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INCANTATION + DEAD CONGREGATION - Elyon, Rozzano (MI) - 16/07/2016
22/07/2016 (1838 letture)
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Assenti sui palchi italiani dal tardo 2013, i leggendari Incantation da New York sono tornati a reclamare la loro sovranità sul death metal in un afoso Sabato a Rozzano, assieme alla rivelazione degli ultimi anni, i Dead Congregation dalla grecia. Ecco il resoconto delle loro esibizioni!
DEAD CONGREGATION Da diversi anni presenza costante sui palchi internazionali, difficilmente chiunque abbia a che fare più o meno seriamente con il death metal, oggi, non sarà mai incappato nei Dead Congregation, pressoché univocamente destinatari del titolo di migliore rivelazione death metal degli ultimi anni, grazie a già tre conferme discografiche solidissime (l’ultima l’acclamatissimo Promulgation of the Fall due anni fa) e un’innegabile supremazia del vivo: tecnica esecutiva affinata e notevolissima intensità corredano egregiamente l’effetto già di per sé annichilente che ha il loro death metal, imbevuto della vecchia scuola newyorkese, con richiami importanti a Immolation e Incantation, con i quali si sono confrontati questa sera. Riff oscuri e sempre convincenti, un drumming velocissimo ma che lascia anche spazi molto ampi alla cadenza e alla solennità, pezzi unilateralmente lanciati verso l’essenza più indomita del genere nella sua coniugazione classica: questi sono gli ingredienti del plotter. Anche grazie alla loro intensissima attività dal vivo, è raro che non trovino un pubblico di affezionati più o meno ovunque vadano, e in particolare l’Elyon, oggi riempito per lo più dai veri aficionados del death metal old school, reagisce con calore, sudore e aggressività al massacro condotto dal quartetto greco. Tra i pezzi più violenti del set si annoverano Only Ashes Remain, opener del loro ultimo lavoro discografico, Vomitchrist dal loro EP di debutto e, in chiusura, Teeth Into Red dal loro primo full-length Graves of the Archangels, che presentano il lato più estremo della proposta del gruppo, laddove l’amalgama musicale si fa forsennato e la coesione tra i musicisti si rende indispensabile, mostrando uno dei punti dei forza dei Dead Congregation.
INCANTATION Assenti sui palchi italiani dal tardo 2013, i leggendari Incantation da New York sono tornati a reclamare la loro sovranità in questo afoso Sabato a Rozzano. Sicuramente parole di presentazione non servono per introdurre uno dei gruppi più influenti nella storia del genere, rispetto al quale loro sono i padrini dell’oscurità abissale, del fango declinato in musica, del malsano. Difficile pensare a qualsiasi estremizzazione del genere in tale direzione senza passare dalle creazioni di John McEntee, che denotano non solo un notevole talento compositivo, ma anche una certa complessità strutturale che unitamente al gutturale profondo e alle chitarre più marce degli anni ’90, rendono la proposta degli Incantation non così facilmente accessibile, tanto che il gruppo, pur rappresentando di norma il punto di riferimento assoluto per i maniaci del genere (quale io che scrivo) hanno per il resto sempre mantenuto un profilo piuttosto underground. Per festeggiare i 25 anni di attività (o meglio ormai 27, come ricorda McEntee), il quartetto statunitense si propone di aggiungere qualche chicca al loro show, presentando per esempio l’inedita Obelisk Reflection dal 12” fatto uscire l’anno scorso per festeggiare il quarto di secolo speso al servizio dell’orrore e del disgusto, o rispolverando alcuni pezzi passati, non propriamente da annoverarsi tra i più attesi o prevedibili. Tra questi c’è per esempio Nocturnal Dominion, una delle tracce più soffocanti del di per sé immondamente oscuro Mortal Throne of Nazarene, la quale non veniva suonata proprio dal tour di supporto dell’album nel lontano 1994. Oppure ancora abbiamo l’occasione di sentire Deliverance of Horrorific Prophecies, che ha dato il titolo al loro iconico 7” con i due scheletri in preghiera, e che si trova anche sul loro celeberrimo debutto Onward to Golgotha del 1992. Notevole è anche la scelta di proporre Ethereal Misery, altro pezzo molto riuscito, questa volta dal loro terzo album Diabolical Conquest. Queste si alternano, chiaramente, ad una serie di (innegabilmente più attese e meglio accolte dal pubblico) “immancabili” quali Ibex Moon, Impending Diabolical Conquest e Profanation nell’encore, e altri estratti della loro praticamente sempre brillante carriera. Come da abitudine del gruppo, l’esecuzione è molto coesa e tremendamente intensa, laddove il muro chitarristico è veramente aspro, tormentato e annichilente, accompagnato dal drumming (ormai un trademark) di Kyle Severn, che dà il giusto slancio ai pezzi impietosamente veloci, e una pesantezza inimmaginabile alle sezioni più lente, che sono in un certo senso la specialità del gruppo. Il growl di McEntee è gutturale e marcescente, e sebbene lo sia meno di quello di Pillard (cantante dei primi due dischi, e attualmente dei Disma) risulta comunque eccellente su ciascuno dei pezzi, e anche piuttosto ben scandito, che non è certo cosa da poco su questi registri bassi. Anche in questo caso la risposta del pubblico è stata molto calorosa, anche se in un certo senso meno fisica di quella mostrata con i Dead Congregation, forse per il taglio più cupo degli Incantation, forse per il po’ più di alcool in circolo verso la tarda serata… In ogni caso, suppongo nessuno si sia potuto dire insoddisfatto!
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