|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
CORONER + ACID DEATH + DEATH MECHANISM - Circolo Colony, Brescia (BS), 06/02/2016
10/02/2016 (2365 letture)
|
Il mini-tour italiano dei Coroner, questo Febbraio, ha fatto tappa a Roma, poi a Brescia e quindi a Livorno, raccogliendo ancora una volta ampio consenso e partecipazione da parte del pubblico italiano. Ad accompagnarli, anche gli Acid Death, direttamente dall'underground greco degli anni '90, nonché i nostrani e più noti Death Mechanism e Sofisticator. Vi raccontiamo tramite le parole di Nicolò "Nicko" Brambilla e Saverio Comellini "Lizard" le date di Brescia e Livorno.
DEATH MECHANISM Di fatto molto noti presso la scena thrash italiana, sia per i quasi 15 anni di attività, sia per la presenza di due dei membri nell'incarnazione attuale dei Bulldozer, i Death Mechanism vantano sotto il palco una nutrita schiera di supporter. Tra i più immediati riferimenti accostabili al power-trio veneto ci sono sicuramente i Kreator, ricordati molto per la voce piuttosto aspra di Pozza, chitarrista e cantante, nonché in generale per il pace molto tirato del loro thrash, che si struttura per lo più su up-tempo alla tedesca alternati a mid-tempo aggressivamente cadenzati in stile death-thrash a cavallo tra gli anni '80 e '90. La proposta è però personalizzata da un approccio chitarristico molto tecnico, ma al contempo anti-melodico e sempre violento, alla Sadus per esempio. Down-picking veloce e palm-mute laddove serva cadenza e un tremolo picking irrefrenabile in cui la velocità padroneggia, come da schema tradizionale, ma con un largo impiego di passaggi in legato, che sembrano quasi accelerare il ritmo intensificando il flusso di note tra stacchi e ripartenze, un po' come nei primi Coroner, dai quali ereditano anche lo stile solistico piuttosto ricercato. Come intuibile, per rendere giustizia ad un riffing così energico, anche la sezione ritmica si dimostra compatta, con il batterista Manu decisamente impressionante sulla cassa e sui fill, oltre a mostrare piena padronanza degli stilemi classici del thrash. La presenza sul palco non è statica, di certo, ma il gruppo non si perde in parole tra un pezzo e l'altro e ottiene comunque la risposta pronta del pubblico.
ACID DEATH Nuovo all'orecchio dei più potrebbe essere stato il nome dei greci Acid Death, band death/thrash attiva nel corso degli anni '90, durante i quali ha pubblicato una manciata di demo e promo e due full, e quindi riformatasi nel 2011, con la pubblicazione di altri due nuovi album. A giudicare dai pezzi proposti e dalla loro presentazione, che li ha collocati nella discografia della band, le origini del gruppo, più violente e vicine ad una sorta di death-thrash molto veloce e anche piuttosto tecnico, si sono mitigate nel corso dei '90 quando il gruppo si avvicinò più allo stile del progressive death statunitense, alla Atheist, finendosi per spostare su lidi ancor più prog-oriented e molto meno veloci e aggressivi, sui quali gli Acid Death tuttora permangono. L'esibizione non è di per sé particolarmente memorabile, con alcuni pezzi più riusciti e coinvolgenti (più o meno prevedibilmente, proprio quelli più vecchi e aggressivi) ed altri decisamente più generici, sia per riffing che per costruzione, arrivando a strizzare l'occhio al metal più moderno e sembrando decisamente inadeguati allo stile e alla preparazione tecnica del gruppo. Non saprei dire come gli Acid Death suonino su disco, non avendoli sentiti prima, né dire con certezza a quale periodo della loro carriera appartenessero i vari pezzi, ma il senso di generico ne ha decisamente inficiati molti.
CORONER Nuova calata italica per i Coroner riuniti, la terza che ho avuto modo di vedere e di fatto la terza in Nord Italia e, anche in questo caso, il pubblico si distingue per una media d'età più alta, una sostanziale differenza dal pubblico metal "average" (anche data la singolarità della proposta) e commenti nostalgici durante l'allestimento del palco su quali siano le differenze estetiche dei membri rispetto all'ultimo show visto negli anni '90 dai suddetti veterani… Insomma, l'idea del trio svizzero nel 2011 era quella di ritornare per dare occasione ai fan del passato di rivederli di nuovo e ai rookie come me di sentirli almeno una volta nella vita, ma anche a distanza di 5 anni nulla è di fatto cambiato, non avendo la band intenzione di scrivere nuovo materiale, avendo purtroppo visto il ritiro del batterista Marquis Marky dopo il primo tour di reunion ed essendo ancora quella del pubblico una curiosità per il ritorno di un gruppo riformatosi essenzialmente per rivivere gli sfarzi di una ventina di anni fa. Fatta questa premessa, non mi aspettavo novità da questo show dei Coroner, rispetto magari a chi non li avesse mai visti, se non magari qualche sorpresa in scaletta (che in realtà non c'è stata); solo e soltanto (e scusate se è poco) quello che gli svizzeri sanno fare meglio: un concerto impeccabile, assolutamente singolare e inimitabile nel loro ambito di provenienza.
Ammetto subito, con piacere, che anche questa volta non mi hanno deluso. Tommy Vetterli è da annoverarsi tra i chitarristi più geniali nella storia del thrash, senza contare che la sua storia va ben oltre i confini di quella del thrash e anche dal vivo è un piacere vederlo suonare, per precisione e complessità delle sue partiture. Anche Diego Rapacchietti, sostituto di Marky dietro alle pelli, si mostra all'altezza del predecessore, mostrando molto groove e timing sulle decelerazioni, nonché una potenza esecutiva, in senso letterale, abbastanza notevole. E per completare il quadro, abbiamo un Ron Royce piuttosto riservato nei panni di frontman, ma con dinamica da vendere sul basso e una voce assolutamente immutata negli ultimi 25 anni (forse anche per il fatto di essere essenzialmente priva di timbrica e molto aspra, ma tant'è). Il sound a cui il gruppo ci sottopone è quello degli ultimi anni della carriera dei Coroner, quello più rotondo, pesante e in un certo senso industrial-oriented di Grin, o al più di Mental Vortex, ultimo disco del gruppo ad aver avuto una qualche parvenza thrash metal. L'accordatura più bassa, il basso molto alto così come la cassa e il rullante, nonché l'effetto, in tempo reale, di un sintetizzatore, rende l'esperienza sonora più pesante, intensa, nonché quasi ipnotica, sebbene di fatto inadatta a rendere adeguatamente i pezzi di R.I.P. (il debutto) o Punishment for Decadence, infatti tutt'altro che privilegiati nella scelta della scaletta.
Quest'ultima infatti propone diversi estratti da Grin, che salvo eccezioni è decisamente molto mid-paced, lineare nelle strutture, ripetute insistentemente in modo ciclico, e per questo quasi psichedelico (la title track lo è stata parecchio), in aggiunta a giochi di luci sul palco attraverso un fumo fittissimo. Altrettanto ripescati sono i pezzi di Mental Vortex, molto più tecnico sebbene raramente lanciato in velocità; mi sbilancio dicendo che sono proprio questi i pezzi più riusciti del set, adattandosi perfettamente al sound del gruppo ma anche mettendo alla luce il suo lato più tecnico, progressivo e studiato, con un'esecuzione fredda, apparentemente quasi distaccata, ma tanto precisa che poteva essere in playback. Sebbene sia evidente che il thrash non sia più né lo stile né l'aspirazione di Royce e Vetterli, sui pezzi di No More Color il carattere non manca, e il piglio veloce e intenso dei Coroner risulta ancora vivo e vegeto, facendo muovere il pubblico a dovere. Se dovessi invece considerare l'unica canzone estratta dal loro secondo album, che nello specifico è stata Masked Jackal, non posso omettere che lo stile di riff, continuamente sospeso tra la ritmica e l'assolo, la velocità e l'intensità sono state impagabili, ma d'altra parte il sound (accordatura e distorsione, per esempio) e l'attitudine della band risultavano evidentemente proiettate più avanti nella carriera della band.
Non manca il rituale saluto, luci spente e di nuovo sul palco, in questo caso per la doppietta Reborn Through Hate, direttamente dal 1987, e Die By My Hand, ambedue tra le più intense, veloci e sentite del set, per chiudere al meglio uno show che ha mostrato le molte sfaccettature di una carriera in continua evoluzione, di una band che non ha temuto di sperimentare crescendo da una base thrash in cui si distingueva per tecnica e talento compositivo, passando per un'evoluzione verso un sound più maturo e meno giovanile, fino alla pura sperimentazione delle loro ultimissime pubblicazioni negli anni '90, ma sempre mantenendo un carattere freddo, tagliente e decisamente personale.
SETLIST CORONER 1. Golden Cashmere Sleeper 2. Divine Step (Conspectu Mortis) 3. Serpent Moves 4. Internal Conflicts 5. D.O.A. 6. Son of Lilith 7. The Lethargic Age 8. Semtex Revolution 9. Tunnel of Pain 10. Status: Still Thinking 11. Metamorphosis 12. Masked Jackal 13. Grin (Nails Hurt)
---- Encore ----
14. Reborn Through Hate 15. Die by My Hand
THE CAGE, LIVORNO (LI), 07/02/2016
Commento a cura di Saverio Comellini "Lizard"
E’ una sera umida e piovosa quella che ci vede indirizzare la barra di navigazione verso Livorno, per una serata che si porta dietro un gran carico di aspettative. Prima volta al The Cage ed è giusto riconoscere che quella del locale sarà la prima nota positiva della serata. Il Teatro Mascagni di Villa Corridoni è infatti una struttura perfetta per questo tipo di eventi: sala ampia e ben posizionata, dai soffitti alti, offre una ottima acustica e il piano leggermente inclinato garantisce la visibilità del palco a tutti. Le casse sparano Divine Intervention degli Slayer e ci sono già diverse decine di persone quando arriviamo in loco, quasi a ridosso della prima esibizione. Nota leggermente negativa, ma comprensibile visto che si trattava dell’ultima data del minitour italiano, al banco del merchandising scopriamo che i CD sono praticamente tutti terminati (restano solo alcune copie di Grin) e stessa sorte l’hanno subita anche t-shirt e felpe delle quali restano solo le taglie più alte. Ma facciamo un passo verso il palco e, accompagnati dall’immancabile birra, ci dirigiamo incontro al primo gruppo della sera.
SOFISTICATOR
La prima cosa che si fa notare non appena la band fiorentina attacca a suonare è l’ottima acustica e il buon bilanciamento dei suoni, anche se inizialmente le due chitarre risultano un po’ confuse e in particolare per quanto riguarda Popi il problema non si risolverà in fase solista fino alla fine dell’esibizione. In compenso, il gruppo gioca in casa e per una volta questo è un vantaggio: il pubblico si accalca subito sotto il palco e partecipa attivamente all’esibizione. Il thrash della band si giova essenzialmente di una buona precision di esecuzione, tanta foga e tanta energia, che vanno a costituire il valore aggiunto di canzoni che tutto sommato non hanno granché da offrire, ma sono competenti e perfettamente pronte all’uso di aizzare gli astanti. Dissosator si dà un gran da fare, ma in effetti sembra ancora alla ricerca di un perché su palco e che non ci sia grande confidenza col ruolo lo si vede anche dall’assenza di un vero scambio col pubblico, pur composto da persone evidentemente ben predisposte. Ma alla fine è il collettivo ad emergere e i cinque danno fondo alla miccia corta, ottenendo ottimi responsi durante Burn the Steaks on the Fire. Mezz’ora precisa e i ragazzi salutano, tra gli applausi.
ACID DEATH
Compito decisamente più difficile invece per gli Acid Death. Il gruppo ellenico che ha fatto da spalla ai Coroner per tutto il minitour italiano infatti si presenta come vero e proprio outsider e non ci vuole molto a capire che praticamente nessuno dei presenti ha mai sentito una loro canzone. Una situazione che potrebbe sconfortare anche la band più solida, ma d’altra parte è anche vero che questi piccoli tour servono proprio per farsi conoscere da un pubblico mai toccata in precedenza. La band è composta da gente di esperienza e se è vero che le prime registrazioni risalgono al 1993, c’è da credere che situazioni del genere non saranno affatto nuove. Incuriosisce il fatto che i tre in prima linea assumano fisicamente ciascuno i caratteri originari del sound della band, con uno dei chitarristi che è palesemente un thrasher, l’altro che è palesemente un deathster e Sawas Betinis che col suo basso senza paletta si prende il ruolo del progster. Infatti, la musica della band può imprecisamente essere descritta come una sorta di ibrido tra thrash/groove e death/prog nel quale influenze di Sepultura, Pantera e degli stessi Coroner si fa sentire. Purtroppo, dal vivo la voce di Betinis risulta piuttosto monocorde e certo non aiutano linee melodiche del tutto inconcludenti e canzoni dalla costruzione decisamente faticosa e assai poco attraente, che funzionano nei singoli riff o nella evidente qualità tecnica di tutti I musicisti, ma poi nell’insieme non sembrano andare a parare compiutamente da nessuna parte. La reazione del pubblico è di conseguenza piuttosto assorta, si percepisce un po’ di freddezza e i vuoti nelle prime file sono evidenti, anche se poi tra un pezzo e l’altro non mancano gli applausi, anche grazie alla naturale simpatia di Betinis che cerca comunque di sollevare una reazione confessando di conoscere tre parole di italiano, delle quali una è “Livorno” e ringraziando ripetutamente il pubblico italiano per l’accoglienza nelle tre date. Alla fine, il bassista/cantante chiede a tutti di avvicinarsi al palco per la foto di commiato col pubblico alle spalle e per tutti è comunque un piacere salutare questa band che ha senz’altro un grande potenziale, ma ancora a livello di scrittura deve crescere per lasciare un segno. In ogni caso, l’umana simpatia ispirata ha vinto anche la resistenza dei più.
CORONER
Finora i tempi annunciati sono stati rispettati abbastanza alla lettera e i cambi palco sono andati via in maniera del tutto efficiente, tanto che rispetto alle undici annunciate per l’inizio del concerto degli headliner, il ritardo accumulato è minimo e alle undici e un quarto i Coroner sono sul palco. La band ripropone la formazione a quattro, con Diego Rapacchietti (che a fine concerto Ron Royce presenterà come "italiano", magari scherzando sul nome del batterista) a sostituire l’originale Markus Marky dietro le pelli e Daniel Stössel ad occuparsi dei sintetizzatori e dei vari loop industriali sparsi in particolare nel materiale estratto da Grin e negli inediti contenuti nella raccolta omonima postuma.
Sono proprio le note di Golden Cashmere Sleeper ad aprire le note del concerto e la magia esplode immediatamente. E’ semplicemente incredibile il feeling che questi musicisti riescono a sprigionare con un repertorio così rodato e tutto sommato ormai "datato", eppure ancora assolutamente attuale. Rapacchietti si è inserito in maniera esemplare nel tessuto della band e tecnicamente è di una pulizia notevole in passaggi intricati e complessi nei quali sostiene in maniera esemplare il lavoro di Royce e di un Vetterli semplicemente mastodontico. La perizia tecnica del chitarrista (e anche quella del bassista, a onor del vero) è semplicemente annichilente e di fatto le trame concepite in studio vengono rese in maniera perfetta, senza quasi sbavature e con un tiro e -lo ripeto- un feeling assolutamente stordenti. Serpent Moves ed Internal Conflicts sono due pezzi da novanta tratti da Grin e il pubblico è già caldissimo e partecipe, andando a riempire praticamente tutta la sala del The Cage. Royce è consapevole di avere per le mani un’audience asservita e non manca di scherzare chiedendo a tutti se sanno cosa significa l’acronimo D.O.A., ottenendo le risposte più disparate (la più gettonata, per la cronaca, è stata Dead or Alive), prima della esplosione del brano, sicuramente tra i più apprezzati della serata, assieme alla successiva Son of Lilith. Pur conoscendo a memoria la canzone, è impossibile non rimanere molto compiaciuti della resa di The Lethargic Age dal vivo: si tratta in effetti della composizione tutto sommato meno interessante di Grin, eppure la continua alternanza di accenti ritmici e la melodia del cantato (chiamiamola così) la rendono un brano perfetto da live. Il break centrale di Semtex Revolution e Tunnel of Pain, molto lungo e praticamente ipnotico, miete vittime tra il pubblico, fra quanti sono colpiti dalla glacialità della musica di questi chirurghi svizzeri e quanti non vogliono perdere un solo passaggio dei musicisti. Royce riprende fiato e ne approfitta per fare i complimenti agli Acid Death e ringraziarli per la simpatia e il calore dimostrati in questo breve tour italiano e dedica a loro la successiva, monumentale, Status: Still Thinking, nella quale Rapacchietti mette in luce le proprie qualità assolute andando a suonare una sorta di breve assolo conclusivo in controtempo rispetto alla ritmica ostinata tenuta da Vetterli e Royce. Grandiosi, niente da dire. Si avvicina il finale e tocca a Masked Jackal, unico estratto dallo splendido Punishment for Decadence e brano sempre presente nelle scalette della band, anche perché protagonista forse dell’unico video girato dalla band all’epoca. Si tratta ovviamente di una canzone che ci riporta al thrash ultratecnico più antico del gruppo, quello che molti non hanno mai dimenticato e che continua a fare scuola a fin troppe altre band prive di personalità e dedite esclusivamente ad uno stantio revival fine a se stesso. La setlist viene chiusa da Grin (Nails Hurt) con una ennesima esecuzione da cardiopalma condotta nel finale ossessivo e ripetuto, doppiato anche dalle luci bianche sparate e dalla mitragliata registrata finale. Da manuale e semplicemente da bocca aperta. La band non si risparmia e torna presto sul palco ringraziando più volte il pubblico, per il medley conclusivo di Reborn Through Hate, dal disco di debutto e Die By My Hand, opener di No More Color. Lo spettacolo si chiude così dopo un’ora e mezza, lasciando una platea annichilita e soddisfatta da tanta grazia. Come un gruppo del genere non sia universalmente annoverato tra i più grandi di tutti i tempi resta in mistero. Non si può negare infatti che gli svizzeri siano paradossalmente più amati ed apprezzati oggi di quanto non lo fossero venti anni fa e questo è davvero incredibile. Ad ogni modo, il contatto con l’aria umida della notte è quello che ci voleva per uscire dalla dimensione parallela alla quale siamo appartenuti nelle ultime ore e per cominciare immediatamente a commentare ancora increduli, come chi si sveglia da un sogno, quello che è stato un concerto indimenticabile. Se i Coroner dovessero tornare ancora in Italia, non mancate, è un consiglio da amico.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
22
|
@ilfrancese: assolutamente! Ho anche corretto il testo, infatti. |
|
|
|
|
|
|
21
|
@lizard . sei permaloso o cos'altro. evidentemente che ho letto che cosa hai scritto del tuo report, io ho fatto una precisazione rispetto a quanto hai scritto , evitandoti x una prossima volta di fare un altro piccolo errore. e' da sfatare il fenomeno che la critica sia confutazione o stroncatura , tale critica era solo bonaria. |
|
|
|
|
|
|
20
|
bei report. mi dispiace non esserci stato a Brescia. Li ho visti l'anno scorso e mi erano piaciuti un sacco. veramente bravi, precisi, grande atmosfera. Coroner grandiosi! |
|
|
|
|
|
|
19
|
Fredda glacialità è una definizione che in effetti mi ha fatto riflettere. Le orde scandinave hanno saputo giocare con abilità sull’aspetto ambientale per crearsi un aura di mistero e di fascino crudele (percepito ovviamente) che ha accresciuto il valore aggiunto di ogni loro prodotto. Una band come i coroner che vengono da un paese che fa venire in mente heidi e le mucche, ha pagato (a torto) in termini di popolarità la mancanza di un look intrigante e oscuro che ne aumentasse il fascino. I celtic frost, loro conterranei ispiratori, sono l’eccezione che conferma la regola perché, oltre alla musica oscura e affascinante, avevano quel look aggressivo, proto satanico, medievale, che ne ha invece alimentato il mito. I coroner non vengono quasi mai citati come influenza dalle band estreme recenti e probabilmente solo il massimo esperto di thrash old school al mondo (fenriz) sarà un loro die hard fan, però il loro capolavoro grin aveva già i germi di quel suono black chirurgico che verrà glorificato da album come rebel extravaganza (sentire filthgrinder vs internal conflicts) o i mayhem di grand declaration. |
|
|
|
|
|
|
18
|
Troppo buono jek... parliamo di una band che nella sua fredda e spietata glacialità, ha sempre saputo suscitare emozioni profonde, almeno per me. Ammetto spudoratamente di seguirli con amore incondizionato da ormai venticinque anni e poterli vedere dal vivo tre volte in questi ultimi cinque anni è stata una fortuna nella quale non speravo più  |
|
|
|
|
|
|
17
|
Bei report ma devo fare in particolare i complimenti per la descrizione del concerto dei Coroner fatta da @Lizard tra i migliori report letti su Metallized. |
|
|
|
|
|
|
16
|
@The Nightcomer si certo, ma io capisco benissimo, le varianti e le problematiche anche dell'ultimo momento sono tantissime, la mia era una considerazione che riguardava solo me, poi ognuno si regola come meglio crede, ci mancherebbe. I Coroner sono una band che ho amato tantissimo da "giovanotto", un giorno mi piacerebbe poter andare a vederli, questa data sinceramente l'avevo vista tempo fa, ma poi me ne sono del tutto dimenticato. Prochaine fois. |
|
|
|
|
|
|
15
|
Elluis, in passato avrei agito anch'io come te, ma ora devo tenere conto di varie cose... I tempi cambiano, e quando si aggiungono situazioni che costringono ad agire di conseguenza, volenti o nolenti occorre tenerne conto. Comunque nella vita non si può mai dire... Spero solo che i Coroner tornino nel nostro paese in un momento per me migliore. Intanto questo report mi ha invogliato non poco a vedere un loro concerto...  |
|
|
|
|
|
|
14
|
In effetti il luogo di nascita vuol dire tutto e niente. Anche un mio collega ha nome e cognome napoletani cresciuto al sud e trapiantato al nord ma con luogo di nascita in Germania. Ma non è tedesco |
|
|
|
|
|
|
13
|
@ilfrancese: ho riportato esattamente quanto detto da Ron Royce quando lo ha presentato. Magari scherzava per via del nome. Spero non sia l'unica cosa che hai notato del report. |
|
|
|
|
|
|
12
|
Infatti. Anche marco foddis dei pestilence era olandese. E sappiamo anche che il chitarrista si chiama vetterli ma becca meglio Tommy t. Baron come becca meglio tom g. Warrior rispetto al recente tom Gabriel Fisher |
|
|
|
|
|
|
11
|
Diego Rapacchietti è francese e non italiano. |
|
|
|
|
|
|
10
|
nemmeno io. Da almeno 5 anni a questa parte i concerti me li vado a vedere sempre da solo perché cambiando città di residenza ho piano piano perso i vecchi contatti, inoltre anche ai vecchi tempi ci sarebbe sempre stato qualcuno che si tirava indietro o perché non gli piaceva il gruppo oppure per i cazzi suoi. Recentemente ad esempio sono andato solo a imola per gli acdc, ad assago per gli scorpions, a verona per i kiss, a brescia per i testament, e sempre comunque nell’ordine di max 120 km da casa che è di fatto la distanza da milan rock city ed è un limite che mi sono dato io. Brescia non era lontana ma andare d’inverno, passare il po con sempre l’incognita nebbia ed aspettare fino alle 24 per i coroner mi ha fatto passare la voglia. Sinceramente entrare da solo in un locale al chiuso a un orario normale e dovermi sorbire qualche ora di martellamento prima di vedere quello che mi interessa mi beccava malissimo. D’estate è diverso tipo a luglio per i nuclear a reggio emilia dove ero andato a cazzeggiare dentro e fuori già dal pomeriggio. Poi se proprio devo dirla tutta i concerti d’inverno mi fanno schifo. Mi piace sentirmi libero, in maglietta, e se il locale è imballato si scoppia dal caldo e ti tocca stare con il giubbotto sulla spalla se non vuoi fare la sauna (e poi la fai lo stesso se c’è ressa), oppure entrare leggero rischiando di beccarti un accidente prima o dopo per lo sbalzo di temperatura (come successo a dicembre per gli europe). Aspetto il prossimo giro sperando rimangano in circolazione. |
|
|
|
|
|
|
9
|
Io non mi sono mai fatto problemi ad andare da solo ad un concerto: è capitato più di una volta, ma non mi ha mai pesato, sia quando i km sono 30, sia quando sono stati 470 (tra andata e ritorno) per andare a vedere i Motorhead+Extrema a Piazzola sul Brenta, o l'estate scorsa che me ne sono fatti circa 360 km dal luogo di villeggiatura dov'ero a Castellina M.ma per vedere i Biohazard. Se ho proprio voglia di andare ad un concerto o evento ci vado, la distanza non l'ho mai ritenuto un problema. |
|
|
|
|
|
|
8
|
Ero certo che avreste pubblicato questo live report, che non sapevo neanche se leggere da quanto forte è la delusione per aver perso i Coroner. Li seguo dal disco di debutto e non li ho mai visti suonare dal vivo. Tino Ebe, capisco perfettamente quello che intendi, anche nel mio caso le cose sono andate più o meno così, solo che avrei dovuto farmi 241 km di sola autostrada, senza contare quelli per arrivarci all'autostrada e quelli fisiologici dal casello al locale... Improponibile, pensando anche al forfait di un amico (in origine avremmo dovuto essere in tre), all'ora di inizio dei Coroner (sarei andato solo per loro, inutile negarlo) e ad altri particolari più o meno rilevanti al fine della scelta, compresi quelli meramente economici. Non è la prima volta che rinuncio ad un concerto per via di queste situazioni (ho perso i Morbid Angel nell'anniversario di Covenant, Satan e Angel Witch, tanto per citare gli ultimi che mi vengono in mente, tutti in locali per me quasi irraggiungibili) e, dulcis in fundo, dalle mie parti non c'è quasi speranza di avere un'opportunità simile... Mi sa che dovrò rassegnarmi a sbavare sui live report fatti da altri se le cose continueranno così... Sigh!  |
|
|
|
|
|
|
7
|
Vetterli uno dei più grandi chitarristi thrash..... |
|
|
|
|
|
|
6
|
Bellissimo concerto, Coroner mostruosi come sempre. Non male anche gli Acid Death, sebbene a me la voce non piace sanno suonare alla grande. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Leggere le scalette e vedere i bootleg sul tubo delle loro performance mi ha fatto stare male perché sono una delle band più geniali della storia, li seguo dal primo disco e ahimè non ho mai visto da lvivo. Mi fa stare male perché sono stato in forse fino alla mattina della serata di brescia poi ho gettato la spugna. Hanno giocato a sfavore i 120 km di distanza da fare andata e ritorno da solo per mancanza di conoscenti, la stagione invernale (odio i concerti in inverno per motivi di praticità), il sabato sera da non passare con la compagna (ma quello era il meno…), ma alla fine quello che mi ha fatto mollare è stato quando ho visto che gli svizzeri si sarebbero esibiti alle 24. Sinceramente la scena non me ne voglia ma non ho voglia di sorbirmi roba che non conosco e non ho voglia di conoscere fino a mezzanotte. Peccato, occasione sprecata, da aggiungere anche quella di luglio per i sacred reich che mi perderò per motivi maideniani. Fortuna per chi è andato. |
|
|
|
|
|
|
4
|
@Third Eye: questa è l'impressione che mi sono fatto dal vivo. Nulla toglie che su disco, nella dimensione dell'album, le impressioni possano essere diverse. A me è sembrato un gruppo musicalmente avvolto su se stesso, con ottimi spunti ma nel complesso brani che non hanno uno sviluppo e non sanno dove andare a parare. Naturalmente, impressione mia. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Coroner che band!! No more colors, Mental vortex, Grin album spettacolari, anch`io spero che realizzino un`altro disco |
|
|
|
|
|
|
2
|
Quand’ho letto che gli Acid Death hanno “senz’altro un grande potenziale, ma ancora a livello di scrittura deve crescere per lasciare un segno” sono rimasto, a dir poco, perplesso. Mah! Non conosco la direzione che hanno preso dopo la reunion (non avendo ancora ascoltato le opere più recenti) ma ho invece un ottimo ricordo dei primi dischi… |
|
|
|
|
|
|
1
|
ma si sa se i Coroner faranno altri album? |
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|
|