|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
|
08/02/2020
( 1041 letture )
|
Let the Metal Flow!
Passiamo oltre i cenni storici che abbiamo avuto di ripercorrere durante alcune delle altre recensioni. Così, a ridosso nel tempo, ci muoviamo furtivamente puntando con verve il 2006. Sembra ieri? Benissimo, ma sono passati 14 anni. Non pochi, nemmeno tantissimi, ma abbastanza da poterci far pensare di prendere l’adorata DeLorean e svolazzare -ancora una volta- indietro nel tempo per cercare di capire (e carpire) a fondo le abilità della band nord-europea.
Il combo non ha mai avuto problemi a dimostrare le elevatissime abilità tecnico-compositive, bilanciandosi sempre con una intelligenza e savoir-faire non comune. In attesa di un nuovo parto discografico (cinque anni di attesa non sono troppi ?!), ci gustiamo il riascolto di un album molto particolare e importante all’interno del diablo-camp. Non il migliore, a mio avviso, ma commercialmente il più esposto e -forse- conosciuto. Non essendo sicuri di tutto questo, premiamo senza paura il tasto “play” e buttiamoci sul divano con una birra ghiacciata in mano. Cosa capita? Poker iniziale da capogiro e smottamento: accelerazioni, groove di massa, riff esposti e lead pregiati. La ricetta epico-chimica dei Diablo non manca e la salsa è abbastanza gustosa da farci apprezzare la prima portata più che mai, quella splendida apertura che risponde al nome di Shadow World, che apre il D-mondo senza deludere, mescolando ibridi riff meccanico-organici a melodie aperte e assoli deflagranti. Il maestro delle sei corde, Marko Utrainen, ci trasporta in un mondo di headbanging godereccio e corna al cielo. Nessuna novità, ma anche le cose più classiche e i suoni già conosciuti devono essere scritti con cura, con il cuore in mano. E poco importa se l’incipit di Damien è un plagio ai Fear Factory, perchè poi la composizione prosegue su binari differenti, consegnandoci una chicca diretta e gustosa dal refrain accattivante. Il tris si chiude in bellezza con la nota e veloce Together As Lost, impostata su ritmiche battagliere e serrate, chitarre compatte e duellanti, impreziosite dal fagocitante e drumming di Heikki Malmberg, capo-cuoco di aggressioni accelerate. Le chitarre melodiche sono importanti in egual misura così come lo shred improvviso e tecnico di Utrainen e le bordate di basso del sempre fedele Aadolf Virtanen.
Una formazione che non è praticamente mai cambiata rischia (a volte) di cadere nell’anonimo o già sentito: non è questo il caso dei Diablo i quali, in qualche modo, hanno sempre reso la loro proposta metallica cangiante e variegata, senza strapazzare il sound e senza corrompere il trademark. Di certo un gran bel lavoro, che si concretizza nelle note pulite di In Sorrow We Trust, ritmata e atmosferica, tipicamente nordica nella sua melodia fredda e -nel contempo- avvolgente come un fuoco rompi-ghiaccio. È potenza controllata, una mazzata melodica, un giro di giostra sotto il cielo terso e il gelo azzurrato. Ancora una volta un ritornello perfetto, con un andirivieni chitarristico e ondulato, a ricalcare e ripercorrere la melodia principale fino al solo centrale, limpido come l’inverno. L’album si dimostra avvincente e strabordante nella prima parte. Potremmo definirlo inarrestabile fino al quinto brano, la arcinota title-track Mimic47, infallibile composizione che fa del contagioso groove il suo punto focale, salvo poi stravolgersi in una cavalcata metallica introdotta da un lead miracoloso e da un doppio refrain che tocca picchi altissimi, esattamente come l’arrembante porzione solista. Non si sta mai fermi, nemmeno durante il bridge più controllato e la coda, tra graffi, carezze, sberle e pericoloso plutonio libico. E se la prima parte dell’LP è inattaccabile sotto tutti i punti di vista, la seconda mostra a tratti il fianco, ma non è certo il caso della veloce, violenta e poderosa Condition Red, proposta più volta in fase live e decisamente azzeccata nel suo fragoroso incedere, brevemente interrotto da un melodico assolo. Niente sfarzo, ma solo massicce dosi di heavy metal anche per le successive e canoniche Kalla / Blackheart e Kathryn, lontane dall’essere noiose ma parzialmente prive della scintilla extra. La prima è introdotta da Kalla, drammatico apostrofo atmosferico, mentre la seconda è asciutta e diretta, tra strofe arpeggiate e riff squadrati. Struttura che segue le orme della fenomenale In Sorrow We Trust senza arrivare a livelli d’eccellenza, sebbene la prova cangiante di Rainer Nygard sia lodevole. La chiusura di M47 è affidata alla energetica Rebellion of One e alla lunga DOA, che ritengo una delle migliori composizioni della band. Apparentemente lineare ma ben congegnata, l’ultima canzone prima della simpatica ma trascurabile cover dei Duran Duran è un contenitore d’eccellenza. Dalle sfuriate up-tempo fino ai power-lick chitarristici, passando per la voce roca e ruvida di Nygard, interpretativo e a suo agio su tutti i registri. La canzone, che rallenta sul ritornello groovy, carburato da contro-cori e magnetici riff, si concede un mini-break atmosferico per poi accelerare verso lidi di decisione ritmica e qualità assoluta.
I Diablo chiudono la prima fase della loro carriera con un album importante e, almeno in parte, favoloso. Un gradino sotto la magniloquenza di Eternium , la potenza epica di Icaros e la fanta-briosità di Silver Horizon , Mimic ci consegna una band che -da esattamente 20 anni- non ci delude mai. Inchino obbligatorio.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Shadow World 2. Damien 3. Together As Lost 4. In Sorrow We Trust 5. Mimic47 6. Condition Red 7. Kalla 8. Blackheart 9. Kathryn 10.Rebellion of One 11.DOA 12.A View to a Kill (Duran-Duran cover)
|
|
Line Up
|
Rainer Nygard (Voce, Chitarra) Marko Utrainen (Chitarra) Aadolf Virtanen (Basso) Heikki Malmberg (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|