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Burn the Priest - Burn the Priest
28/07/2018
( 1828 letture )
Burn the Priest, ovvero l'embrione da cui nacquero i Lamb Of God: anzi, per certi versi questo full length può essere in qualche maniera considerato come il loro debutto, anche se ci sono alcune evidenti differenze con la strada che intraprenderanno di lì a poco; ma andiamo con ordine.

Nata nel 1994 a Richmond, la formazione si stabilizza negli anni successivi dando alle stampe un paio di demo e quindi, tra partecipazioni in compilation e split vari, ecco venire alla luce l'album omonimo. Il quale, va detto subito, è una vera e propria mazzata sulle gengive: caratterizzato da un sound estremamente aggressivo, il disco è un mix di generi diversi che spaziano dal thrash al death, passando per l'hardcore e con un'atmosfera southern oscura e greve. Un bel guazzabuglio, non c'è che dire, che risulta ancora più melmoso grazie alla produzione scarna e grezza di Steve Austin -affiancato dallo stesso batterista della band- la quale dà alle tracce un'aura sinistra e soprattutto aumenta la difficoltà nel comprendere i testi di Blythe, il cui vocalism tra il grind e il black è già di per sé esasperato. Le chitarre sono una fucina di riff e break assortiti e non si ricorda un assolo che sia uno (forse un qualcosa che vi si avvicini lo si può sentire su Dimera e Ruiner ma non contateci troppo) mentre il basso di Campbell reclama timidamente spazio dalle retrovie col suo click che fa capolino tra i solchi del platter. A tal proposito va precisato che Burn The Priest è stato rimasterizzato e remixato nel 2005 dalla Epic e ciò ha reso in parte più fruibile -se mi passate il termine- l'esperienza sonora del medesimo grazie all'operato del famoso produttore britannico Colin Richardson il cui curriculum di tutto rispetto è una garanzia nel panorama metal internazionale. Chi comunque fa la parte del leone in questo platter è sicuramente Chris Adler, autore di una prova maiuscola grazie a un drumming -e soprattutto di un utilizzo della doppia cassa- a dir poco devastante. Talvolta i brani sembrano uniti tra loro e la quasi totalità dei pezzi supera di poco i 2 minuti, ma in quel breve lasso di tempo la band riesce a dire tutto ciò che deve: l'opener Bloodletting (talvolta presente pure nella setlist live dei Lamb Of God) è una furia sonora che non lascia prigionieri e la solfa non cambia con le varie Suffering Bastard, Chronic Auditory Hallucination & Co, se non per il minutaggio maggiore di alcune song come Resurrection #9 e la più cadenzata Lies of Autumn; in generale, però, i brani risultano troppo ripetitivi e simili tra loro, e la cosa non permette che qualcuno di essi si stampi nella memoria in maniera indelebile: ciò non significa che Burn The Priest sia un lavoro mediocre o deludente, tutt'altro, ma semplicemente non ci troviamo di fronte a uno di quei capolavori che spostano gli equilibri di un genere; la personalità non manca e sicuramente c'è chi preferirà i Burn The Priest alla loro reincarnazione Lamb Of God, ma la "prima versione" -spartana e primitiva- è creta grezza mentre la seconda risulta più matura e cosciente dei propri mezzi: ognuno scelga quale preferire, non è detto che chi ama l'una riesca ad apprezzare anche l'altra, ma il fascino degli esordi è comunque innegabile. Piccola curiosità, sul retro dell'edizione originale il titolo della quinta traccia venne storpiato in Salivation e verrà corretto nella reissue già citata, la cui copertina è semplicemente uno sfondo nero con il logo bianco della band; inoltre Ruiner viene presentata come 14° traccia mentre precedentemente era nascosta una decina di minuti dalla conclusione di Duane.

Il chitarrista Abe Spear lascerà il gruppo proprio nel periodo di uscita dell'album per dedicarsi alla fotografia lasciando il posto a Willie Adler (fratello del batterista Chris) e a quel punto i Nostri decidono di ribattezzarsi Lamb Of God in quanto il vecchio moniker fu ritenuto immaturo e fuorviante: verrà comunque rilasciato nel 2018 un altro lavoro marchiato Burn The Priest, il disco di cover Legion: XX.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
1999
Legion Records
Groove
Tracklist
1. Bloodletting
2. Dimera
3. Resurrection #9
4. Goatfish
5. Salvation
6. Lies of Autumn
7. Chronic Auditory Hallucination
8. Suffering Bastard
9. Buckeye
10. Lame
11. Preaching to the Converted
12. Departure Hymn
13. Duane
14. Ruiner *

* hidden track
Line Up
Randy Blythe (Voce)
Mark Morton (Chitarra)
Abe Spear (Chitarra)
John Campbell (Basso)
Chris Adler (Batteria)

Musicisti Ospiti
Steve Austin (Voci su traccia 3)
Michael Brosan (Cori su traccia 8)
 
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