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26/04/25
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Destrage - A Means to No End
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17/10/2016
( 9428 letture )
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Sono passati due anni dall’ultima pubblicazione in studio della formazione milanese in questione. In questo periodo, Are You Kidding Me? No. si è confermato un album solido, ben composto ed ottimamente suonato, capace di ridefinire buona parte degli stilemi di un genere che varia dal math-core più tecnico, ad una certa matrice progressiva. Un risultato che, ancora oggi, è piuttosto impressionante e la cui longevità è ben tangibile. Eppure, nel 2016, i cinque ragazzi dei Destrage hanno deciso che è ora di fare un ulteriore passo avanti. Per quanto il tempo trascorso dal disco succitato sia stato relativamente poco, considerando anche i tour intrapresi dalla formazione in giro per l’Europa, noi ci troviamo di nuovo qui, a parlare della seconda uscita sotto l’egida della Metal Blade Records, intitolata A Means to No End. Le aspettative sono, senza mezzi termini, altissime: un disco come il predecessore che gira ancora volentieri nello stereo e si fa sempre apprezzare come se fosse appena uscito, è francamente difficile da eguagliare. Ciò nonostante, i nostri stringono i pugni e, forti della coesione della loro formazione, decidono coraggiosamente di fare un balzo ancora un po’ più in là. Infatti, come avremo modo di scoprire con la riproduzione del disco, se Are You Kidding Me? No. è un album completo e, comunque, piuttosto quadrato e con un riferimento ben preciso, questo A Means to No End si rivela un disco più sperimentale (leggasi "estremamente sperimentale" vista la band di cui stiamo parlando) e che punta alla completa maturazione del progetto targato Destrage. Se ad un primo ascolto il predecessore già catturava l’attenzione, con questo A Means to No End ci si trova spiazzati, senza sapere bene cosa pensare di ciò che è stato registrato. Vi anticipiamo anche che la sensazione non diminuisce con l’aumento degli ascolti; anzi, in realtà, si acuisce. Il ché è una prerogativa di due categorie di album: i grandi album e le ciofeche. Spoiler: i termini "A Means to No End" e "ciofeca" non possono sintatticamente trovarsi nella stessa frase.
La title-track funge da intro, di poco più di tre minuti, dove chitarre acustiche, elettriche, basso e percussioni costruiscono una base soffusa ed in crescendo, su cui la voce di Paolo Colavolpe inizia a scaldarsi. Poi la discesa è repentina e si cade in Don’t Stare at the Edge, dove possiamo constatare che la possente ed ottima produzione già riscontrata in Are You Kidding Me? No. viene qui ripetuta. Il riff portante è aggressivo ma, al contempo trascinante nel suo gioco sui tempi dispari, a cui si associano melodie soliste ed un Paolo Colavolpe ormai definitivamente caldo nel suo personalissimo mix tra scream, growl e clean vocals. Potente anche il breakdown a metà pezzo che ci conferma un Federico Paulovich sugli scudi, dietro le pelli, a dettare tempi complessi ad una formazione ormai estremamente affiatata da anni. È quindi il momento del singolone che ha anticipato la release: Symphony of the Ego condensa la follia strumentale dei Destrage, ripiegandola all’interno di una struttura che rimane comunque piuttosto catchy, soprattutto a livello vocale nel refrain che farà sicuramente presa in sede live. La sensazione di fondo, in queste tredici tracce complessive, è che la band milanese abbia cercato di distaccarsi un po’ dal magico terreno di Are You Kidding Me? No., ricercando una continua evoluzione che, a tratti, salta fuori in modo inaspettato. Ne sono chiaro esempio Silent Consent con il suo andamento brioso che viene spezzato brutalmente -ma con classe- a metà ed Ending to a Means, brano molto più atmosferico rispetto agli standard soliti dei Destrage. In mezzo ci sono pezzi di tutto rispetto, quali la schizofrenica The Flight che ci proietta verso le trascinanti Peacefully Lost, Not Everything Is Said ed una delle migliori del lotto Blah Blah, che mantiene i presupposti tipici di casa Destrage, pur alzando sempre più l’asticella della sperimentazione. E non si tratta di semplice ambizione, quanto di vera e propria ricerca di un nuovo percorso all’interno del panorama musicale mondiale. Come già avvenuto in Are You Kidding Me? No., la palma di miglior brano spetta a quello di chiusura: introdotto da un altro fluente intermezzo acustico, Abandon to Random attacca con sette minuti di pura follia strumentale, condensata con perizia in un canovaccio che segue una struttura ben definita ed estremamente complessa. La cosa non dovrebbe sorprenderci, visto che sono anni che i Destrage sono abituati a stupire con le loro visioni musicali, tuttavia questa stessa chiusura riesce a spiazzarci ancora una volta. Per quanto non si tratti di un brano totale, assoluto e meraviglioso come la title-track del disco precedente, Abandon to Random rientrerà nel personal-best di molti amanti della band milanese.
In conclusione, la quarta fatica dei Destrage è l’album della definitiva maturità. Si tratta di un disco difficile da comprendere nei primi ascolti e che rivela la sua complessità e tutto il suo fascino dopo reiterate riproduzioni che vadano ben oltre la prima doppia cifra. Se li avete amati su Are You Kidding Me? No., potreste trovarvi francamente spiazzati. Non delusi. Spiazzati. Eppure, con un po’ di perseveranza potrete comprendere come A Means to No End sia una perfetta continuazione del percorso intrapreso dai ragazzi milanesi, senza sedersi sugli allori, né campare del successo ottenuto in passato. Le prestazione strumentali sono eccelse: tra gli intrecci delle chitarre di Ralph Salati e Matteo Di Gioia, il basso di Gabriel Pignata e le tentacolari linee di batterie intessute da un mostruoso Federico Paulovich si fa largo la voce di Paolo Colavolpe, il cui stile di cantato riesce a conquistare sempre più personalità, diventando un riferimento anche all’interno dello sconfinato mondo musicale moderno. Trovare un disco così ben prodotto e suonato, senza che esso si rifaccia ai fasti del passato, né copi spudoratamente da altre band, in ogni sua minima parte strumentale è una missione quasi impossibile. Scegliere quale sia il disco migliore, tra questo e Are You Kidding Me? No. è altrettanto complesso e, probabilmente, solo reso possibile dal gusto personale una volta assimilato il tutto. In ogni caso, se lo scotto da pagare è una perenne indecisione sul proprio album preferito ed i risultati sono questi, speriamo che i Destrage continuino ancora per tanto tempo a metterci in difficoltà.
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Disco sicuramente molto meno immediato rispetto ai due predecessori,ad un primo impatto pare quasi che proceda col freno a mano tirato. Col passare degli ascolti migliora notevolmente,ma sembra sempre ci sia qualcosa che manca.
Voto 79 |
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20
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Una bomba!, per me il loro migliore lavoro, ispiratissimi dalla prima all'ultima traccia e che batterista Paulovich |
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19
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dopo un po' di anni dall'uscita mi ritrovo ad apprezzarlo più della prima volta che l'ho ascoltato,un disco di gran valore. |
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18
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Un altro disco stratosferico. Un gruppo che ha ormai uno stile inconfondibile anche se le composizioni mutano ad ogni disco, Questo è meno immediato ma scopri ed apprezzi nuovi passaggi ad ogni ascolto. Un gruppone che merita il successo. |
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17
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dopo i due precedenti dischi che erano due bombe di immediatezza i Destrage cacciano fuori un disco leggermente più ostico da assimilare,ma comunque sempre valido! spero continuino così che stanno andando davvero forte!!! |
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16
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I destrage sono sempre stati una band math-core molto tecnica e con molte influenze e hanno dato 3 dischi eccellenti con la loro "follia" e "aggressione"....in questo quarto album hanno provato a sperimentare, a concentrarsi di più sull'atmosfera e sul contenuto presentando tematiche molto valide e interessanti....ovviamente dai primi ascolti si rimani "spiazzati" e abbastanza perplessi per il loro cambiamento ma dopo che ci si lascia prendere dalle track e dalla loro profondità si cambia subito idea....per me A Means To No End è un capolavoro da 90 e rappresenta la loro evoluzione musicale....Grandi RAGAZZI! continuate cosi! |
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15
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Che delusione, l'ho trovato molto brutto... ma d'altro canto dovevo aspettarmelo perchè a me queste sonorità core di solito non convincono, nonostante abbia apprezzato e acquistato i due precedenti... Comunque questo a confronto è decisamente meno valido per me, poi vabbè de gustibus, il tempo dirà... |
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14
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Scoperti grazie alla recensione di questo album, e dopo averlo ascoltato ho deciso di scaricare su Spotify tutta la discografia. Ora sono un paio di giorni che non ascolto altro: sono violenti, sono tecnici e hanno un bel gusto! Grandi Destrage! |
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13
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Finalmente l'ho preso. Ennesimo gran disco, forse un po meno sorprendente del predecessore, ma molto più strutturato verso le forma canzone è almeno dal mio punto di vista, meno orecchiabile. Più della metà dei brani sono comunque da urlo. I restanti sono solo ottimi. For me, una delle band metal del momento. Numeri 1 |
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12
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Album decisamente più maturo dei precedenti. Ci sono meno fuochi d'artificio, ma la sensazione dopo molti ascolti, è quella di una band con le idee chiare e che ha pieno dominio sulla propria musica nonostante le trame contorte e che non si accontenta mai del successo riscosso dall'album precedente. Non mi soprenderei se tra molti anni si parlasse dei destrage come una delle band più formidabili degli anni '10 . |
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11
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Il disco si presenta in NETTA SUPERIORITA' rispetto ai precedenti riguardo le tematiche trattate. Peccato che TUTTA la parte strumentale e vocale ne abbia risentito parecchio. Con l'idea di comporre un disco più compatto e più profondo hanno abbandonato quella follia e quel delirio che a mio avviso rappresenta il punto centrale della band. Fondamentalmente hanno RIDIMENSIONATO la parte strumentale per rendere il disco più compatto possibile senza snaturare troppo la loro matrice tecnica e compositiva. La forma dei testi è piuttosto semplice (niente metriche e figure retoriche particolari o parole ricercate per es.) ma con un buon contenuto, la parte strumentale è SOLIDISSIMA, la voce di Paolo rende piuttosto bene anche se nei "puliti" è anni luce dalla sua migliore performance vocale di sempre (where the thing have no colour) ed il growl (tecnica de destreggia alla perfezione) è ridotta molto. Lavoro NON immediato ma che risulta COMPLEMENTARE con gli altri. Qui si hanno TEMI di tutto rispetto e un ottimo disco nel complesso. Il mio augurio è che il prossimo sia il mix tra questo e AYKMN. |
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10
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La recensione ha colto nel segno. Ho ascoltato il disco solo un paio di volte,per ora, e mi sono trovato terribilmente "spiazzato". È un disco molto difficile da seguire, ed è anche parecchio diverso da AYKMN. Nonostante tutto, si percepisce la genialità e la bravura del gruppo, e questo mi invoglia a continuare gli ascolti. Aggiornerò il mio parere tra un po' di giorni |
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9
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Lavoro complesso, per niente immediato, le idee in casa Destrage non mancano di certo, album di alto livello, sono riusciti anche ad andare oltre al predecessore |
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8
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Ho sempre apprezzato i lavori complessi, intricati e travolgenti. Il mathcore e i "The dillinger escape plan" riescono spesso a stupirmi. I Destrage vanno oltre. Bravi davvero. Sicuramente sopra il 90! |
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7
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@ Andrrr: Eh già, i nostri sono tutti concentrati sulle bizze di Agnelli ad X Factor. |
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6
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@matteo ieri sulla loro pagina di facebook hanno girato una diretta e suonato...inutile dire che gli italiani erano in pochi,buona parte tedeschi e francesi |
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5
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@ galilee: Hai colto nel segno, anche i bravi Destrage sono un esempio di come chi abbia un briciolo di talento in questo paese infame debba espatriare per ottenere riconoscimenti. Non ho ancora ascoltato nulla di questo album, ma se é valido anche solo la metà del predecessore siamo sul 90 senza dubbio alcuno. |
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4
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grande gruppo e bravissimi musicisti, w l' italia. |
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3
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E bravo il mio cuginetto!  |
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2
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Dimenticavo. Questo non vedo l'ora di prenderlo. Ottima recensione, vedremo poi se concorderò con i contenuti. |
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1
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Orgoglio nazionale. Presi AYKM? E ne rimasi travolto, li vidi poi in concerto con i Napalm Death e mi galvanizzarono in maniera assurda. Uno dei migliori gruppi Live che abbia mai visto, riferito al loro contesto ovviamente. Band strepitosa che spero davvero sbanchi perchè se lo merita. Ovviamente all'estero, non qua che non capiamo un cazzo. E così sarà difatti. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. A Means to No End 2. Don’t Stare at the Edge 3. Symphony of the Ego 4. Silent Consent 5. The Flight 6. Dreamers 7. Ending to a Means 8. Peacefully Lost 9. Not Everything Is Said 10. To Be Tolerated 11. Blah Blah 12. A Promise, a Debt 13. Abandon to Random
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Line Up
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Paolo Colavolpe (Voce) Ralph Salati (Chitarra) Matteo Di Gioia (Chitarra) Gabriel Pignata (Basso) Federico Paulovich (Batteria)
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