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26/04/25
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GORGOROTH + VITAL REMAINS - Factory, Milano, 30/03/14
05/04/2014 (3804 letture)
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Al Factory di Milano tornano i Gorgoroth, forti della presenza di Hoest alla voce e protagonisti del tour con i Vital Remains. I norvegesi hanno riportato in auge il nome dei Gorgoroth con uno show incentrato sulla produzione novantiana, sulfureo e infernale come ci si aspettava.
Una dovuta precisazione Con l’imprevista cancellazione degli italiani Sudden Death e la conseguente variazione degli orari, nonché la scarsa collaborazione del navigatore, arrivo al Factory alle 20 e un quarto, ma scopro che l’anticipazione è stata tale che solo i due gruppi principali del tour mancano all’appello, ossia Vital Remains e Gorgoroth. Mi scuso con gli altri gruppi presenti per l’inevitabile lacuna di questo report, ma cercherò di rendere giustizia agli ottimi show dei due headliner.
VITAL REMAINS A un orario incredibile, considerando che sono il penultimo gruppo della serata, i Vital Remains salgono sul palco di un Factory ancora quasi deserto al volgere delle 21. Tuttavia la promessa di blast beat e dissacrazione dei Vital Remains, o di quello che ne resta (leggasi il veterano Tony Lazzaro sulla destra del palco) viene mantenuta. Escludendo i primissimi minuti di assestamento sonoro, l’impeto dei 5 viene scaricato telluricamente sui supporters con immediata chiarezza e potenza invidiabile, giocando immediatamente una apocalittica Icons of Evil. I miei pur legittimi dubbi sulla validità della formazione anche dopo l’allontanamento di Benton e Suzuki sono dissipati dalla dimostrazione di una competenza esecutiva devastante, in cui basso e batteria conducono una battaglia di riff chitarristici tipicamente USA-death metal, ma dal piglio epico e dal ricco lavoro chitarristico. Questo se fosse necessario presentare un monicker che come ricordano i Nostri, compie 25 anni e lo festeggia con Forever Underground; parlando invece dei fatti della scorsa serata, lo show è stato aggressivo e ha scatenato tra i pochi (ma buoni, suppongo) un mosh pit e un headbaning nervoso, in particolare con l’acclamatissima Savior to None… Failure to All. Il nuovo frontman Brian Werner si comporta bene sul palco e riesce a dare un’importante spinta al coinvolgimento generale nei gesti provocatori della mimesi di Hammer Down the Nails, ma non mostra doti canore rarissime; decorose, comunque. Molto più convincente, parlando di nuovi membri, è stata la prestazione di Aaron Homma, nuovo e giovane chitarrista che con coraggio e impegno ha ricalcato le non certo semplicissime linee di Suzuki: basti sentire l’intera sezione centrale di Dechristianize, proposta in chiusura dopo l’immancabile intro dell’O Fortuna, aka Let The Killing Begin. Il pezzo in questione solleva l’infernale epicità di una composizione fenomenale.
SETLIST VITAL REMAINS Icons of Evil Forever Underground Hammer Down the Nails Savior to None... Failure for All (Let the Killing Begin) Dechristianize
GORGOROTH Dopo una lunga pausa generata dall’inevitabile allargamento dei tempi (data la cancellazione dei Sudden Death), l’aria sopra il palco torna nuovamente ad addensarsi di fumi e di raggi rossi, mentre la Marcia Funebre di Mozart riverbera tra le mura del locale ora un po’ più gremite. Il combo norvegese entra in scena senza sguardi di intesa con il pubblico, nemmeno il minimo cenno; anzi, si voltano solo sulle note iniziali Bergtrollets Hevn, in cui appare anche il frontman d’eccezione assoluta chiamato per questo tour, nientemeno che Hoest dei Taake (nonché turnista per innumerevoli gruppi). Il singer non smentisce la sua proverbiale mancanza di sobrietà, tanto meno se si tratta di capitanare la formazione di Infernus, ma mostra un carisma piuttosto raro per il genere proposto (lo stesso Gaahl con i God Seed mi sembrò pressoché pietrificato); certo, la freddezza non è abbandonata nemmeno per un secondo, la presentazione dei pezzi è sostituita da un pregrammaticale ma espressivo countdown sul rullante per aprire le successive Aneuthanasia e Prayer, tratte da Quantos Possunt ad Satanitatem Trahunt, il primo album dalla scissione da King Ov Hell. Quelli che abbiamo davanti, dunque, sono puramente i Gorgoroth di Infernus, che propongono il black norvegese senza compromessi dei primi album. Arriva subito all’appello Katharinas Bortang dal debutto Pentagram, ma un ruolo di tutto rispetto è dato al leggendario Under The Sign of Hell, che conquista metà della setlist: per prima, la devastante e spartana Revelation of Doom, senza dubbio il pezzo migliore della serata, che ci coinvolge spontaneamente in un moshpit poco gremito ma violento, spinto dal d-beat esageratamente old school e dalle chitarre zanzarose. La parte centrale non risparmia colpi, alimentata dai blast instancabili che torturano il rullante del drummer Vyl, turnista come gli altri membri del gruppo, ma decisamente a suo agio tra pezzi come Forces of Satan Storm e Rites of Infernal Invocation, che fomentano l’intero pubblico con riff dal taglio black/thrash e ritmi che non invitano certo alla staticità degli astanti. Ødeleggelse Og Undergang è assolutamente da brividi e nel finale vi si collega anche un reprise di Blood Stains The Circle, ennesimo estratto dal terzo album. Viene poi presentata (unico momento nello show) la tellurica Destroyer; ne consegue un headbaning scatenato, che continua su una breve cornice di Incipit Satan, suonata in una sorta di medley per scatenare il coro del pubblico sul refrain (cosa che sarebbe piuttosto ardua per qualsiasi altro pezzo, data la decisione di non pubblicare testi). Parentesi a parte, Krig segna un altro colpo doloroso sui timpani dei presenti. L’atmosfera sulfurea si addensa sempre di più, complici le luci rosse, il fumo, il pubblico scaldato e ovviamente le infernali note della conclusiva Profetens Apenbaring, uno dei pezzi più oscuri del set, con Hoest che mostra un cantato pulito più che degno dell’oscuro rituale in atto, mettendo in luce le (certo indiscusse) capacità del singer di Bergen, meno acido di Pest ma molto più versatile e incisivo. Per chiudere, una più epica Unchain My Heart! viene spettacolarmente interpretata tra l’oscurità soffocante del palco.
Dunque conclusa, Hoest mima un suono gutturale (probabilmente una russata) nel microfono e tutti si fiondano nel backstage raccogliendo le bottiglie di vino rimaste sul palco. Un gesto un po’ primadonnesco davanti ad un pubblico ancora carico ci ha privato di un possibile encore, ma tant’è, maleducazione e metal estremo è quello che ci si aspettava, questi erano i Gorgoroth propriamente detti, o quanto più vicino si potesse arrivare ad esserlo oggi.
SETLIST GORGOROTH Bergtrollets Hevn Aneuthanasia Prayer Katharinas Bortgang Revelation of Doom Forces of Satan Storms The Rite of Infernal Invocation Ødeleggelse og Undergang / Blood Stains the Circle Destroyer / Incipit Satan Krig Profetens Åpenbaring Unchain My Heart!!!
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6
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@l'Accademico: Dimentichi però un particolare importante: con l'ingresso definitivo di Gaahl e King Ov Hell nella formazione, il suono del gruppo è cambiato non poco (ed è facile accorgersene); diversi pezzi da Incipit sono di King, quasi tutti quelli da Twilight e l'intero Ad Majorem sono anch'essi stati composti da King. Quelli - sono i Gorgoroth di King (e Gaahl), quelli che adesso portano il nome di God Seed, se mi consenti, dato che dal vivo, oltre ai pezzi di I Begin, la maggior parte sono pezzi di King che furono pubblicati sotto il monicker di Gorgoroth dopo la fine degli anni 90. Questi Gorgoroth hanno proposto solo il materiale scritto da Infernus, ossia quello dei primi 4 dischi pre-KIng e da Quantos Possunt che è il primo dopo la divisione e tutte le vicende correlate (quella del monicker ad esempio). E in effetti, questi sono i Gorgoroth più strettamente legati ai suoni degli esordi e al black norvegese di Darkthrone e simili. Quindi dire "i Gorgoroth di Infernus" è legittimo e corretto a mio avviso. Tanto più peraltro, se aggiungi che lui è l'unico fondatore rimasto e l'intera line up che ho visto era composta da turnisti. Ma la mia definizione era proprio legata all'aspetto musicale/compositivo. |
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5
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Sambalzalzal@ ...Siiii...diciamo che c'è ricascato!! ahhhhh....Li conviene darsi una calmata anche qui, dato che ultimamente torna spesso e volentieri qui in Italia!!..Non vorrei che qualcuno se la leghi al dito e lo vada a cercare dopo lo show!!!!ahhhhh cmq scherzi a parte si è risolto tutto con un Fuck off...e il riff di Destroyer che tornava a graffiare! |
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Doomale@ ahahahahahah ma no! Quindi Hoest did it again!!! Assolutamente non nuovo a questi atteggiamenti però in patria dopo l'ultimo arresto si è dovuto dare una calmata. |
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3
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Presente al Traffic...dove la serata si e` svolta piu o meno allo stesso modo! Segnalo x i Vital Remains la presenza in scaletta (a Roma) anche di Descent into Hell tratta dal mitico "into cold darkness"...per il resto un graditissimo ritorno per una grande e storica deth band...anche se e' rimasto solo lazaro dagli esordi...ma i suoi nuovi compagni si difendono alla grande. Passando ai gorgoroth nulla da dire....solita prestazione precisa e corta...la presenza dei molti classici non fa che innalzare il livello....e il coinvolgimento del pubblico! Krig..veramente da brividi. Infernus e' il solito macina riff...grande! Hoest fa unabuona prova macchiata dal calcio e la microfonata data che da ad un ragazzo salito a "disturbarlo"...!!gli altri turnisti fanno bene il loro sporco lavoro....con il brasileiro sosia di Tormentor che comincia anche a leccare ul manico della sua ascia! Non dimenticando anche l'italianissimo bassista gul.lu e Vyl vecchio vetetano della scena norvegese con i primi Keep of kalessin. Grandi linee sono d'accordo con il commento qui sotto i Gorgoroth=infernus...anche se in passato ci sono stati degli importanti membri nelle numerose line up che si sono avvicendate..inutile fare i nomi! Ma il creature fu lui...insieme al mai piu sentito Hat. L'importante e' che almeno dal vivo continuino a spaccare cosi! Tutto sommato un concerto che mi ha soddisfatto! |
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2
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Non sono proprio d'accordo, se fai caso alla line-up dei Gorgoroth nel corso degli anni l'unica costante è Infernus. Capita da sempre in moltissime bands che un solo membro si identifichi col nome del gruppo, anche se in questo o quel album non è il principale compositore dei brani nè il personaggio più carismatico. L'esempio più lampante nella storia del metal è Tony Iommi. |
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Personalmente ho sempre ritenuto i Gorgoroth una band, dunque ''quelli di Infernus'', a meno che non si voglia indicare in questo modo che i Gorgoroth siano diventati una one man band, non sono i GORGOROTH che conosco io. Al massimo sono gli Infernus, ma neanche, c'è pure lo special guest di Taake. |
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