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27/04/25
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Shotgun Justice - State of Desolation
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13/02/2016
( 1726 letture )
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In attività dall’anno di grazia 2003, i tedeschi Shotgun Justice sono uno di quei gruppi che, sostanzialmente, si propongono di restare nel solco della tradizione della N.W.O.B.H.M. e comunque dell’heavy classico, pur inserendo elementi terzi. La cosa, come vedremo, ha i suoi pro, ma spesso anche parecchi contro. Non escludendo affatto influenze hard rock e mostrando anche una certa propensione per la melodia, per la ricerca di ritornelli di buon effetto conditi da un gusto solennemente epico e per la scrittura di testi presentati come “critical and provoking lyrics”, gli Shotgun Justice mostrano su questo terreno il loro lato migliore. Questo, però, non basta a mascherare dei limiti evidenti, dipendenti da fattori che analizzeremo nel paragrafo seguente.
Fin dal primo ascolto, a colpire per alcuni suoi aspetti negativi è la qualità della registrazione. Questa, se mostra un’attitudine decisamente old-school che risulta in focus con la proposta musicale, evidenzia anche una batteria connotata da un fastidiosissimo “effetto click” sulla cassa, che la rende addirittura irritante. Oltre a ciò, il cantante Marco Kräft, presentato come proveniente da anni di educazione classica, sembra sopravvalutato. Almeno in base a questa dichiarazione. Questa seconda pecca si lega poi ad un ulteriore problema che affligge State of Desolation, della quale ci occuperemo in seguito. Dopo l’intro Proclamation of War, il primo pezzo, intitolato Blood for Blood, mostra una band piuttosto decisa a proporre un heavy anni 80, roccioso e convinto. Dopo un po’, però, comincia ad affiorare quel “click” al quale accennavamo prima, il quale rende le parti più aggressive quasi ridicole, che verrà maggiormente fuori in seguito. Buoni, nella loro semplicità, bridge e ritornello epico. Parlavamo del “click”? Ascoltate l’avvio di Blessed with Fire. Il brano, di per sé stesso non particolarmente rilevante, è già appesantito da un accenno di pomposità negli arrangiamenti che -anche questo- verrà più fuori nel prosieguo dell’ascolto, ma la batteria a tratti molesta lo mortifica ulteriormente. In chiusura, l’intervento di una cantante lirica; un’idea potenzialmente vincente, se inserita in un contesto che di solito non la prevede, ma che stride sia con i suoni troppo crudi per valorizzarla adeguatamente, sia con un cantato maschile che non la asseconda in pieno. Per inciso, non abbiamo trovato alcun accenno al nome dell’interessata né nelle note di accompagnamento della casa discografica, né sul sito o sul profilo Facebook della band. Nothing Left to Fear è un brano di genere senza infamia e senza lode condito da discreti cambi di tempo, ma non particolarmente avvincente. Suoni più heavy-rock per Nemesis (A Global Killer), power ballad sostenuta dal basso, dall’intervento dei cori e di parti cantate ancora a cura della cantante misteriosa; discreta canzone, anche se troppo magniloquente. Intermezzo etereo semi-acustico anni 70 per The Scales of Justice, che serve anche ad aprire la strada all’oscura Head Full of Bullets. Il pezzo è giocato tra parti di doom primordiale ed altre ai limiti dello speed-metal, ma il tremendo “click” ritorna fuori di prepotenza, rendendo tutto quasi grottesco. Anche i passaggi vocali, accettabili se presi per quello che sono, risultano meno efficaci se si tiene presente che il cantante viene citato come reduce da anni di studi classici, visto che la sua estensione non sembra apparentemente giustificarli. Anche i contro cori nella parte finale non sono certo il massimo possibile. Ancora basso in risalto nell’arabeggiante Forsaken, brano che colpisce più che altro per il suo essere abbastanza fuori contesto rispetto al resto, ma di buona atmosfera. Anche qui, però, parti di percussioni la cui resa acustica è sicuramente inadeguata rovinano parzialmente il suo rendimento. Da lodare almeno il tentativo di fare qualcosa di meno prevedibile, comunque. Ancora suoni acustici in avvio di Harvest the Storm, poi il mid-time che costituisce il corpus vero e proprio del pezzo, si sviluppa in modo abbastanza prevedibile, fino all’inserimento dei consueti break epic-oriented e di un assolo su ritmica speed metal. Ultimo posto in scaletta per la title-track. Questa, ricollegandosi all’intro, chiude il cerchio di State of Desolation confermando le perplessità sulle parti vocali, sul suono della batteria e sull’effettiva bontà del lavoro degli Shotgun Justice, una volta di più su ritmi blandi e situazioni oscure potenzialmente d’effetto, il cui risultato è appiattito dai difetti evidenziati.
Alla fine della fiera, l’impressione è quella di avere a che fare con una realtà con buone idee in testa le quali, adeguatamente sviluppate, potrebbero portare a discreti risultati. In State of Desolation, però, l’effetto di queste ultime è avvilito da difetti troppo evidenti per poter essere ignorati. L’idea di unire una scrittura di area heavy metal old-school a soluzioni prossime ad un epic enfatico e di esaltare il tutto con l’inserimento di note liriche, non è male. I risultati, però, non soddisfano. Questo perché i due stili non sono ben miscelati a livello di suono, dato che l’incisione grezza dell’album si attaglia bene alle parti heavy, ma risulta poco adatta a quelle più tendenti al lirico, pur assolutamente minoritarie. Quando poi a fare capolino è proprio la voce femminile, essa risulta poco amalgamata sia alla musica che a quella principale. Il tutto, senza contare il risultato orrendo ottenuto dalla resa acustica della batteria, più volte sottolineato. Gli Shotgun Justice soffrono probabilmente anche di recenti stravolgimenti della formazione -due cambi solo nel 2015- che, con tutta evidenza, hanno prodotto una situazione di scarso amalgama nella quale le idee, potenzialmente buone, non sono state sviluppate compiutamente da una formazione in grado di fare sicuramente di meglio. Se i tedeschi troveranno una maggiore coesione tra la lodevole voglia di fare qualcosa di personale e le possibilità offerte da una più lucida maturazione del modo di aggregare gli spunti musicali, di arrangiare il tutto e di registrarlo (fattore che, in questo caso, ha inciso fortemente nella valutazione), in futuro potranno fare qualcosa di meglio. Per ora, tuttavia, restano ai margini della sufficienza.
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In realtà non si cita il conservatorio, ma "studi classici", forse effettuati in proprio. In ogni caso non mi pare il caso di sottolinearlo più di tanto Jek, sono le case discografiche a doverci proporre materiale di un certo tipo, ma ti assicuro che non serve che sia tu a bombardare la mia mail di minchiate, è un compito che altri si sono assunti con evidente piacere . |
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Ho sentito un paio di pezzi sul tubo che però erano dal vivo quindi niente "click" comunque fanno cagare il cantante probabilmente al massimo al conservatorio ha suonato il campanello per entrare. Dai @Raven dopo gli ottimi nigth viper mi aspetto segnalazione migliori altrimenti ti bombardo la mail di minchiate  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Proclamation of War 2. Blood for Blood 3. Blessed with Fire 4. Nothing Left to Fear 5. Nemesis (A Global Killer) 6. The Scales of Justice 7. Head Full of Bullets 8. Forsaken 9. Harvest the Storm 10. State of Desolation
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Line Up
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Marco Kräft (Voce) Erik Dembke (Chitarra) Kai Brennecke (Chitarra) Tim Kruger (Basso) Tobias Gross (Batteria)
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RECENSIONI |
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