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DEAFHEAVEN + REDLINE SEASON + HAVE IT ALL + AIDAN - (@ Radar Festival Preview, day III) Circolo Mame, Padova - 03/06/2014
07/06/2014 (3042 letture)
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A costo di essere ripetitivo, da diversi mesi non faccio che ribadire come i live di taglia medio-piccola siano di questi tempi quelli che preferisco: quando sono ospitati da locali all'altezza (come fortunatamente è sempre accaduto negli ultimi tempi) è possibile assistere a dei buoni concerti di band che hanno interesse ad interagire col pubblico e a proporsi al massimo delle proprie possibilità, mantenendo al tempo stesso intatta la passione che che talvolta, in molte grandi band che hanno la fortuna di poter suonare di professione, può scemare col passare del tempo. Tutte queste ragioni, associate ai prezzi dei biglietti che in queste occasioni sono molto abbordabili, molte volte mi hanno spinto ad andare a vedere band che non ho mai visto prima, per verificare se c'è modo di sfatare questo mito, stavolta è toccato ai Deafheaven, ospiti del Radar Festival al Circolo Mame. Il Mame è un circolo Arci nato da pochi mesi in quel di Padova: l'interno è ampio e spazioso, consentendo di assistere alle esibizioni in piedi davanti al palco oppure in una zona rialzata in cui sono presenti dei divanetti. Il bar permette di scegliere tra una buona varietà di birre a prezzo ragionevole, è inoltre possibile prendere una boccata d'aria senza finire sulla strada o in mezzo al parcheggio (che, per inciso, è molto ampio), grazie al terrazzino antistante.
AIDAN Il concerto ha inizio a sala semivuota: mentre gli Aidan cominciano ad eseguire No Longer Gage molti sono ancora in coda alla cassa per fare il biglietto, dato che le porte sono state aperte alle nove precise. A dispetto dell'orario in scaletta il quartetto non si lascia intimidire e, complice un lavoro del fonico di tutto rispetto, scarica un'ondata di melma strumentale sul pubblico, in cui sono presenti solo pochi spiragli di luce. I brani sono intervallati da citazioni cinematografiche (tratte dal film Morte a Venezia) o da inserti ambient, che rendono l'esibizione dei padovani un continuum, travolgendo il pubblico in modo costante. Oltre ai due pezzi pescati dal debutto The Relation Between Brain And Behaviour (tra cui la robusta Left Frontal Lobe) i quattro propongono due inediti in cui il fraseggio è più ragionato e le atmosfere si arricchiscono di particolari, esplodendo poi in un caleidoscopio di groove. I trenta minuti degli Aidan scorrono in fretta, ma lasciano i presenti soddisfatti grazie all'esecuzione precisa ed ai suoni massicci, mostrando come come i nostri abbiano meritato la presenza tra gli act di apertura di questo concerto.
SETLIST AIDAN: 1. No Longer Gage 2. Left Frontal Lobe 3. Untitled 1 4. Untitled 2
HAVE IT ALL Pochi minuti di cambio palco e gli Have It All salgono sul palco, portando dal vivo il proprio ragionato hardcore. Il quintetto è internazionale, con tutti gli strumentisti italiani ed il vocalist Jan proveniente da Dusseldorf, ma non per questo il gruppo è meno coeso on stage: spiccano da subito l'abilità alle pelli di Simone e alla voce di Jan, che è anche un frontman rodato e si muove senza sosta, interagendo spesso con il pubblico. I brani proposti hanno una solida base hc che si mescola all'uso di accordi meno convenzionali, parti arpeggiate ed altri escamotage in grado di inserire una vena melodica mai banale nelle composizioni, salvo ricorrere talvolta ad espedienti più abusati quali i tipici breakdown, ma senza eccederne. La setlist verte quasi completamente sull'EP Changes, uscito lo scorso dicembre, ed i pezzi funzionano e scorrono bene, la presenza scenica è buona (in particolare il chitarrista Mattia è indemoniato) e lo show scorre senza difficoltà, tenendo davanti al palco una buona fetta di pubblico. Per l'ultima canzone, la malinconica Changes, Jan scende in mezzo al pubblico, mentre urla:
we conquered the nights as we stumbled into the daylight we cursed the morning sun and wished we’d never wake waking up all alone
salutando infine la platea con il rumore che chiude il brano. Il bilancio dell'esibizione è positivo ed il pubblico ha risposto bene, pollice alto per gli Have It All.
SETLIST HAVE IT ALL: 1. Untitled 2. Circles 3. Create 4. Side By Side 5. Tonight 6. Never Forever 7. Changes
REDLINE SEASON Terza band in scaletta, i Redline Season si connotano da subito come i più particolari della serata: i ragazzi riescono ad esprimersi giocando in bilico tra prog-rock, post e parti dal mood settantiano. Se la prima impressione all'ascolto è stata dubbia, complice anche il timbro ruvido di Lollo che sembrava quasi sgraziato, è bastato poco per cambiare idea: con lo scorrere dei brani si percepisce che la collocazione di ogni riff e la scelta di ogni suono sono frutto di una scelta ragionata, che premia la band stregando i presenti. Il riffing alla chitarra di Mark è molto azzeccato, spostandosi da linee dissonanti ad accompagnamenti massicci, cesellando con l'effettistica i suoni di ogni passaggio; meno evidente inizialmente, ma fondamentale nell'economia della band, anche il synth di Ronco che crea ambientazioni molto particolari e, nelle rare occasioni in cui si impone in primo piano, riesce a lasciare il segno, mostrando chiaramente come la band ci tenga a mostrare di avere una propria personalità. Il supporto della sezione ritmica, che dal vivo viene esaltata più che su disco, dona un forte groove all'esibizione dei Redline Season, inspessisce l'amalgama contrapponendosi alla liquidità dei sintetizzatori e aumenta l'impatto sul pubblico. Tutta la setlist è pescata da Invictvs, uscito da poco sotto Upupa Produzioni, e oscilla tra brani estremamente coinvolgenti (Black Battles, Lead) e momenti più introspettivi (The Huntsman, Square Waves) regalando una mezzora molto godibile e confermando come i Redline Season siano una band da tenere d'occhio, perché hanno tutto il potenziale per far parlare di sé in futuro.
SETLIST REDLINE SEASON: 1. Deaf Heaven 2. Black Battles 3. Square Waves 4. Lead 5. The Huntsman 6. Keiner 7. Fallacy 8. Phoenix, Last Light
DEAFHEAVEN Il tempo di un veloce cambio palco e i Deafheaven salgono on stage: la line-up degli album in studio McCoy/Clarke dal vivo è supportata da altri tre musicisti con cui si percepisce da subito un'alchimia rodata, diventando una vera e propria band. Si comincia con Dream House, opener di Sunbather, e l'impressione è da subito particolare: il linguaggio è puramente black metal, con scream straziante, blast-beat forsennati e tremolo picking a non finire, ma le melodie hanno una solarità ed una delicatezza che nessuno si sarebbe atteso. Gli sporadici inserti acustici si avvicinano al post-rock e sono gli unici passaggi a profumare di malinconia, per poi ripiombare nella violenta felicità del maggiore quando le distorsioni vengono attivate nuovamente. Una volta superato l'impatto iniziale (a cui il wall of sound della band ha contribuito non poco) della cascata di luce generata dai Deafheaven, si vede come la band abbia una certa esperienza dal vivo. George Clarke parla poco, ma è a proprio agio nel ruolo di frontman: oltre a sfoderare una performance vocale molto fedele a quella su disco si lascia andare a movenze particolari, arricchendo la riproposizione dei brani con gestualità drammatiche. Gli altri musicisti sono meno dinamici, ma in compenso offrono un'esibizione impeccabile e senza sbavature, i suoni sono regolati in modo da rendere nebulosa tutta la sezione delle corde, ma lasciano comunque spazio anche al basso di Stephen Lee Clark, un notevole spazio è riservato anche alla batteria che emerge bene e scandisce il tempo tra martellate implacabili, rullate e passaggi sui tom. Le atmosfere si fanno più ipnotiche con Vertigo, aperta da un arpeggio che rimbalza da un lato all'altro del palco e scivola poi in una lunga sezione strumentale. Al termine dei suoi quindici minuti la canzone offre un finale struggente e ricco di armonie di chitarra, in cui le tinte del crepuscolo incupiscono il mood. Se inizialmente l'abbagliante impatto dei Deafheaven tende a impressionare molto, con l'ascolto si nota che i nostri sanno dosare bene anche i passaggi più oscuri, creando dei contrasti di colore tipici dell'alba e riuscendo a non rendere l'uso del maggiore troppo stucchevole grazie agli inserti ben piazzati nello sviluppo dei brani, come in The Pecan Tree. Al termine di quest'ultima, dopo aver riposto gli strumenti ed essere scesa nel backstage, la band rientra sul palco quasi immediatamente e George Clarke ringrazia e saluta il pubblico. Purtroppo è tempo di congedarsi e la dolceamara Unrequited (unica estratta da Roads To Judah di stasera) è perfetta: nonostante l'esibizione sia agli sgoccioli e il caldo si faccia sempre più affannoso, i Deafheaven non cedono e si ritirano con onore, portando a casa un concerto impeccabile e molto emozionante.
SETLIST DEAFHEAVEN: 1. Dream House 2. Irresistible 3. Sunbather 4. Vertigo 5. The Pecan Tree 6. Unrequited
Al termine della serata il bilancio è positivo: tutte le band coinvolte si sono dimostrate all'altezza, il bill era sufficientemente eterogeneo da riuscire a coinvolgere un pubblico ampio e l'organizzazione della serata (ad opera del Radar Festival) si è rivelata nel complesso puntuale (salvo i disguidi con l'apertura delle porte) ed efficiente. In attesa di vedere se il mito della bontà dei concerti di questa taglia sarà un giorno sfatato, l'augurio è che il club possa continuare a lavorare e ad ospitare eventi di questo tipo grazie al supporto degli ascoltatori, perché in Italia abbiamo bisogno di queste realtà.
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4
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Anch'io ero al Magnolia,location perfetta,serata fresca,ottima birra,prezzi modici e concerto totale,che si vuole di più?Il Magnolia non mi tradisce mai! |
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3
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Anch'io ero al Magnolia (ero il deficiente biondo ancorato in prima fila) e devo dire che ogni tanto qualche stecca McCoy l'ha presa... Però nel complesso grande concerto e ottima acustica! |
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2
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Idem, pure io visti al Magnolia. Muro di suono impressionante e show ai limiti della perfezione. |
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Ho visto i Deafheaven a Milano. Totali |
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