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The Doomsday Kingdom - The Doomsday Kingdom
07/05/2017
( 1862 letture )
La pubblicazione dell'EP Never Machine aveva destato non pochi dubbi e perplessità sull'ennesimo nuovo progetto di Leif Edling: ci si chiedeva soprattutto se, nel dispiegarsi di tutta questa frenesia discografica, non fosse opportuno calare delle piccole parentesi di silenzio per ricaricare le batterie e soprattutto per sedare il proprio ego. Ed invece il sedicente papà del doom tira dritto per la sua strada senza (giustamente) guardare in faccia nessuno e, caricato a molla dall'imponente ed incondizionato appoggio della Nuclear Blast (che, nel pieno rispetto dei protocolli del marketing, fomenta la “scimmia” pubblicando trailer e due canzoni in anteprima), pubblica l'omonimo full-length di debutto della sua nuova creatura rispettando più o meno le tempistiche promesse.

E sono impulsi di orgoglio e di fierezza quelli che muovono questo primo album e che parzialmente riescono a risollevare le sorti di questo nuovo corso del signor Edling. Addentrandoci nei vari livelli che compongono questo lavoro, infatti, emerge immediatamente una sequenza di note positive. Dalla produzione dignitosa dell'EP Never Machine, qui si passa a tutt'altra impostazione, con quel conseguente innalzamento dell'asticella qualitativa che era più che lecito attendersi dal mastermind svedese, visto che è solito vezzeggiarci con standard elevati. Ciò ovviamente non può che essere un diletto per i nostri timpani, visto che quella strana commistione di “vintage ammodernato” che stupiva, e soprattutto dettava legge con assennata prepotenza incenerendo il dogma lo-fi = doom fin dal bellissimo esordio degli Avatarium, riesce ancora una volta a colpire nel segno, non solo reiterando una formula ben collaudata, ma anche delineando elementi di diversificazione tali da consentire ai The Doomsday Kingdom di collocarsi su una dimensione propria.

Due brani sono stati ricatturati dal precedente EP ed in questo caso, giusto per creare un punto di congiunzione con quanto argomentato nelle puntate precedenti, il tempo ulteriore speso sulla fase di riarrangiamento ha apportato delle migliorie non indifferenti, valorizzando quelle idee descritte come valide ma al contempo acerbe ed affrettate. A partire dalla revisione delle parti di batteria (che con molta probabilità in precedenza erano state scritte da Edling) ad opera di Andreas Johansson, che in primis delinea una massiccia base ritmica riservandosi dei frangenti in cui può sfoggiare la sua classe, inserendo dei pregevoli fills (soprattutto in The Sceptre), possiamo mettere in evidenza una maggiore accuratezza nella scrittura di alcune componenti dei due pezzi, soprattutto le chiusure (entrambe arricchite dagli assoli di Jidell), il bridge di Never Machine e l'assolo centrale di The Sceptre. Per quanto riguarda i due brani utilizzati per introdurre il disco, invece, è stato scelto come primo singolo di lancio A Spoonful of Darkness, caratterizzato da suggestive venature hard che da una parte vengono annacquate dall'interpretazione non proprio entusiasmante di Stålvind e dall'altra potenziate dall'onnipresente impronta solistica di Jidell, vero motore occulto delle sorti del disco. Dal bittersweet si passa invece ad uno dei vertici del platter, ovvero il secondo lyric video Hand of Hell, in cui si converge verso una dimensione ideale nella quale le quattro personalità della band vanno a concatenarsi alla perfezione. In questo caso vengono calcati i sentieri di un heavy ottantiano ed in questo contesto ovviamente mr. Niklas non può che trovarsi completamente a suo agio, essendo il suo territorio ideale; come se non bastasse, puntualmente assistiamo all'ennesima ascesa in cattedra di Jidell, che con puntualità svizzera piazza ancora un assolo con la A maiuscola. Di questo The Doomsday Kingdom rimangono infine quattro tracce inedite, che in linea generale si assestano sugli standard consolidati; dopo Silent Machine, a cui è affidata l'apertura del disco, contraddistinta analogamente ad Hand of Hell da una base strumentale dalle tinte heavy su cui il grintoso singer imposta una performance acuta e rabbiosa, scopriamo See You Tomorrow, brano acustico e strumentale posto centralmente al fine di creare un momento di sospensione prima di accedere alla seconda sezione del disco. Chiudono The Silence (dove ancora una volta gli equilibri volgono a favore della matrice heavy, qui peraltro smorzata da un refrain malinconico con la funzione di offrire maggiore ampiezza stilistica) e The God Particle, che, nei suoi nove minuti abbondanti, contiene finalmente una maggiore impronta doomiana e che, tra l'altro, si segnala per l'ottima interpretazione sfoderata a livello vocale dallo stesso Edling.

Più propensi a masticare l'heavy classico che non il doom in senso stretto, i The Doomsday Kingdom piazzano un album di indubbia qualità ma che tutto sommato lascia ancora qualche strascico di perplessità anche dopo ripetuti ascolti, a partire dalla performance di Stålvind che, pur essendosi integrato meglio nello stile del suo nuovo gruppo, non sempre riesce a brillare, complice un'impostazione che tende sempre ad esaltare gli acuti trascurando gli altri range vocali e soprattutto il “versante interpretativo” di un pezzo. Confermando ancora una volta che siamo al cospetto di un discreto lavoro, viene da chiedersi perché rivendicare il titolo di “papà del doom” in un progetto che di doom ha poco o nulla. Nonno Iommi avrebbe sicuramente da ridire più di qualcosa al riguardo e ad ogni modo questo disco è sicuramente consigliato più alle orecchie della frangia devota all'heavy classico che a quella di più stretta osservanza doom, che può attingere da ben altri classici prodotti dal bassista compositore svedese... e proprio ripercorrendo la sua discografia salteranno agli occhi differenze tutto sommato significative, in termini di caratura.



VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
78.5 su 6 voti [ VOTA]
Mauroe20
Martedì 4 Luglio 2017, 23.48.19
5
Ottima band, una garanzia.Il cantante degli Wolf e' perfetto con la sua voce graffiante e particolarmente heavy.Voto 85
Caleb
Martedì 9 Maggio 2017, 12.53.30
4
Confesso che quando è stato rilasciato "Hand of Hell", ho consumato la canzone a forza di ascolti, per quanto è bella e la prova vocale strepitosa (IMHO). Concordo con la recensione, però: seppure l'impronta di Leif Edling sia riconoscibilissima, da amante del Doom, apprezzo questo lavoro, ma gli preferisco altre cose, dello stesso compositore, come, ad esempio (senza dover scomodare sempre e per forza l'olimpo dei Candlemass), i Krux. Bel disco comunque. La classe non è comunque acqua.
Undercover
Martedì 9 Maggio 2017, 12.20.46
3
Dei vari progetti in cui si è mosso o è titolare Leif questo è il meno interessante, per certi versi prevedibil e Stålvind continua a non farmi impazzire. Sto sul 65.
Linuccio
Lunedì 8 Maggio 2017, 15.12.01
2
Disco abbastanza anonimo, sicuramente inferiore a Candlemass e Avatarium, dopo diversi ascolti perde progressivamente appeal, qualche buona idea ma troppo deja vu e mestiere, non sarà ricordato come indispensabile nella discografia dello svedese...
Metal Shock
Domenica 7 Maggio 2017, 19.14.27
1
L`ho ascoltato piu` volte e per me ` un bel disco, che come valutazione oscilla tra il 75 ed il 80. A differenza di cio` che c`e` scritto in recensione a me piace il.canto di Niklas, abbastanza uguale a quello che usa nei Wolf, ed e` perfetto per il tipo di heavy metal presente nel disco, perche` e` effettivamente solo heavy metal quanto prodotto, di doom non vi e` quasi traccia. Indicato per gli amanti del genere.
INFORMAZIONI
2017
Nuclear Blast
Heavy/Doom
Tracklist
1. Silent Kingdom
2. Never Machine
3. A Spoonful of Darkness
4. See You Tomorrow
5. The Sceptre
6. Hand of Hell
7. The Silence
8. The God Particle
Line Up
Niklas Stålvind (Voce)
Marcus Jidell (Chitarra)
Leif Edling (Basso, Voce in
traccia 8)
Andreas Johansson (Batteria)

Musicisti Ospiti
Kevin Heibourne (Chitarra in
traccia 5)
Carl Westholm (Tastiera in
tracce 4, 5, 8)
Joakim Svalberg (Tastiera in
traccia 5)
 
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