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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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SONATA ARCTICA + FREEDOM CALL + TWILIGHT FORCE - Estragon, Bologna - 11/05/15
17/05/2015 (2730 letture)
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600 METRI Approdo sul luogo del delitto verso le 19:30, ai miei occhi si presenta una particolarità più unica che rara: c'è già una fila interminabile di fronte ai cancelli. Tempo di prendere il biglietto (altri venti minuti), mi giro e sorprendentemente un serpente umano si snoda lungo il viale proseguendo sino al parcheggio; penso di avere camminato almeno cinque minuti per raggiungere la fine della coda (600 metri circa), attendendo mezz'ora prima di riuscire a varcare i cancelli con i Twilight Force che hanno iniziato l'esibizione da dieci minuti circa. Non riesco a fornirvi un numero preciso, ma delle decine di concerti visti all'Estragon probabilmente solo agli Stone Sour sono stato partecipe di una calca di tale portata. Dentro di me penso di aver perso un passaggio; qualcosa non mi torna poiché non avrei mai immaginato tanto furore per i finlandesi. Gente di ogni estrazione: minorenni accompagnati dai genitori, sessantenni, quarantenni e via dicendo. Definitiva consacrazione della band oppure l'evento speciale ha influito sul tutto? Invece di farsi domande, entriamo che il concerto è già iniziato.
TWILIGHT FORCE Sono inginocchiati di fronte alla tastiera, stile reliquiario preromanico, mentre il tastierista gli recita le parole che dovranno dare il "la" alla canzone successiva. Sono molto energici, tamarri e goliardici. Non si prendono sul serio pur eseguendo una musica che spicca di potenza e incisività. Vestiti di tutto punto (elfi, samurai, e piccoli demonietti giapponesi) incitano il pubblico come pochi alternando una dopo l'altra una serie di tracce che si fanno riconoscere per il tecnicismo applicato alla perizia compositiva; certamente una leggera omogeneità alla fine è percepibile, non avendo uno stile così variegato e dinamico, ma il loro sporco dovere lo fanno e anche bene. A loro disposizioni ci sono poco più di trenta minuti, tanto per accendere gli animi sotto il palco e far partire al meglio una serata dedicata alla doppia cassa-acuto-piru piru chitarristico. A fine esibizione i musicisti scendono dal palco per avvicinarsi allo stand del merchandising dove molti ragazzi attendono per un autografo e/o una foto ricordo, sintomo di apprezzamento, perché per far breccia nelle persone non servono in fondo molti arpeggi.
FREEDOM CALL Fiero emblema del power made in Germany, i Freedom Call cavalcano la loro proposta da quindici anni, un power metal tutto d'un pezzo che, pur avendo passato alti e bassi compositivi negli anni, ha sempre mantenuto una coerenza stilistica. La scelta di voler proporre una setlist che prende in pieno dal loro album più famoso (quell’Eternity tanto osannato e ripubblicato in versione deluxe da poco) mostra il fianco ad una serie di domande più o meno crudeli. La ristampa, con la canzone nuova 666 Beyond Eternity, ci sta, così come il voler riproporre l'album in una più sontuosa edizione, ma perché fare poi un concerto dove solo otto canzoni sono riproposte dall’originale? Tempistiche a disposizione, scelte del mastermind Chris Bay o quant’altro, alla fine ciò regge il tempo di una riflessione, veloce a dire il vero, perché a conti fatti la serata è buona, anzi ottima. Il pubblico già allo spiegamento del telone dietro la batteria si esalta e applaude fragoroso, quando poi i nostri entrano definitivamente scoppia il delirio. Una dietro l’altra le canzoni vengono riproposte con accurata fedeltà ed una impeccabile professionalità da ogni singolo membro della band. Niente di storto, non un errore, una nota fuori posto con suoni a dir poco magnifici. Molti sono li per gli headliner, probabilmente il 90% di loro, ma poco importa perché conosciuti o meno i Freedom Call offrono una prestazione maiuscola che porta nuovi fan in seno al gruppo, distruggendo ogni presupposto postosi precedentmente. Anche se la set list non ricalca alla perfezione la tracklist ufficiale c’è di che essere contenti, soprattutto nel finale, quando l’immancabile Land of the Light viene urlata a gran voce e tutte le mani , le braccia, le gambe ed ogni singola articolazione saltano a più non posso. Chris Bay dalla sua incita ad ogni momento a sua disposizione, parlando un italiano discreto e facendosi capire più del necessario: un frontman con i fiocchi, che nell’intervista prima dell’inizio del concerto non ha fatto altro che dimostrare quanta sia la sua devozione nella musica scelta, dimostrandolo una ennesima volta stasera. Non sono un affezionato del genere, anzi potrebbe sembrare strano che io scriva di power, ma se avrò in futuro la possibilità di rivederli dal vivo, cercherò di non perdermeli perché, a prescindere dal genere a voi caro, i Freedom Call meritano rispetta e suonano con la passione di una vita spesa a dedizione della musica.
SETLIST 1. 666 Weeks Beyond Eternity 2. The Eyes of the World 3. Flying High 4. Island of Dreams 5. Bleeding Heart 6. Metal Invasion 7. Ages of Power 8. Warriors 9. Land of Light
SONATA ARCTICA Ore 23:00, le luci si spengono ed un boato invade l’intera platea dell’Estragon, l’introduzione con il can can prende vita e le luci scurendosi iniziano a diventare azzurre, è arrivato il momento tanto aspettato. I telefonini prendono vita e si inizia a fotografare e registrare mentre la band sale sul palco silenziosamente e pacificamente. Attorniati da un'atmosfera cupa ed incerta tutti i membri si riservano ogni entusiasmo e saluto di prassi, bisogna mantenere la suspance: le danze si aprono con White Pearl Black Oceans... e X Marks the Spot, una combo proveniente da due album a metà tra odio e amore come Reckoning Night e l'ultimo Pariah's Child. Ovviamente l'audience si scatena e come una massa uniforme non riesce a star ferma, prendendo spunto da ogni singola nota per cantare ad alta voce le canzoni; i ragazzini più giovani sono intenti a togliere le lacrime dal viso, quelli più maturi a dire “Ehi, te l’avevo detto che avrebbero iniziato così”. Se nei primi minuti, come detto, ci sono state molte perplessità con il gruppo leggermente dimesso e "timido", già sulla seconda traccia si scatenano dando vita da questo momento ad uno show pieno di tensione empatica con il pubblico, che come volevasi dimostrare pende dalle loro labbra. Effettuate queste canzoni, ognuna introdotta da una voce stile pubblicità statunitense, incomincia “il disco”, il momento dove bisogna ascoltarsi tutto Ecliptica, rimasto nel cuore dei fan sin dalla sua uscita oramai quindici anni addietro. La tracklist viene eseguita alla perfezione minuto dopo minuto, con cori strappalacrime durante gli anthems quali Full Moon, Letter to Dana o UnOpened eseguiti in maniera magistrale senza un errore ed una virgola in più e in meno (lo spero bene viste tutte le volte che oramai sono state suonate). I telefonini si accendono ad ogni nota, ci sono momenti da ricordare, alcuni dove accendere gli accendini ed altri dove chiamare l'amica a casa che non è riuscita ad essere presente, poche volte per gruppi così “underground” si ritrovano situazioni simili e ciò fa riflettere, in positivo. Un concerto dei Sonata Arctica mi fa comprendere come molto di quello che oggi pensiamo sia perso nella musica, come cantare la canzone perché si conosce il testo a memoria, piangere di emozione o sentire nel profondo la verve di una canzone, non è perso definitivamente. Alcune piccole realtà hanno un nocciolo forte ed all'unisono reagiscono per risposta alle palpitazioni. Le canzoni scorrono tranquille, rilassate, tra urla, foto e peripezie di ogni genere; pochissime le pause in mezzo, per prendere una boccata d’aria; unica nota dolente è il vezzo di ogni membro di esaltare ogni movenza, quasi recitandom ma sono dettagli che possono starci ed essere compresi. Finito l'album che tutti aspettavano c'è spazio anche per la bonus track lasciata indietrom all'epocam per la versione giapponese, quella Mary Lou che in pochi ricordavano. Tutto finito? Non proprio, perché c'è ulteriore spazio per The Wolves Die Young dell'ultimo Pariah's Child e l'hit Don't Say a Word, preceduta da un discorso di Tony sull'importanza di dar voce alla musica dal vivo, sostenendo i musicisti a prescindere dal genere suonato. La prestazione dei vari membri del gruppo risultata impeccabile con gli occhi puntati costantemente sul frontman; riceve regali dagli spettatori e lui e solo lui sa quanto la band sia radicata nelle sue doti canore. Un'ora e venti, forse qualcosa di più, di spettacolo che hanno confermato lo status di super band dei Sonata Arctica, uniti sotto la buona stella della performance quasi perfetta che hanno regalato molto ai presenti, a fine spettacolo riempienti l'Estragon per intero. P.S.: ha senso oggi, in un mondo inflazionato musicalmente, imbastire un'intelaiatura su prodotti di vecchio stampo? Ha senso marciare economicamente ancora, ancora ed ancora sui propri fan e sui meno informati su edizioni e riedizioni di qualcosa già esistente? Cosa è diventata oggigiorno la musica se non uno strumento per portare soldi attraverso il tour? Le persone vanno per la musica o per la persona dietro il microfono? Probabilmente un’autocritica a questa mentalità della musica take-away dovrebbe farci riflettere, perché dall’altro lato c’è una band che necessita di andare tour per sostenersi ripubblicando qualcosa che esiste già. Una risposta non l’ho, ma continuo a domandarmi silenziosamente: “Se le priorità della vita devono essere preservate, se tu lavori sodo per guadagnarti il pane arrabbiandoti se ti rubo il mangiare, dovendo vivere in base alle tue potenzialità, non sarebbe dunque il caso di fare un passo indietro e accontentarsi, senza diventare cleptomani?".
SETLIST 1. White Pearl, Black Oceans... 2. X Marks the Spot
3. Blank File 4. My Land 5. 8th Commandment 6. Replica 7. Kingdom for a Heart 8. FullMoon 9. Letter to Dana 10. UnOpened 11. Picturing the Past 12. Destruction Preventer 13. Mary-Lou
14. The Wolves Die Young 15. Don't Say a Word
ATTESE NOTTURNE Dirigendomi alla macchina un sorriso scappa mentre dei papà all'interno dell'auto attendono i propri figli o figlie all'uscita, altri sulla porta aspettano che la progenie finisca di lacrimare sull'ultima nota. Un concerto che unisce, un concerto che stupisce e che in molti ricorderanno. Non è il mio genere, diciamo che mi sono tolto un sassolino dalla scarpa mettendo il check anche su questo mondo; e sulla strada del ritorno necessito di inserire sonorità più "brutali", ma rispetto e comprendo l'amore viscerale per certi gruppi, che meritano di essere considerati come grandi da cui c’è da imparare perché stasera v’erano dei professionisti sul palco che, seppur qualche momento troppo costruito a puntino in modalità teatrale di poca credibilità, hanno eseguito il tutto al meglio delle loro capacità. Bella serata, e sopratutto rispetto, alla prossima puntata.
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4
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Questo è stato il mio primo concerto in assoluto. Non so giudicare oggettivamente l'esibizione delle band, eibizione che io ho comunque adorato, non avendo un background personale abbastanza vasto. Di sicuro però quel giorno me lo ricorderò per sempre: il primo concerfo non si dimentica mai! |
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3
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Ottimo, chiaro che se non ė il tuo genere sarà difficile un apprezzamento completo da subito ma..mai dire mai, magari poi inizierai anche te ad innamorarti della sdolcinatezza dei finlandesi ahaha  |
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2
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Ciao uomo! Si ammetto di non aver molto feeling anzi... Pero quando scindi professionalità e aspetto prettamente musicale.comprendi diversi fattori.li rispetto ma non credo tornerò a vederli perché ha richiesto molto sforzo... Ehhehe ma ho apprezzato la serata. Davvero!! |
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1
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Bel report Andrea, sopratutto perchè, da come dici, non sei un amante del power e dai un giudizio più oggettivo possibile sulla qualità del concerto, e questa è una cosa originale. I Sonata penso siano da stimare sempre e comunque per quello che hanno dato al metal più "leggero", hanno avuto alcuni imprevisti in carriera ma si sono rialzati con un grandissimo disco, complesso e non diretto come Pariah's Child. Questo deve essere stato un concertone perchè non capita spesso di vedere tre grandi gruppi assieme, sopratutto i Freedom con Eternity ed i Sonata. Peccato che i pezzi più recenti non hanno coinvolto cosi tanto il pubblico, ma Ecliptica è intoccabile. |
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