non si recinge mai, sia essa per la musica, la pittura, il cinema, il teatro o lo scrivere. Troppi vorrebbero ridurre l’”arte” ad un bottone da pigiare, sarebbe più comodo per etichettare, inscatolare e intascare, per fortuna non è così.

Ahti: Hai preso del tempo tra una stesura e l’altra o hai iniziato subito a lavorare a Sei Note di Pentagramma? Da dove è nata l’idea per questo libro e quale intento avevi quando hai iniziato a scrivere?
Franco Leonetti: Vedere Linea D’Ossigeno, mia opera d’esordio, accaparrarsi una fetta di ottime critiche e vendite, con tanta gente intervenire alle presentazioni, prodighe di complimenti, mi ha spinto a continuare sul sentiero della narrativa. Un piccolo mini-caso editoriale che mi ha fornito forza e convinzione per proseguire. È stato emozionante avere dei riscontri così immediati che mi hanno dato autostima nella stesura di Sei Note di Pentagramma. Per dedicarmi alla nuova opera ho lasciato passare un po’ di tempo, diciamo un anno e mezzo e poi mi sono rimesso al lavoro. L’idea è cresciuta dentro di me come un secondo capitolo per proseguire ad osservare e analizzare minuziosamente questa società contemporanea che mi affascina e mi ripugna, sotto alcuni aspetti, al medesimo tempo. Un’ennesima soddisfazione di questo nuovo volume è la prefazione scritta dal Prof. Claudio Gorlier, eminenza grigia dell’editoria italiana negli ultimi 40 anni, il quale, dopo aver letto la stesura primordiale di Sei Note di Pentagramma ha voluto, a tutti i costi, stendere l’introduzione: un tributo che mi ha reso orgoglioso e felice.

Ahti: Leggendo il tuo testo non posso non notare la grande ricercatezza lessicale, quasi volessi esprimere precisamente ogni sensazione, non lasciando nulla al caso. È davvero encomiabile, in un mondo, che, al contrario, sta smarrendo le certezze del significato.
Franco Leonetti: Come scrittore, amo comporre circa analisi, ispezioni e osservazioni calate nella società odierna e strampalata in cui viviamo, non potrei mai scrivere del Paleolitico, ad esempio. Mi piace esaminare, vivisezionare, apprendere dagli individui contemporanei che vivono i nostri stessi ritmi, in questa roulette impazzita che è il mondo d’oggi. E su carta mi piace fissare sensazioni, particolari e minuzie, dettagli, quasi maniacali, che rendano più chiaro possibile, al lettore, il quadro in cui si svolgono le vicende.

Ahti: Quando tempo di media ti occorre per revisionare, adottando i lemmi corretti, un racconto-tipo?
Franco Leonetti: Dipende dal tempo e dalla lunghezza dei racconti, dalla riuscita o meno della stesura iniziale, dai dubbi che mi attanagliano in quel momento: ho però la fortuna di lavorare con una correttrice di bozze con cui mi compenetro alla perfezione. Basta poco per arrivare alla soluzione migliore e più adatta al taglio dello scritto. Una grande fortuna poter contare su una collaboratrice di tale spessore e d’intesa immediata.

Ahti: Vorresti approfondire il legame tra l’universo musicale e la tua scrittura? Molti protagonisti, se non tutti, sono caratterizzati appunto dalla passione per la nostra arte prediletta. Anche se in alcuni si rivela fonte di sventure, penso al povero cantante d’opera posto in apertura, ad esempio.
Franco Leonetti: La musica e l’amore per essa, lega ogni vicenda contenuta, funge da fil rouge e collante tra ogni personaggio. In alcuni racconti le note di pentagramma sono elemento trainante e risolutivo della narrazione, in altre le si sente in modo più soffuso, in altre ancora fungono da colonna sonora distaccata ma presente. Un aspetto imprescindibile, basilare, un linguaggio comune in tutto il mondo, senza musica non esisterebbe nulla. Sia in chiave positiva che negativa, come accade al cantante lirico del primo racconto Nella Gioia e Nel Dolore. Una vicenda strana e bizzarra come la vita. Un destino bastardo quando ci si mette…. Ovviamente anche il titolo prende spunto dal mio amore indissolubile con la musica, monicker che vuole porre in evidenza, cosiccome la copertina, la mancanza di perfezione di questa società: le note sul rigo musicale sono per antonomasia sette, qui sono solo sei. A questa collettività manca sempre una nota per essere realizzata e compiuta come qualcuno vorrebbe, come i grandi media ci propinano. Il mondo perfettino, dei sogni azzurri, spacciato dalla pubblicità, non esiste, meglio prendere in considerazione la grezza realtà quotidiana che propone tanti fattori negativi ma anche diverse angolature gioiose. Questa è la vita. E in questo libro si parla di vita vera, composta di progetti, sogni, delusioni, vittorie, amarezze, speranze.

Ahti: Colgo l’occasione per domandarti una tua spiegazione al forte pessimismo che avverto nelle storie. Fondamentalmente, nemmeno il giovane Epaminonda, protagonista di un altro racconto, nonostante compia un atto spregevole, riesce a scampare ad una legge, ad un Fato, piuttosto cinico e crudele.
Franco Leonetti: Il mio non è pessimismo, preferisco definirlo come grande realismo e pragmatismo nelle analisi e nelle osservazioni, anche toste e crude, di certi contesti. Epaminonda è un ragazzo di oggi, in età puberale, sballottato da insicurezze e voglia di esser accettato dal gruppo, braccato a metà dal padre autoritario e un po’ paranoico e per metà incalzato dai suoi “amici” che gli chiedono di fare una cosa demente e oscena. E lui per questa cavolata informatica, questo spacciare per grande impresa una vera bastardata, finirà in grossi guai. Libero arbitrio, insomma. Mi preme sottolineare, però, che sono presenti e vivi anche arcobaleni di fiducia e messaggi positivi: non è un libro nichilista e negativista, questo va detto.

Ahti: Perdona l’irruenza, ma l’idea del seduttore professionista da quale cilindro l’hai estratta? Veramente un racconto attuale, soprattutto in quanto il nostro personaggio esercita una professione poco ortodossa, tuttavia con marcati connotati etici, totalmente estranei al mondo, definiamolo con un termine generale, del “tradimento” o del godimento allo stato “puro”.
Franco Leonetti: L’Honeytrap, il mestiere del seduttore prezzolato, per quanto appaia assurdo, è una professione concreta che proviene dagli Usa. Io ho solo immaginato per questo personaggio le abitudini, ne ho creato le gestualità e le parole e ho costruito la sua intervista in diretta tv, ma tutta la vicenda è veritiera ed esistente. Ancora una volta la realtà supera di gran lunga la fantasia.

Ahti: Vi sono elementi autobiografici all’interno dei racconti? Sovente lo scrittore specchia una parte di sé, anche in funzione apotropaica, in fatti, eventi, collegamenti.
Franco Leonetti: Il rock duro e questa splendida musica appartengono indelebilmente a ciò che sono, altri aspetti del vissuto o di elementi incontrati lungo il corso della mia vita sono presenti, ma non li definirei così autobiografici, o comunque non hanno avuto una grande rilevanza nello sviluppo della mia esistenza. Più che una funzione apotropaica atta a scongiurare degli eventi, esiste un fattore catartico all’interno del volume, ma è ancora più presente la spinta a confrontarsi con se stessi, mettersi davanti ad uno specchio e cercare di capire, di agire , di non rimanere immobili. La vita offre tante chance, sta ad ognuno saperle cogliere. L’importante è non farsi scorrere addosso l’esistenza senza tentare di cambiare le cose, di invertire la rotta.

Ahti: Cosa significa per te l’essere scrittore o lo scrivere? E’ una passione che -oltre a Metallized ovviamente-, coltivi da tempo ovvero è esplosa improvvisamente? Perché la prosa e non, poniamo, la poesia, contraddistinta dai suoi lineamenti più personali ed universali (a volte)?
Franco Leonetti: Per me scrivere è vita, cosiccome discutere, parlare, confrontarsi. Sono cardini del mio mestiere da giornalista. È un’attività che esercito dai tempi della scuola, quindi sono passati davvero parecchi anni. Ho cominciato con tanta energia ed entusiasmo proprio con la nostra musica facendo recensioni per i primi magazine cartacei metal degli anni pionieristici, da lì si è dipanato tutto il sentiero scrittoriale. E sono grato a Metallized di avermi riportato indietro nel tempo quando, con immensa passione per hard rock e metal, redigevo le prime recensioni. Non potrei mai elaborare poesie, non potrei scrivere di fantascienza, ciò che compongo lo sento mio e assai vicino al mio modo di essere. In questo libro, come sempre, c’è tanta buona musica, la nostra, per intenderci.

Ahti: C’è un passaggio che riscriveresti? Oppure un racconto da cui vorresti, potendo, partire per costruire un articolazione maggiore, un romanzo magari? Vedrei bene la vicenda del busker milanese, impegnato nel tour sardo: avendo un conoscente attratto da questo tipo di avventure, non ho potuto esimermi da “vivere” profondamente la narrazione.
Franco Leonetti: No una volta che scrivo l’ultimo vocabolo della stesura definitiva non mi faccio prendere da smanie di ritocco: non si ultimerebbe mai, altrimenti. La vicenda di Jonas e Pieddu, suonatori di strada, mi ha attratto sin da subito, ha stimolato l’ispirazione, ed è stato il primo racconto a venir completato. E’ nato per caso ma il pathos si vive davvero. Mai dire mai, l’argomento potrebbe anche diventare qualcosa di più in futuro, andare oltre il semplice racconto. Vedremo.

Ahti: Prima di lasciarti, vorrei infine chiederti se hai già in mente qualcosa per il tuo nuovo libro o se al momento ancora non ti interessa rimetterti a scrivere.
Franco Leonetti: Ho già l’idea per il romanzo a venire e anche quella per il quarto. I titoli nascono sempre prima della stesura e così è accaduto anche per il terzo. Ultimamente sono oberato da tanti impegni e, nonostante lo abbia già iniziato, finora ho avuto pochissimo tempo per continuare. Riprenderò presto, mi auguro. Un abbraccio metal a tutti voi, ciao.

::: RIFERIMENTI :::
Titolo: Sei Note di Pentagramma
Anno di pubblicazione: 2013
Autore: Franco Leonetti
Editore: Lettere Animate
Prezzo di vendita: 13,00 €



Frankiss
Lunedì 3 Giugno 2013, 14.55.28
3
Ragazzi..so che sono battute di spirito,..vedo le faccine sorridenti....però, ci tengo a precisare che Sei Note di Pentagramma non sfiora minimamente la sfera calcistica....è solo uno spaccato di questa vita contemporanea al di là del calcio e delle fazioni, con atmosfere segnate fortemente dalla musica e in particolare dalla nostra..tutto ciò solo per chiarire....Un saluto a tutti voi in maniera simpatica...da facciotta sorridente! Stay Metal Guys!!
Elluis
Lunedì 3 Giugno 2013, 0.49.34
2
Anche perchè uno juventino normalmente se li fa comprare da Agnelli come gli arbitri, o li ruba come gli scudetti !!
gullit
Domenica 2 Giugno 2013, 20.45.41
1
a uno juventino non si comprano libri..mai!
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Sei Note di Pentagramma
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02/06/2013
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