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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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09/05/2016
( 3173 letture )
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Contea di Sogn og Fjiordane, regione di Vestlandet, Norvegia occidentale.
Quando vengono citati questi luoghi è pura ‘eresia’ non far ritornare la nostra memoria a quel musicista, che prima di tutto era un uomo, uno di quelli legati alla propria patria in modo viscerale. Patria che il 14 gennaio 2004 lo portò per sempre con sé: Terje Bakken. Leggenda di un viking metal violento e romantico, nel senso letterario del termine. Dalle ceneri dei Windir, nacquero i Vreid e nel 2003 il chitarrista, di entrambe le formazioni, Stian Bakketeig, decise di fondare i Mistur. Pubblicati una demo nel 2005 e il primo album nel 2009, si devono aspettare ben 7 anni per vedere la nascita di questo In Memoriam, che vede la luce sotto l’ala della Dark Essence Records, che si occupa anche dei lavori dei loro connazionale Taake.
I Mistur aprono la propria seconda fatica in modo lento e pacato, sonorità che lasciano poi spazio ad una componente black che sarà il pilastro portante del lotto: scream e blast beat si alternano a voci pulite e parti rallentate assegnando a ll’openere Downfall un’ottima componente energica in cui più di tutto spicca il lavoro alle sei corde di Stian Bakketeig, in arte Strom. Le alternanze black e non proseguono nella seguente Distant Peaks, il pezzo più black di tutto il full-length, nonostante la batteria rallenti durante l’intrigante e peculiare assolo. Firstborn Son presenta riff thrash accompagnati dalle immancabili sfuriate di batteria, ma purtroppo si rivela il brano meno interessante fra tutti per la sua limitata varietà, tanto che nemmeno dopo svariati ascolti riesce a risultare interessante. Questo piccolo buco nell’acqua lascia spazio alla maestosa Matriarch’s Lament, che a differenza della traccia che lo precede si configura come il migliore di tutta la produzione: le chitarre sentite nei primi due brani si affidano ai ritmi estremi tenuti dalle pelli (il batterista Tomas Myklebust non sbaglia un colpo) e fanno sì che il brano possa variare in tutta la sua durata alternandosi fra parti veloci e lente più di una volta. La traccia si conclude con una sezione cantata in voce pulita da far venire la pelle d’oca, in grado di trasmettere un’emotività non indifferente. Una canzone come questa distorce leggermente l’attenzione da dedicare agli ultimi due brani. Il singolo presentato nel 2012, The Sight è la canzone meno violenta fra tutte, caratterizzata da una fine leggermente prolungata, che si fa apprezzare ascolto dopo ascolto sempre di più, mentre chiudere questi 55 minuti made in Norway è compito di Tears Of Remebrance, la lunga dell’intero lotto, in cui spicca il piano e la sua fine maestosa pone fine a quest’opera, lasciando pienamente soddisfatto l’ascoltatore.
Oltre ai testi scritti in inglese, rispetto al precedente Attende questa seconda fatica risulta di gran lunga superiore e per nulla noiosa, in nessuna delle sue parti. Merito del lavoro delle chitarre e della batteria: i tre musicisti chiamati in causa si rivelano infatti molto versatili e mai ripetitivi, facendo in modo che l’oretta scarsa di questo In Memoriam scorra senza farsi sentire e senza apparire pesante, rischio che la band ha saputo evitare nonostante la lunga durata delle loro composizioni, che vanno dai sette agli undici minuti. In Attende era inoltre ancora presente una componente strumentale legata ai Windir che va a dissolversi del tutto in questo lavoro, probabilmente al fine di un volere del gruppo di trovare una propria identità personale e originale. Un album maturo e completo, dunque, che sicuramente saprà coinvolgere con le sue atmosfere avvincenti gli amanti del genere.
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Lo ascoltavo ormai da un po' e mi è arrivata la copia fisica giusto ieri, disco che se la gioca alla pari con il debutto e in certi frangenti, grazie sia alle melodie che all'ottima prova di Espen, riesce anche a superarlo. L'ottanta è meritato, mi alzerei il tiro fino a 85. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Downfall 2. Distant Peaks 3. Firstborn Son 4. Matriarch’s Lament 5. The Sight 6. Tears Of Remembrance
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Line Up
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Oliver Ojen (Voce) Stian Bakketeig (Chitarra) André Raunehaug (Chitarra) Espen Bakketeig (Tastiere, Voce) Bjarte Breilid (Basso) Tomas Myklebust (Batteria)
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RECENSIONI |
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