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Root - Kärgeräs - Return from Oblivion
05/12/2016
( 2121 letture )
Quando ci si trova davanti al nuovo album di un gruppo che può vantare una certa importanza nella storia del suo genere, spesso accade di avere due sentimenti ambivalenti: l'attesa fiduciosa di ascoltare il nuovo materiale, per avere prova della capacità di quel gruppo di resistere al tempo, oppure una sommessa indifferenza, di chi non vuole essere partecipe di un passo falso che possa intaccare la stima ed il rispetto nutriti.

Come già ho avuto modo di puntualizzare nella recensione di quello che si può all'unanimità considerare il loro album di riferimento, Zjevení, nutro una certa riverenza nei confronti dei Root, per il ruolo di precursori della second wave di black metal e per l'incredibile bellezza ed oscurità che, soprattutto in quei primi episodi della loro carriera, sono stati in grado di trasmettere in chi li ascoltava ammaliati. Per questo motivo, sono rimasta in campana per cercare di capire cosa i Root volessero regalarci in questo 2016, che li separa di cinque anni dal precedente Heritage Of Satan e di ben dieci da Kärgeräs, disco uscito nel 1996 e del quale il nuovo Kärgeräs - Return from Oblivion vuole esserne diretta conseguenza. Forse è stata proprio questa connessione nostalgica ad aver acceso in maniera quasi subitanea la curiosità di ascoltare in che modo il gruppo guidato da Big Boss avesse scelto di confrontarsi con quel passato così pesante, di cui unico testimone superstite è proprio il frontman, dopo i successivi cambi di formazione che hanno portato anche all'importante perdita di Petr "Blackie" Hošek, chitarrista e principale compositore della band.

Con l'obiettivo di proseguire il concept del prima citato Kärgeräs, questo "Ritorno dall'Oblio" si consuma nell'omonimo luogo immaginario creato dalla mente di Big Boss, che, da demiurgo, una decade fa decise di forgiarlo e riempirlo di demoni dettagliatamente descritti, in tutte le loro variegate personalità ed in tutte le loro riprovevoli gesta, attraverso le lyrics di cui Big Boss è sempre stato indiscusso autore. Così, ritroviamo Equirhodont, Rulbrah, Rodäxx, Lykorian, Raon e Durron che, purtroppo, sembrano manifestare tutti i preoccupanti segni del tempo, che tradotti in termini musicali si concretizzano in pezzi abbastanza privi di mordente e per niente all'altezza delle aspettative che si possono nutrire nei confronti della band, anche per ciò che riguarda i testi. L'errore -se di errore si può parlare- sta nell'aver scelto di utilizzare ingredienti simili a Kärgeräs, con l'intento di preservare il file rouge che lo vedrebbe legato a Return from Oblivion, senza, tuttavia, essere riusciti ad amalgamarli in maniera soddisfacente. Le chitarre acustiche, che in Kärgeräs ricreavano atmosfere folk e medievali e che regalavano ai pezzi una certa profondità, in questo caso non riescono a sprigionare lo stesso fascino. Pezzi come Moment of Hope, con i suoi intrecci vocali e le parti di cantato in clean dove possiamo appurare le indubbie doti vocali del frontman (tanto per ricordare, a chi lo avesse dimenticato, il suo passato da cantante blues), o la bella strumentale Up To The Down, sembrano voler disperatamente inseguire quel mood straniante ed avvolgente senza, tuttavia, riuscire ad infondere quelle stesse sensazioni per via dell'assoluta mancanza di momenti di epico pathos.

Sia chiaro, non mi aspettavo affatto un disco black metal e trovo fuori luogo qualsiasi riferimento al loro debutto discografico, anche alla luce di una carriera che li ha visti progressivamente allontanarsi da quell'approccio, per trasformarsi ed abbracciare sonorità più heavy e melodiche. Così come è superfluo dire che il collegamento con il black metal oramai nei Root sopravviva più come residuo nelle tematiche o nei riferimenti estetici, piuttosto che nelle sonorità e nella produzione, diventata oramai molto pulita e moderna. Fatto sta che, se dovessimo limitarci a fare un paragone con l'immediato predecessore Heritage Of Satan, mentre quest'ultimo, nella sua commercialità ed a volte scontatezza, era comunque un album degno della sufficienza e che nel complesso funzionava (su tutti, penso al pezzo che preferisco che è In Nomine Satanas, che può essere preso come campione di prova di questa tesi), Kärgeräs - Return from Oblivion ha dei brani che, presi singolarmente, non sono di per sé brutti e sembrano funzionare, ma ascoltati nel complesso lasciano un sapore confuso e per nulla piacevole. Dall'ascolto si evince, infatti, una forte disomogeneità ed i continui cambiamenti di registro (dai primi pezzi, come Life Of Demon, più incisivi e veloci, si passa drasticamente a brani più melodici ed in stile ballad) non aiutano affatto nell'orientamento ed amplificano, al contrario, una certa frammentarietà data proprio dal fatto che tra di loro i diversi episodi non sono legati in maniera fluida. Le cuciture tra un pezzo e l'altro sono molto evidenti ed ho personalmente provato un effetto "patchwork" che mi ha condizionata nello stilare un giudizio finale piuttosto deludente. Il disco, in definitiva, non riesce ad affermare una propria personalità e sembra accartocciarsi su sé stesso senza un disegno unificante, dimostrando tutta la debolezza e la ridondanza in alcune soluzioni compositive, decisamente poco incisive per assurgere al ruolo di riff portanti di interi brani, e che, nel complesso, sembrano mancare di un'ispirazione trainante.



VOTO RECENSORE
53
VOTO LETTORI
0 su 0 voti [ VOTA]
Undercover
Sabato 17 Dicembre 2016, 9.13.14
3
Disastroso, un album senza testa né coda...
Zess
Martedì 6 Dicembre 2016, 17.46.53
2
Inutile come pensavo... piatto, senza nessun guizzo e voce terrificante.
Doom
Lunedì 5 Dicembre 2016, 11.00.41
1
Voto piu che giusto...ho ascoltato l'album, davvero scialbo!
INFORMAZIONI
2016
Agonia Records
Inclassificabile
Tracklist
1. Life Of Demons
2. Osculum Infame
3. Moment Of Fright
4. The Book Of Death
5. Black Iris
6. Moment Of Hope
7. The Key To The Empty Room
8. New Empire
9. Up To The Down
10. Do You Think Is It The End?
Line Up
Big Boss (Voce)
Alesh A.D. (Chitarra)
Hanz (Chitarra)
Igor (Basso)
Paul Dread (Batteria)
 
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