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26/04/25
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NETHERLANDS DEATHFEST 2017 - DAY 3 - Poppodium 013, Tilburg, 5/3/2017
14/03/2017 (1366 letture)
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CORPSESSED
L'ultimo dei tre giorni sembra presentare la tabella di marcia più serrata, a discapito della notevole stanchezza accumulata. Nel primo pomeriggio si inaugura questa giornata finale con il concerto dei finlandesi Corpsessed, dediti a una versione appesantita del death metal connazionale (Abhorrence, Purtenance su tutti) che ricorda per pesantezza Funebrarum e Disma, con cui condividono anche le numerose parti più doom oriented. Il suono delle chitarre è letteralmente gigantesco, e anche i pezzi risultano ben costruiti e accattivanti, con una vera propensione all'oscurità che rende il tutto un po' ripetitivo ma comunque molto ben apprezzabile sui 30 minuti previsti di esibizione.
GOD MACABRE
Primo nome letteralmente di culto della giornata: questo monicker, attivo tra la fine degli anni '80 (dapprima come Macabre End) e l'inizio degli anni '90, non è da annoverarsi tra i più longevi della feconda scena swedish death metal, ma ha lasciato il segno con celebrato (o meglio forse, riscoperto e poi celebrato) debutto discografico The Winterlong, peraltro il loro unico full-length. Forse sulla scia del rinnovato interessamento generale per gli anni d'oro della scena di Stoccolma, delle ristampe del loro album e di altro (poco) materiale inedito, tre dei membri originali della formazione (rispettivamente basso, chitarra ritmica e voce) uniscono le forze con il batterista dei Vomitory (ora Cut Up e Nifelheim) e un valido solista per riportare dal vivo il loro materiale, sufficiente a riempire completamente il set da poco più di 40 minuti previsto per loro. Trademark del gruppo è l'unificare ritmiche di matrice hardcore (ancor più accentuato rispetto all'intero loro filone, il che è tutto dire!) e sezioni prettamente doom, con un notevole impiego di melodie chitarristiche. Come previsto, viene riproposto l'intero The Winterlong, l'intero EP Consumed By Darkness dei Macabre End (la loro prima incarnazione, come dicevo) e c'è tempo per una cover classica di The Day That Man Lost del periodo demo dei Carnage.
SETLIST GOD MACABRE
Teardrops
Ashes of Mourning Life
Into Nowhere
Lost
Ceased to be
The Day Man Lost (Carnage cover)
Spawn of Flesh
Life's Verge
In Grief
PSEUDOGOD
Gli Pseudogod, formazione black/death russa, hanno guadagnato un ruolo di rispetto nell'underground in seguito ad un fornito palmares di pubblicazioni, tra cui un full-length per Kult Records qualche anno fa, Deathwomb Catechesis, lavoro di notevole spessore che incontrerà probabilmente il consenso di fan di gruppi come Teitanblood, Grave Miasma o Wrathprayer - un plotter caotico, molto oscuro ed intenso. La comprensibilità dei riff in sede live non è del 100%, ma si riconosce un certo gusto per l'orrido nell'avanzare dei pezzi, e come spesso succede sono proprio le aperture più lente a darne conferma. Ad onor del vero, la loro esibizione conta anche un numero veramente notevole di astanti interessati.
GRAVE MIASMA
Ritenuti dal sottoscritto tra i migliori rappresentanti del genere del nuovo Millennio, i londinesi Grave Miasma vantano una discografia eccezionale e un'interpretazione del genere molto personale, in cui riff veramente geniali e melodie uniche si fondono in un inferno di riverberi e atmosfere mistiche. Dal vivo, risultano precisi ma intensi, ed estremamente adatti al palco, su cui si mostrano sicuri e grintosi - le calate europee del gruppo non sono poi cosa comune, ma l'esperienza guadagnata in questa decina d'anni di attività (senza contare gli anni più bestiali dei Goat Molestor, la prima incarnazione del gruppo) si fa notare subito. Il set pesca abbastanza equamente da tutti i loro lavori, con uno spot di riguardo per l'ultimo e riuscitissimo Endless Pilgrimage. Risulta particolarmente degno di nota il lavoro chitarristico (uno dei due axeman è ora coinvolto anche nei Destroyer 666, ed era membro fondatore dei Cruciamentum). Sacrifico giusto gli ultimi minuti per passare al palco principale dove si stanno per esibire un altro gruppo di inglesi che risponde al nome di Cancer.
CANCER
I Cancer non possono che essere presentati che come uno dei pionieri del death/thrash europei, nonché tra i primi del continente ad aver registrato oltreoceano al Morrisound Studio di Scott Burns, avvicinandosi (anche stilisticamente) ai vari Death, Massacre, Obituary… Non capita spesso di vedere una realtà del passato, specie di una certa caratura, che si sia riformata ricongiungendo tutti i propri membri storici, ma sul palco ci sono proprio i tre fondatori del gruppo, nonostante gli anni trascorsi, i molteplici scioglimenti e reunion. E c’è da aggiungere che sono ben incazzati, e che (per citare lo stesso John Walker, chitarra e voce) “data l’età, di domenica pomeriggio potremmo star guardando la TV, e invece fanculo alla televisione!”. L’esecuzione è molto precisa ed estremamente fedele all’originale, e i suoni del placo fanno il loro dovere magnificamente. La scaletta è, come presumibile, composta da soli classici dalle pietre miliari che hanno reso celebri i Cancer: To The Gory End e Dead Shall Rise. Non si può esattamente dire che lo stile del gruppo sia esattamente esplosivo, trattandosi spesso di pezzi ancora distintamente thrash, con molti mid-tempo e un drumming senza lode e senza infamia, e lo dico conoscendo bene (ed apprezzando molto) entrambi i classici citati – per cui è abbastanza normale che il pubblico non impazzisca come avrebbe fatto a breve con i Demolition Hammer, a cui peraltro gli inglesi dedicano uno dei pezzi. Considerazioni stilistiche a parte, l’esecuzione è proprio quella che si aspetterebbe ogni fan del gruppo (specie quella chitarristica, ritmica o solistica -in alternanza- che sia), e infatti non restiamo delusi, se posso parlare a nome di tutti.
SETLIST CANCER
C.F.C.
Witch Hunt
Death Shall Rise
Into the Acid
Tasteless Incest
Die Die
To the Gory End
Blood Bath
Burning Casket
Hung, Drawn and Quartered
CONVULSE
Nonostante il mio amore per il loro album di debutto World Without God (per non menzionare il precedente demo Resuscitation of Evilness), lo show dei Convulse mi ha lasciato in preda a sentimenti discordanti. Dopotutto dopo l’exploit d’esordio il gruppo non replicò mai stilisticamente né qualitativamente il disco prima citato, né prima né dopo lo scioglimento e la recente reunion (successivamente alla quale le pubblicazioni sono state piuttosto deludenti). Tutto inizia regolarmente con una manciata di pezzi dal repertorio classico, che vengono eseguiti piuttosto fedelmente, seppur non con lo stesso sound fangoso di quella produzione, ma è tutto sommato qualcosa di trascurabile rispetto alla sezione centrale del set, in cui propongono diversi pezzi dalle produzioni odierne, che risultano in un mix di sbigottimento e delusione generale – soprattutto davanti ai riff inconsistenti e alla jam heavy/rock di intermezzo totalmente inappropriata per un concerto death metal. Prima che possano chiudere il set con un altro paio di classici del primissimo periodo, però, la quasi totalità degli astanti si è già allontanata (anche in vista dell’imminente inizio dei Demolition Hammer) lasciando un vuoto sconsolante sotto al palco, davanti al quale i Convulse se ne vanno senza dilungarsi ulteriormente.
SETLIST CONVULSE
World Without God
Blasphemous Verses
Inner Evil
Cycle of Revenge
God Is You
Putrid Intercourse
Incantation of Restoration
DEMOLITION HAMMER
Quello del quartetto thrash newyorkese risulta essere a mani basse lo show con più presenze di tutto il festival (benchè non possa giurarlo non avendo nemmeno intravisto quello di Abbath, ma sarei comunque pronto a scommetterlo). A tutti gli effetti, si tratta (ancora a mani basse) anche di quello più hardcore in termini fisici. Avevamo già avuto modo, lo scorso Settembre a Trezzo, di accertarci che Steve Reynolds e soci abbiano ancora rabbia da vendere (davvero fin troppa!), ma in occasione di questo Netherland Deathfest vediamo i Demolition Hammer veramente carichi come una molla sfoderare un set letteralmente perfetto e tra i più violenti nel weekend (il che è un buon successo, considerando che si tratta di un gruppo thrash in un festival prettamente death metal e grind). La coppia Reilly/Sykes è letteralmente inarrestabile, e tra un accorgimento e l’altro per salvarsi le ossa, ci si può godere un set di classici da Tortured Existence ed Epidemic of Violence, mentre tra le canzoni Steve incita tutti al massacro con un linguaggio che risulta fin troppo esplicito anche per un concerto metal! Un plauso dovuto va anche al batterista, che riempie il vuoto lasciato da Vinny Daze con estrema competenza, e se servisse dirlo, con un tiro formidabile che rende pezzi come Aborticide o Infectious Hospital Waste praticamente impareggiabili. Semplicemente grandiosi!
SETLIST DEMOLITION HAMMER
Skull Fracturing Nightmare
Neanderthal
Epidemic of Violence
Hydrophobia
Carnivorous Obsession
Infectious Hospital Waste
Aborticide
Human Dissection
.44 Caliber Brain Surgery
DEAD INFECTION
I Dead Infection sono un altro pezzo di storia del grindcore in Europa. Tra i primi (e pochissimi) gruppi polacchi ad essere emersi all’attenzione dell’underground globale a inizio anni ’90, il loro debutto Surgical Disembowelment è un vero e proprio pioniere del goregrind – pieno di riff eccellenti, vocals digustose e velocità per ogni palato. Oggi il batterista rimane l’unico membro fondatore presente in formazione, ma lo spirito resta immutato: sezioni lanciate a mille, vocals gutturali senza lyrics, parti groove a detta loro “danzerecce” e titoli vomitevoli. Tra i molti pezzi proposti, per lo più quelli recenti, spiccano però nettamente gli estratti dall’album di debutto, presentati alla buona dal cantante che a quanto pare sa solo una manciata di inglese: culto assoluto! A conti fatti, l’esibizione è estremamente aggressiva, divertente ed esecutivamente molto competente (a differenza di tanti che imitano questi pionieri del genere pensando che basti un po’ di blast beat, qualche breakdown e riferimenti sessuali fecali per suonare goregrind). I polacchi invece mostrano da sempre gusto compositivo, un certo umorismo macabro e un fascino per l’orrido, musicale e non, che rivive nella stramberia dei personaggi che hanno militato nelle varie formazioni associate a questo monicker.
TRIPTYKON
Attuale creatura musicale di Tom G. “Warrior” Fischer, fondatore di Hellhammer e Celtic Frost, i Triptykon sono uno dei gruppi che ha maggiormente riscontrato l’apprezzamento del pubblico metal negli ultimi anni, grazie a due uscite discografiche particolarmente ispirate, che proseguono il discorso musicale eclettico dei Frost in una direzione che riprende il loro ultimo lavoro Monotheist: fondamentalmente un plotter doom metal con marcate tracce più estreme e numerose incursioni darkwave, lirico-sinfoniche (come spesso nella carriera di Warrior) o sperimentali. Quasi mi lascia interdetto che il telone raffigurante una gigantografia di Satan I di H.R. Giger, ai più nota come la copertina di To Mega Therion, che i Triptykon sembrino volersi presentare come l’attuale incarnazione dei Celtic Frost – da una parte perché non credo ne abbiano il diritto, benchè condividano lo stesso mastermind, dall’altra parte perché sono una delle poche nuove band ad avere un propria identità e dignità che non vivono all’ombra del passato a dir poco illustre che le ha antecedute.
Considerazioni a parte, apprezzo molto che però alcuni dei pezzi classici del periodo Hellhammer/Celtic Frost vengano riproposti nei set dei Triptykon, soprattutto con una certa reinterpretazione, più funerea, che rende in particolare l’opener Procreation of the Wicked assolutamente monolitica, anche se non ci si sarebbe aspettato fosse necessario. I pezzi inediti di questo relativamente giovane monicker svizzero sono grandiosi dal vivo, e sebbene siano per lo più selezionati per aggirare le evidenti difficoltà di riportare dal vivo certi pezzi più sperimentali, preferendovi quelli più oscuri e diretti, in occasione di un set per così dire “completo”, non mancano anche momenti molto più riflessivi e tetri. Inutile dire che gli unici momenti fisicamente impegnativi del concerto sono stati proprio Circle of the Tyrant e l’inattesa ma a dir poco apprezzatissima Morbid Tales, che Tom Warrior presenta con: “Ecco un pezzo che è quasi tanto vecchio quanto lo sono io”, in uno dei rarissimi slanci verbali tra un pezzo e l’altro.
SETLIST TRIPTYKON
Procreation (of the Wicked)
Goetia
Ain Elohim
Tree of Suffocating Souls
Circle of the Tyrants
Aurorae
Altar of Deceit
Morbid Tales
HOODED MENACE
Si continua con i down-tempo con i finlandesi Hooded Menace, formazione doom/death rispettatissima e tutt’ora in forte ascesa. Quello che mi piace di loro è che non sono propriamente una band death metal con un taglio lento, per cui doom, ma piuttosto il contrario, specie sui lavori più recenti: il taglio dei riffing è puramente doom metal, mentre sound e vocals estremizzano il plotter musicale portando a un risultato veramente d’eccezione. Anche dal vivo mostrano un potenziale invidiabile, anche se personalmente non condivido la scelta del loro attuale vocalist live – quando li avevo visti l’ultima volta, la voce del loro bassista (e da sempre loro cantante, sia live che in studio – dove lo è tutt’ora) mi era sembrata molto convincente, mentre quella del performer odierno mi pare troppo poco gutturale, scarsamente evocativa e meno incisiva, sebbene non sia un grande handicap per il concerto dei finnici in questione. Aggiungerei anche che le sue movenze esasperate e il machismo manowariano fanno a pugni con il resto degli strumentisti, noti per una presenza scenica impostata e solenne, nonché per la tradizione di esibirsi con il cappuccio. Tornando al lato prettamente musicale, l’unico di cui dovremmo interessarci, la prestazione batteristica risulta veramente intensa, e i suoni del second stage sono ancora una volta vincenti nello sbrandellare quello che rimane dei miei timpani, facendoci godere a pieno di tutte le frequenze.
IMPALED
Dopo aver by-passato lo show di Abbath solista in favore di un salto al Kentucky Fried Chicken, a testimonianza di quanto poco creda in questa sorta di ritorno sulle scene dopo gli anni degli Immortal (che fortunatamente non si erano mai inflazionati né erano caduti nei teatrini scenici che sembrano ora andare per la maggiore), mi appresto a chiudere il festival con il ritorno in Europa, dopo forse 9 anni di assenza, degli Impaled, tra i più noti e apprezzati esponenti del death metal patologico. La band è stata da sempre accostata ai Carcass, secondo criteri più o meno condivisibili: a tutti gli effetti, gli statunitensi hanno ereditato dagli inglesi moltissimo – l’iconografia, le tematiche, l’idea di accostare goregrind e death metal melodico, lo stile solistico… - ma si distinguono nettamente dai copycat degli anatomopatologi di Birmingham grazie a una discografia sinceramente ispirata, ricchissima di idee perfettamente realizzate grazie a una preparazione tecnica di prim’ordine.
Dal vivo sono letteralmente portentosi, con un’attitudine scenica da purosangue del death metal anni ’90 e una precisione esecutiva di rara maestria. Impagabile poi scoprire che avrebbero suonato interamente (ed esclusivamente) il loro classico album di debutto The Dead Shall Dead Remain, la cui line-up è ancora riunita ad oggi sotto il monicker Impaled e pronta a sudare sul second stage dello 013. Indimenticabili risultano anche le presentazioni del bassista e voce gutturale Ross Sewage, membro fondatore sia di questo gruppo che degli Exhumed, con cui si era esibito due giorni prima – se contiamo anche l’esibizione dei Ghoul il sabato (side project mascherato degli Impaled dalle tinte crossover thrash/death, purtroppo sovrappostosi agli irrinunciabili Cianide), Ross ha suonato ben 3 show a questo giro, facendo fruttare i propri biglietti aerei. In particolare ricorderei: “Tilburg! Voi odiate dio? Odiate la religione?” – ovvia risposta affermativa da parte del pubblico – “Vaffanculo! Noi siamo una band molto religiosa; infatti crediamo nell’immacolata defecazione”.
SETLIST IMPALED
Fæces of Death
Flesh and Blood
Trocar
Spirits of the Dead
Immaculate Defecation
Fæcal Rites
Back to the Grave
All That Rots
Gorenography
Blood Bath
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Contento per i Demolitio Hammer...davvero hanno pochi rivali dal vivo nel genere. Dei miti. |
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