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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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The Haunted - The Dead Eye
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04/01/2020
( 1297 letture )
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Con la quaterna The Haunted/Made Me Do It/One Kill Wonder/rEVOLVEr, i The Haunted avevano prodotto un gruppo di album di alto livello -soprattutto i primi due ed il quarto- che raccoglievano l'eredità degli At the Gates (tre dei membri, del resto, erano gli stessi!), rielaborando il tutto in chiave più moderna. Giunti al quinto disco, i nostri amici svedesi avevano davanti a sé una scelta fondamentale: proseguire sulla strada del thrash/death di antica memoria o provare a spostare l'asticella più in là, concretizzando alcune scelte stilistiche che si erano già intraviste su rEVOLVEr, più improntate sulla melodia che sulla furia cieca.
Con The Dead Eye, risalente al 2006, i The Haunted mostrarono di aver scelto la seconda strada, mutando in parte pelle e giungendo a quella che, a posteriori, fu di fatto una svolta; successivamente, peraltro, con Versus, i nostri avrebbero in parte rinnegato la scelta, tornando a pestar duro come sui primi dischi, seppur in modo complessivamente meno convincente del passato. Ma come “suona”, dunque, The Dead Eye? Sicuramente, come detto, vi troviamo meno furia cieca che in passato: se si ascolta un pezzo come The Crowning, ad esempio, è possibile udire Peter Dolving cattivo come sempre, ma un sottofondo musicale decisamente meno thrash/death che in passato, oseremmo dire un tappeto sonoro quasi sludge. Qui è là, infatti, può sembrare di sentire i Down più pesanti, il che costituisce sicuramente un paragone lusinghiero, ancorché straniante parlando dei The Haunted. Al tempo stesso, va detto che gli svedesi non hanno certo dimenticato come si fa a pestare in modo serio e tritaossa, come dimostra l'incalzante riff thrash iniziale di The Flood, forse scelta come traccia di apertura (in seguito ad una breve intro) proprio per “tranquillizzare” i fan di vecchia data. Il disco, in sostanza, è sospeso fra echi del passato e voglia di sperimentare, scrollandosi di dosso l'ingombrante influenza degli At the Gates, ad ogni modo presente (chi ha detto The Medication?). Una delle tracce più melodiche in assoluto del disco, dove Dolving dimostra di possedere anche una bella voce clean, è The Reflection, il cui inizio farà sicuramente sussultare gli amanti dei primi The Haunted, al pari di alcuni passaggi di chitarra più hard rock che metal. Possiamo definire un pezzo così brutto o mal riuscito? La risposta è no, la qualità compositiva dei nostri è sempre importante, al di là dell'ovvia sensazione di disorientamento che si prova durante l'ascolto; a tal proposito, per lenire tale sensazione è possibile virare, come detto, su un pezzo old style come The Medication, ma anche su The Stain o The Shifter, che mostra un Per Möller Jensen in grande spolvero. Chi invece dovesse amare la svolta di casa The Haunted potrà trovare conforto in canzoni come The Fallout (che, tuttavia, non ci convince granché a prescindere dal genere), o la bella The Cynic.
Cosa possiamo dire, in conclusione, su The Dead Eye? Da un lato, ci pare opportuno rivalutare un po' questo disco, spesso tacciato come uno dei peggiori (se non il peggiore) partorito dalla band di Goteborg: i musicisti coinvolti restano di enorme talento e le loro doti compositive, pur messe al servizio di un genere diverso da quello dei primordi, restano di prim'ordine. Alcuni pezzi del nuovo corso sono sorprendentemente intensi e piacevoli, grazie anche all'interpretazione di un eccellente Peter Dolving; paradossalmente, a parte taluni passaggi melodici troppo diluiti, sono proprio i pezzi più classici a convincere meno: la sensazione, ascoltando The Dead Eye, è che si tratti non di un disco brutto, bensì di un lavoro sospeso fra due anime, che mal si conciliano fra loro. Se la band avesse deciso di sterzare in via definitiva, probabilmente avrebbe perso tutti i propri fan storici, ma avrebbe compiuto una svolta che, forse per timore di deludere la vecchia guardia, non è stata compiuta fino in fondo. Per questo motivo, verosimilmente, il quinto album del gruppo si rivela solo un buon lavoro e non un gran disco.
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2
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Io vado un po' controcorrente perche' e' un album che mi piace moltissimo e secondo me qui pestano a meraviglia pur introducendo elementi molto melodici. Fra l'altro a questo proposito al tempo mi son sempre lamentata di Dolving paragonandolo a Marco (che preferisco) ma secondo me questi pezzi sono proprio cuciti sulla sua voce. The Flood il mio pezzo preferito, e menzione speciale al drumming di Per Möller Jensen. Fortunatamente sono riuscita a vederli dal vivo tante volte all'epoca  |
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1
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Approfitterò della recensione per riascoltarmelo. Onestamente di questo disco non mi è rimasta impressa nemmeno una canzone, forse perché all'epoca mi spiazzò e deluse non poco. Chissà, magari ora potrei farmi un'idea totalmente diversa |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Premonition 2. The Flood 3. The Medication 4. The Drowning 5. The Reflection 6. The Prosecution 7. The Fallout 8. The Medusa 9. The Shifter 10. The Cynic 11. The Failure 12. The Stain 13. The Guilt Trip
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Line Up
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Peter Dolving (Voce) Anders Björler (Chitarra) Patrik Jensen (Chitarra) Jonas Björler (Basso) Per Möller Jensen (Batteria)
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