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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Continuum - The Hypothesis
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( 2269 letture )
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Per capire cosa facciano, da dove provengano e sotto quale etichetta stiano i Continuum, basterebbe dare uno sguardo alla copertina (disegno, colori) al logo, al titolo del disco ed ai titoli dei brani. Non servirebbe neanche star lì a vedere chi siano i musicisti, perché tutto ciò basta e avanza a far capire di cosa stiamo parlando. Nati come una sorta di “super gruppo”, i Continuum sono composti da membri di Son of Aurelius, Decrepit Birth, Arkaik, Deeds of Flesh, Animosity e Flesh Consumed. Con musicisti di questo calibro provenienti dai gruppi elencati, è scontato dire che The Hypothesis sia il classico album technical death marchiato Unique Leader.
Da subito si viene gettati in un turbinio di note e controtempi che la faranno da padrone per tutta la durata del disco. Le influenze musicali arrivano principalmente dai progetti in cui milita il bassista/chitarrista Ivan Munguia (Arkaik, Deeds of Flesh), e perché no, anche dai Disavowed di Stagnated Existence. Non aspettatevi però di avere a che fare con le complesse strutture degli Arkaik (pur essendone influenzati per forza di cose), con il gusto melodico degli ultimi Decrepit Birth, con il sound marcio dei Flesh Consumed o con il taglio progressive degli ultimi Son of Aurelius; i musicisti infatti si gettano in un technical death metal “meno elaborato” e più immediato, complice anche una durata complessiva che si aggira sui 32 minuti con brani che si assestano sui 2 minuti di durata. È sicuramente un aspetto positivo, poiché nonostante si abbia a che fare con composizioni ricche di virtuosismi e tecnicismi funambolici, il disco scorre facilmente riuscendo a non risultare tedioso o troppo stravagante. Il problema è che a differenza dei lavori realizzati con i loro gruppi, The Hypothesis è un disco troppo generico. È un album che non ha nulla di particolare o caratteristico, ma anzi rientra in quel marasma di gruppi simili a loro che da tempo affollano la scena. Sono 32 minuti piuttosto anonimi, che salvo qualche momento non trascinano come dovrebbe fare un album simile; le cascate di sweep picking, i blast beat e i controtempi repentini non lasciano alcun segno, e dispiace dirlo, perché dai musicisti coinvolti ci si sarebbe aspettato di più. Un disco che quindi vive di momenti e non proprio di brani; proprio per questo viene difficile dire quali possano essere le composizioni più significative, ma nonostante questo qualche passaggio riuscito lo abbiamo in The Epiphany, The Awakened Creator e A Surreal Descent. L’unica traccia che ha veramente qualcosa di caratteristico è la conclusiva The Steppes to Ascension, in cui il gruppo si getta in un pezzo di 9 minuti interamente costruito su due riff giocati su controtempi e piccole variazioni.
Anche prendendo The Hypotesis come un disco senza troppe pretese e considerandolo come un album buono per una mezz’oretta senza pensieri, è veramente difficile premiarlo; se proprio dovessimo prenderlo così, dovremmo confrontarlo a lavori riusciti comunque meglio. Resta poi da chiedersi per quale motivo il gruppo si classifichi progressive death metal, in quanto di progressive, non ve ne è nemmeno l’ombra. Un disco che a parte pochi momenti, non regge il confronto con i lavori dei gruppi principali dei membri e che, se paragonato ad altre uscite tech death (anche semplici ed oneste, non per forza capolavori) dell’ultimo periodo, suona decisamente sottotono.
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Il bassista non è Munguia ma Willbrand resta comunque una band inutile come poche |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hypothesis: A Profound Discovery 2. The Epiphany 3. Hypothesis: Evolution 4. Absolute Zero 5. The Awakened Creator 6. Wasps In the History of the Weak 7. Perspective 8. Where the Worlds Were left 9. A Surreal Descent 10. The Steppes to Ascension
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Line Up
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Riley McShane (Voce) Chase Fraser (Chitarra) Ivan Munguia (Chitarra) Nick Willbrand (Basso) Spencer Edwards (Batteria)
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RECENSIONI |
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