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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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02/05/2018
( 6681 letture )
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“Happy 4/20 from Al, Matt, Jason and Jack White!” (Based on a true story)
The pterodactyl flies again.
E infine, la calata divina degli stoners per eccellenza avvenne. Forse la recensione dovrebbe concludersi dopo questa prima riga... insomma, potrebbe colpirmi una noiosa logorrea, una balbuzie fortissima, non lo so. Inspiriamo ed espiriamo a fondo e cerchiamo di restare lucidi, ma soprattutto oggettivi. E no, non è una battuta, anche se stiamo parlando degli Sleep, e si sa, la lucidità psicofisica non è proprio di casa.
Recensire il comeback di una band storica, a reunion già avvenuta nel 2009, è un compito assai complesso. Gli anni ‘90 sono trascorsi e il monopolio artistico-commerciale di questo genere musicale non è più nelle mani di un manipolo di gruppi: le pietre angolari sono state posate oltre un ventennio fa e una di queste è per l’appunto Sleep’s Holy Mountain. Successivamente sono stati eretti numerosi edifici sopra queste solide fondamenta, fin troppi in questo ultimo decennio. Con l’avvento di Internet sono nati anni dopo anche i social network, Facebook, Twitter, Instagram, Youtube hanno sostituito MySpace (sembrano trascorsi secoli..) ed etichette e artisti sfruttano quotidianamente questi strumenti per pubblicizzarsi, per farsi notare e sì, anche per sopravvivere. Gli Sleep no. Su Facebook spiaccicano nella propria bacheca news sui tour imminenti, ogni tanto compare un messaggio in codice Morse (!) dal nulla, oppure pubblicano una foto dallo studio ogni anno e mezzo circa giusto per far capire che sono vivi, che Matt Pike è in buona salute e che qualcosa “bolle in pentola”. Nessuna anticipazione eclatante per questo The Sciences, nessun trailer o studio report (che potrebbero pure permettersi di fare, a mani basse), nessun singolo. O meglio uno, The Clarity, venne pubblicato nell’ormai distante 2014 (qualcuno di voi si sarà pure dimenticato dell’esistenza di questo brano, e non lo biasimo), un vagito eccelso di 10 minuti che non avremo purtroppo modo di ascoltare in questa nuova release. La canzone finì solamente in Adult Swim Singles Program e allora creò non poco hype fra i fan. Gli Sleep decidono dunque di pubblicare il nuovo full-length a sorpresa, senza preavviso alcuno, mettendo così a dura prova i deboli di cuore, compreso il sottoscritto. Un autentico fulmine a ciel sereno. Quando? Il 20/4, o meglio il 4/20, che per gli aficionados della foglia a 7 punte rappresenta la giornata per eccellenza, una data che ricorda all’incirca l’anniversario fra due innamorati: un intero giorno di celebrazione ed esaltazione della cannabis a suon di aromi, come dire… pungenti. In meno di un minuto Sleep e Third Man Records sono riusciti a cancellare fiumi di teorie di marketing per “fare il punto della situazione”, il più veritiero possibile: per toccare con mano il picco dell’entusiasmo del proprio fandom. Che fossero dei geni lo avevamo capito da un ventennio, ma è giusto averne la (ri)conferma ogni tanto. Certo, potremmo vederla come una mossa prevedibile, scontata se preferite, se solo le uniche novità filtrate dai social non fossero state quelle riguardanti i sold-out del prossimo tour e un messaggio in codice Morse un paio di giorni prima.
Scrivere la recensione di The Sciences, come dicevo, è un compito facilissimo e difficilissimo allo stesso tempo. Lato facile? Easy, il “curriculum artistico” dei tre membri è radente l’eccellenza. Poniamoci le seguenti domande e rispondiamo sinceramente: esistono lavori insufficienti degli Om (Al Cisneros)? Parliamo di una band unica nel proprio genere, come lo sono gli High on Fire (Matt Pike) e come lo sono i Neurosis (Jason Roeder). E’ veramente il caso di continuare o la smettiamo di infierire? Certo, scivoloni discografici succedono o sono successi a chiunque, ma abbiate pazienza.. Lato negativo? Gli Sleep non possono deludere. No, non (ci) possono deludere dal momento che il genere che hanno contribuito a plasmare è inflazionato come pochi oggigiorno e noi, ora come ora, necessitiamo di una lectio magistralis da parte dei padri fondatori. Uno di quei momenti catartici che mettono le cose in chiaro fin dai primissimi minuti. Piccola anticipazione: gli Sleep del 2018 non deluderanno, con o senza Chris Hakius, e dopo ben 15 anni dall’ultimo studio album (sarebbero 20 ad essere corretti...). Non è proprio nelle loro corde, è più forte di loro e questo è uno dei casi dove l’analisi track-by-track diventa inutile: l’ascoltatore sa perfettamente a cosa andrà incontro e sa che vette artistiche dovrà, orgogliosamente, affrontare e scalare. Una volta terminata la scalata, tutto il resto verrà ammirato con arroganza dall’alto di questi 53 minuti. Con questo non mi resta che augurarvi, letteralmente, buon viaggio... e che l’assenza di gravità sia con voi per tutta quest’ora.
Alla deriva
Look onto Zion, though it can’t be seen. Man on the Moon cannot help me see. Look onto Zion, though it can’t be seen. Man on the Moon cannot help me see.
Con una spavalderia e personalità fuori dal comune, Cisneros & Co. inaugurano questo nuovo trip spazio-temporale con la titletrack. Chiudete gli occhi e concentratevi sui feedback invadenti della Gibson e del muro di Orange di Matt Pike. Questa è musica simbolica, è musica che va letta e interpretata. Se la titletrack quasi sempre è uno dei cavalli di battaglia dell’album, questa volta ha la funzione di simboleggiare “chi” sta suonando e “cosa” ascolteremo. Non un’introduzione superficiale, non frastuono privo di logica, bensì un brano pregno di significato. Parliamo di musica messa su spartito? Ok, ma il bramino Cisneros deve farlo a modo suo: bongata profonda e si entra nel merito con Marijuanaut’s Theme... ed è subito un classico istantaneo. Il bassista dialoga con noi dall’iperspazio, Matt Pike macinerà riff su base sabbathiana per tutto l’album: ad ogni plettrata si può notare ad occhio nudo la collisione di un meteorite con un pianeta. Non solo, si mostrerà un solista di altissimo livello, ma ne parleremo poi, perché è il turno di una vecchia conoscenza: Sonic Titan. Di questa traccia esisteva la sola versione live presente in Dopesmoker (Tee Pee Records, uscito nel 2003) ed è da anni un classico della band dal vivo: un doom malvagio e asfissiante ci rapisce, ci stordisce, ci disintegra. Come se non bastasse, Cisneros infila nel mezzo un fraseggio-elogio a Black Sabbath. Si torna ad un stoner/sludge/post-metal sofferto con Antarcticans Thawed, altro pezzo noto in sede live proveniente dall’era Dopesmoker e che, come Sonic Titan, prende solo in questa sede vita su disco. Terzo e ultimo monolite superiore ai 10 minuti, Giza Butler, tributo a Geezer Butler. Lo ammetto, questo è il brano che più mi ha colpito di questo nuovo lavoro, proprio per la sua posizione all’interno del platter. Come una montagna russa il disco comincia la propria lenta ascesa emozionale da una traccia stoner (Marijuanut’s Theme), sale al cielo causandoci le vertigini attraverso i due pezzi centrali (Sonic Titan / Antarcticans Thawed) e scende a tutta velocità in Giza Butler, sussultando tra phaser e chorus space, groove tritaossa e soli di scuola High on Fire: il trionfo dell’estetica degli Sleep odierni. Ricordate quando dicevo “si mostrerà un solista di altissimo livello” riferendomi a Matt Pike? Il nostro viaggio in orbita lontani anni luce dalla Terra è agli sgoccioli, purtroppo si torna a casa. Il chitarrista celebra questi ultimi minuti con The Botanist, strumentale costituita da un lungo assolo dove, inaspettatamente, si può scorgere Sua Maestà Gilmour illuminare le sei corde di Pike.
Coerenza, attitudine e ricerca costante della perfezione
Bless the indica fields. Grateful for the yield.
Possiamo riaprire gli occhi. Questa (nuova) epopea nell’iperspazio è terminata, ma solo temporaneamente, perché quando i feedback di The Botanist vanno scomparendo in dissolvenza nel finale, la voglia di ricominciare da capo quest’esperienza extra-sensoriale, un ibrido fra la collisione di due corpi celesti e un viaggio di sola andata in un buco nero, è davvero tanta. Il tempo per Matt Pike e Al Cisneros si è fermato al 1998, dopo lo scioglimento. La vita è proseguita per entrambi, e ha parato dinnanzi a loro alcune difficoltà, ma titani di questo calibro, colossi del metal tutto dei giorni nostri, e qui includiamo anche Jason Roeder, non possono essere ancora accusati di “calo qualitativo” o di “assopimento artistico”. No, non è ancora giunto il momento e The Sciences ne è la prova lampante, ed è pronto ad impossessarsi dello scettro di miglior album dell’anno del genere. E chi lo sa...chissà con Hakius della fase media degli OM, cosa avremmo potuto ascoltare. Non importa, godiamoci questo ritorno sulle scene senza rimorsi, senza guardare al passato o senza dare un peso ai “se” e non diamo peso, per una volta, a quei due brani che, come noto, hanno oltre 10 anni sul groppone. Finalmente hanno avuto la dignità artistica che meritavano. Vediamolo invece come un traguardo di una band la cui sensibilità è stata massacrata 20 anni fa, piuttosto che come un riciclo di pezzi e/o mancanza di idee. Canoni perfezionati e irrobustiti grazie al bagaglio artistico accumulato e sviluppato negli anni 2000 dai due fondatori e da Roeder, questo si percepisce in The Sciences. E suona tutto dannatamente autentico. In realtà un rimorso ce l’avrei: quello di non aver acquistato la “4/20 Special Edition” del vinile, oggetto di culto istantaneo. Questa volta è il caso di dirlo: bentornati...ma questa volta restate tra di noi per molto, molto, molto tempo!
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Lo stoner rock nasce come "gia' ascoltato" negli anni 90, figuriamoci venti anni dopo. Non e' male il dischetto ma non c'e' nulla di nuovo sotto il cielo.
Bello si, ma lascia un senso di scoramento in chi si aspetta qualcosa di dlverso. |
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scartato ora il dischetto....
metto nel lettore....
premo play....
addio... |
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@No Fun: gli interventi come i tuoi sono sempre ben accetti, entra e basta! Pochi mesi fa avrei detto che lo scambio fra di noi è la cosa migliore di questo sito... dopo essermi guardato per bene attorno ed aver letto parecchie recensioni, ti dico che lo scambio fra gli utenti è l'unica cosa che eleva questo sito da altri. La vera ricchezza di Metallized sono quella sua manciata di frequentatori abituali che hanno la mente aperta Chissenefrega se questo è stoner o doom, io direi più sul doom per un fatto di cangianze e per il fatto che roba cosi quando non esisteva lo sludge o lo stoner la si chiamava doom, ma siamo tutti concordi su cosa non sia thrash o death o technomusic! Ai miei tempi le etichette erano molte meno ad esempio non c'era la minima traccia di "post" -qualcosa. |
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@Giax, sì sì capisco infatti io volevo proprio dire che secondo me l'aggettivo stoner, per il genere nella rece, ci sta tutto. |
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@No Fun: purtroppo per esigenze “redazionali” si cerca sempre di evitare il genere ibrido in alto a destra, e si opta piuttosto per un genere netto. Black/thrash, death/doom o altri ibridi presenti in sistema sono generi consolidati da anni e come puoi notare sono dle tutto presenti... Piuttosto è da un po’ di tempo che penso a quanto sia inutilmente abusato l’aggettivo “progressive” anteposto a sludge (soprattutto dal 2000 in poi), giusto per dire:”non suonano sludge puro, per cui infiliamoci in mezzo l’aggettivo “progressive”, vedi Mastodon di Blood Mountain, dove io di “progressive” non ci sento nulla. Piuttosto, se esiste il post-metal, se esiste il post-black, se esiste il post-rock, non è che magari a volte sia il caso di parlare di “post-sludge”...? Sono considerazioni personali, ma tant’è... Tornando all’album, io propenderei per uno “stoner/sludge” sulla scorta del precedente Dopesmoker / Jerusalem. Un saluto. 😉 |
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Ciao @TheSkull, im(very humble)o gli Sleep sono del tutto stoner, del tutto doom e del tutto metal. Stoner doom metal. Lo stoner può avere tante sonorità diverse, più che un genere è un modo di suonare e di ascoltare la musica. Dagli Yawning Man ad oggi chi fa stoner ha sempre un aggettivo dietro, doom, rock, metal, o davanti, psychedelic, o quello che vuoi, fino ai QOTSA che nonostante abbiano avuto dei musicisti da paura (il buon Grohl a pestarci dentro) finisco per essere stoner pop. Questi discorsi sui generi possono essere considerati inutili però invece per me possono servire per capire cosa stiamo ascoltando e come ascoltarlo. Non ti nascondo che al concerto degli Sleep di giovedì mi sono annoiato. Bravissimi, però quella musica va suonata all'aperto, con la gente che ascolta bevendo una birra, lì in piedi al chiuso, ho sbadigliato più di una volta. Scusate l'intrusione. Ciao. |
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@TheSkull: uhm..beh, che succede? Come gli ultimi commenti di Skull? Uno dei pochi utenti che parla civilmente, ne sa eccome (lo ripeto) di tutto e di più, non offende randomly redattori / utenti / recensioni non confacenti al proprio gusto stilistico, e te ne vai pure? Ma ‘ndo vai, altrimenti chi commenta le mie recensioni poi?! Scherzi a parte, non fare brutti tiri, che tra un po’ posterò un album di tuo gradimento..😉 Comunque il mio apprezzamento per l’ultimo NiG era riferito solo all’album, e solo a quello. Premetto che l’ultimo AtG devo ancora ascoltarlo...ma non volevo fare confronti fra carriere, ci mancherebbe! Della serie: i primi potrebbe vincere la battaglia a fine anno, i secondi la guerra intera. Sono stato più chiaro? |
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@Giaxomo: non pretendo di saperne a pacchi, anzi, facilmente non capisco una minchia di nessun genere particolare, ascoltando un po' di tutto da sempre. Night In Gales (me ne fotto dell'ot tanto questi sono gli ultimi commenti di skull su questo sito, di certe troiate ne ho fatto davvero il pieno) non è affatto male, ma secondo me sei stato un po' lapidario nell'accostamento con gli ATG. E' corretto quel che hai detto, ma per puro caso, perchè gli ATG un Disco come si deve non sono più capaci di farlo mentre i NIG un Disco come si deve non sono mai stati capaci di farlo, hanno fatto un demo della madonna nel 96/97 senza mai dargli seguito. Non sono outsider, sono stati ai margini della scena da sempre, scena che esaurendosi li ha messi un po' più in vista. Automaticamente la tua affermazione equivale ad una precisa datazione della tua persona e della tua conoscenza postuma: pericoloso! Ti auguro il meglio perchè sei portatore sano di tanto entusiasmo e non ti sottrai mai al confronto costruttivo che anzi sembra piacerti e sai gestire. Sei perfino sprecato qui. Adios! |
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@TheSkull: hai ragione da vendere, però lo stoner non si riduce solo (come pensano in molti, sbagliando, ma non mi riferisco a te che ne sai a pacchi) ad una versione piû sporca / psichedelica, rozza, “punkeggiante” negli intenti del rock 70’s, detto molto brutalmente, e sbagliando a mia a volta. Se ci pensi, qui sotto, quando consigliavamo le band da dove partire per scoprire questo genere, se prendiamo Kyuss, MM, Sleep, Fu Manchu abbiamo quattro proposte l’una diversa dall’altra, ma pur sempre “stoner”. Il problema degli Sleep si ripropone con gli stessi High on Fire (strano...), che dal secondo album in poi “maturano”, acquistano personalità, dillo come vuoi e...giungono a “Death is This Communion”. Classificarlo “stoner” come lo si vede classificato un po’ ovunque mi sembra una forzatura superficiale bella e buona, “doom” no perché la velocità media dei brani, ad occhio e croce, non scende sotto i 90 bpm (a salire) e non rispetta altri canoni. Heavy? Sludge? Tutti e 4? Beh, mi pare di capire che non ti sia piaciuto molto l’ultimo Night in Gales.. |
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Mah, mi sembra solo che nel tabellino a destra fosse più giusto scrivere doom che stoner... è tutto così lento ed ossessivo... nessun problema, mi avevi chiesto se mi era piaciuto e solo dopo averlo ascoltato posso dirti che non è uno stile che apprezzo, non giudico, non mi piace. Altra cosa che mi chiedevi, Night In Gales, comporterebbe una risposta lunga perchè sono 22 anni che aspetto che mantengano la "promessa" ma ormai siamo fuori tempo massimo. In caso di recensione, spiegherò sto fatto della promessa mancata sia da questi che (in maniera minore) dai Gardenian. See ya |
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@TheSkull: per lo stoner “tutto valvole e fuzz” devi pazientare ancora un po’...😉 |
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Ci ho provato, pur di rompere un po' le palle a Giaxomo ci ho provato. Un'agonia arrivare alla fine, come (quasi) tutto il doom. Non giudico, semplicemente non è roba per me |
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@Enrico: segnala qualsiasi cosa attinente al genere, non farti nessun tipo di problema! In fin dei conti qualcosa di nuovo lo si scopre sempre...😉 |
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Capolavoro. Comunque mi permetto di segnalare in questa sede anche il nuovo degli Yob: "Our Raw Heart ".  |
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finalmente sono tornati |
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@Dragonaut: più o meno la mia reazione 😉 Un saluto. |
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Non mi aspettavo l'uscita di un loro nuovo album, penso sia stata una sorpresa per tutti. Una volta realizzata la cosa ho temuto si trattasse di uno dei soliti acclamati, ma alla fine deludenti, ritorni di grandi band. Invece mi hanno deliziato, dopo il primo ascolto avrei pianto! L'attacco di Antarcticans Thawed, dopo un crescendo ipnotico, è da tramandare ai posteri! DEVASTANTI ! |
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Marijuanaut's Theme...ahah c'è odore di pollo bruciato |
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@No Fun: è un problema con il quale conviviamo un po' tutti qui dentro, almeno credo.. 😂 Eheheh, Vallmo è stata una bella sorpresa! Purtroppo io non potrò esserci a vedere gli Sleep...AHIMÉ!!! Speriamo ripassino nel 2019, ma dubito fortemente.. |
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@Giaxomo, no l'ho ordinato e mi arriva a fine mese. Non ho fretta di ascoltarlo subito, per adesso sono stato rapito da Mirror Reaper dei Bell Witch e da alcuni classici che non avevo mai affrontato, come Swallow the Sun e Disembowelment, più Besvarjelsen e Deadly Carnage. Per colpa vostra e delle vostre belle recensioni la mia dose quotidiana di doom e affini (e la relativa wishlist) sta aumentando vertiginosamente con grande disappunto degli amici che vengono in macchina con me che sbadigliano senza ritegno (con sorpresa l'unica che ha apprezzato è la mia anziana e religiosa mamma). Comunque nell'attesa che arrivi il disco, ci sarà il concerto... |
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Piu lo ascolto e più cresce. Monumentale. Giza Butler è veramente colossale. Per me 90 pieno. Ma in crescendo... |
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@No Fun: quasi dimenticavo...hai avuto modo di ascoltarlo questo The Sciences? 😉 |
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@Korgull: non cambierei di una virgola di ciò che ha scritto No Fun (che ringrazio per l'intervento), se non che per gusto personale consiglierei ALTAMENTE Welcome to Sky Valley (presente in database), ovviamente Sleep's Holy Mountain dei signori qui sopra e i primi 3 dei Monster Magnet, come scrissi nella recensione dell'ultimo Mindfucker, i quali presentano una proposta più "psichedelica e space" rispetto agli altri paladini del genere, appunto i Kyuss. Tra l'altro non molto tempo fa avevo trovato in internet una sorta di schema che rappresentava molto bene la filogenesi del doom e dello stoner e come "pietre angolari" c'erano Master of Reality (doom) e Vol. IV(stoner), ma sui frutti sabbathiani credo ci sia gran poco su cui discutere. Ricapitolando: se ti ascolti le discografie dei gruppi menzionati da me e No Fun avrai il tuo da fare per tutta l'estate.. 😉 |
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@Korgull, imho le sonorità degli Sleep sono più simili allo stoner-doom che allo stoner. In ambito stoner doom io consiglierei Come my Fanatics degli Electric Wizard, Sleep's Holy Mountain e The Illusion of Motion degli Yob (Ball of Molten Lead in particolare). Invece per lo stoner, sempre imho, la vetta è Blues for the Red Sun dei Kyuss. Grazie a Metallized ho poi conosciuto Dead Roots Stirring degli Elder, anche questo stoner doom magnifico con riff southern e blues, un album che secondo me può piacere facilmente anche a chi si accosta per la prima volta a queste sonorità. |
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Questo genere da sempre mi affascina ma non l'ho mai approfondito....qualche consiglio per cominciare? |
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Bohhh...però Giza Butler spacca |
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Il nuovo dei Sunnata lo strabatte questo disco, recensitelo... |
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@Giaxomo: grazie per la segnalazione, provvedo 😉 |
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Dai basta cazzate e inchinatevi ai MAESTRI. Gran disco. |
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Non ci speravo per nulla ed invece...è un gran disco. |
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@No Fun: ma va? Non lo sapevo! Piuttosto è strano come dopo tutte queste reunion /tour-evento Jack non sia ancora tornato in attività con gli Stripes! Io ci spero, lo ammetto. |
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Ah ok, pardon, non lo sapevo, caspita è vero adesso che ci penso Jack White ha una specie di fissa per il numero tre, una mania, e infatti si chiama Third Man Records. Comunque, complimenti per la recensione, leggendola viene da leccarsi i baffi pensando che disco possa essere! |
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@No Fun: ehilà. Direi che sì, hai ragione per quanto riguarda l'affumicatoio cerebrale, ma tra le tante cose è anche il proprietario dell'etichetta che si è occupata della distribuzione (pessima, roba che manco il medioevo) dell'album. |
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@Metal Shock: nessun problema, dispiace tu non possa apprezzarlo fino in fondo, tutto qua. I gusti personali vanno al di là dell'analisi oggettiva..per cui, pazienza 😉 Hai ascoltato l'ultimo Earthless - Black Heaven? Perché lì andiamo sul sicuro, ne sono certo  |
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Ordinato, quando arriva lo ascolterò con piacere. Giusto una domanda, ma Jack White c'entra qualcosa anche col disco o era solo insieme agli altri ad affumicarsi i neuroni? |
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@Nonchalance: hola Noncha come và? Allora ti dico che il disco l'ho ascoltato tre volte di fila, ma niente da fare non è scoccata la scintilla, addirittura al terzo ascolto mi annoiavo. È vero che di certo lo Stoner non è il mio genere preferito ma nella mia discografia ci sono i dischi di Kyuss Fu Manchu Monster Magnet Orange Goblin ed il primo meraviglioso album proprio degli Sleep. Quindi proprio non sono l'ultimo arrivato. Semplicemente non mi piace il disco: magari come dice Giaxomo, un saluto anche a te, saranno quelle "contaminazioni" che non me lo fanno piacere, non si può far piacere tutto (scusate il gioco di parole). Io esprimo sempre un mio parere, ho tirato fuori il discorso delle recensioni di altri, che leggo sempre dopo aver ascoltato il disco, solo per sottolineare che il mio giudizio non è campato in aria e non per far vedere che ho ragione. Se su dieci recensioni, spesso di blog specializzati in questo o quel genere, nove sono in linea col mio pensiero e lo dico mica c'è niente di male😉
Sarà difficile che mi vedi a commentare dischi di generi che non mi piacciono, do' sempre e solo un parere su ciò che può essere di mio gradimento. |
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@nonchalance: ok, su questo siamo d'accordo e te l'appoggio pienamente, però spezzo ben più di una lancia in favore di Metal Shock, che conosce rock e derivati alla grande, e sicuramente avrà le sue buone ragioni! Un saluto a tutti!  |
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Qui si può riprendere lo stesso identico discorso che si faceva sulla recensione dell'ultimo degli Spiders..e che ora si ripete sui Dead Daisies! Provo a riassumere: che senso ha giudicare un album dopo qualche ascolto se il genere non è affine ai nostri gusti? C'aggiungo che: è inutile ricorrere a cosa ne pensano le altre testate, se la pensano allo stesso modo oppure all'esatto contrario. Io direi che sarebbe meglio esporre un giudizio proprio premettendo sempre la conoscenza che si ha del genere. E, soprattutto, specificando se quella che si esprime sia solo una sensazione oppure un dato di fatto. |
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@Metal Shock: non conoscendo i gusti musicali di freedom, ma conoscendo il tuo bagaglio rock (in senso molto lato) vastissimo, credo che questo lavoro non sia stato di tuo gradimento, e mi dispiace, a causa anche dell'etichetta "stoner" che si trascina dietro, e non solo qui su Metallized, ma un po' ovunque come potrai notare spulciando qua e là, perché appunto gli elementi "stoner" prevalgono sulle contaminazioni. Il problema sono queste "contaminazioni" (corposissime) sludge / post-metal e "atmosferiche" detto molto papale papale, che danno vita ad un album ibrido. Ripeto, riassumo e concludo: è senza dubbio un album "stoner", ma attenzione a ciò che riserva al suo interno..Un saluto e grazie per essere passati! Ps: attendiamo il nuovo Graveyard nel frattempo  |
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D'accordo con @Metal Shock. Mi aspettavo di più, visto l'entusiasmo generale. La verità è che questo genere spesso mi annoia. Troppe band, tutte molto simili tra loro. |
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Boh, ascoltato più volte non mi dice granché. Sento le solite cose di un genere come lo stoner che tante volte mi annoia. Passo. |
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Per oranon mi convince a pieno, ma la classe di questa band è spropositata. Voto 69 |
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...e dopo questo, si attende con ansia il nuovo OM. Dai Al, dai! |
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bello, bellissimo, da avere |
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A me quella che è piaciuta un po' meno è "Giza Butler"..per il resto, come sballo ci siamo!  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Sciences 2. Marijuanaut’s Theme 3. Sonic Titan 4. Antarcticans Thawed 5. Giza Butler 6. The Botanist
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Line Up
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Al Cisneros (Voce, Basso) Matt Pike (Chitarra) Jason Roeder (Batteria)
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