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Kawir - Adrasteia
17/02/2020
( 1941 letture )
Immaginatevi la cultura greca in tutto il suo splendore, con la sua mitologia, le sue tragedie, i suoi personaggi, mitologici e non. Adesso, immergetevi in questo mare di pathos, e immaginatevelo declinato in una veste nuova, moderna e piena di strappi, opera degli artigli della musica contemporanea, dotata di sonorità molto più aggressive rispetto al passato. I Kawir sono questo, una tempesta che dalle coste elleniche esporta una Grecia più vigorosa, non più quella del candore di statue e consunte rovine, e nemmeno quella dell'antica sapienza a cui dobbiamo il progresso della cultura e delle civiltà. Che i Greci vivessero tutto amplificato, nella gioia e nel dolore, lo si può intuire dall'intricata matassa di divinità, dai miti, e dalla potenza espressiva che irrompe dalla sua lingua. Adrasteia è "Inevitabile", una delle ninfe che accudirono Zeus, dopo esser stato sottratto dalle fauci di Crono per merito di sua madre Rea. L'inesorabilità stessa, insita in questa cerchia di divinità appena citate, sarà la chiave di volta che permetterà all'ascoltatore di scoprire cosa si celi dietro le porte sigillate dalle tracce di quest'album.

Apriamo il vaso, o meglio avviamo la tracklist, e anche se non si ha un prologo d'inizio lo spettacolo prende piede con il parodos, l'entrata in scena del coro, come ci si aspetterebbe da una tragedia greca vera e propria. L'ingresso nel vivo dell'azione è immediato, con un ritmo ben sostenuto dal riff cattivo delle stridule chitarre, danzanti intorno al cantato. Il coro e gli strumenti ondeggiano all'unisono sulla stessa melodia, e questo ballo sincronizzato non viene meno neanche nel cambio a metà brano. Tydeus è quindi un'apertura abbastanza semplice, che scivola tranquilla senza troppe pretese, risultando nel complesso ben fatta e godibile. Già qui sono presenti gli strumenti più folcloristici, veramente ben inseriti nella violenta fiumana di batteria e chitarra distorta. Con Atalanti invece, si viene subito esposti a un assalto brutale , con la stessa feralità della figura mitologica a cui fa riferimento, cacciatrice virtuosa seconda solo ad Artemide. Le foreste si aprono a metà traccia, e lo sfrecciare tra le fronde in sella al destriero è un facile immedesimarsi, grazie ai fiati che fischiano sulle pesanti cavalcate della batteria. Se non si fosse già capito, Adrasteia è un album dedicato alle figure femminili protagoniste di deliranti vicende gentilmente offerte dalla Grecia. Danaides non lascia spazio a fraintendimenti, e accentua ancora di più i vermigli e cupi toni verso cui avanza l'opera. Ritmi più serrati, riff più gonfi di cattiveria e una vena più ispirata, pulsante e sanguigna, pongono leggermente in secondo piano le tracce precedenti. D'altronde, si sta parlando della tragedia delle Danaidi, da cui iniziò la stirpe dei Danai, termine usato un po' impropriamente per riferirsi i Greci.

La storia e il mito quindi si fondono in Adrasteia, con una naturalità affascinante. Proprio come gli strumenti tradizionali, che con i loro timbri ben più morbidi riescono comunque ad affiancarsi alla ruvidità delle voci graffianti e delle chitarre furiose, la cultura greca riesce a trovare in questo genere moderno nuovi spazi espressivi, inaccessibili negli ambienti più tranquilli delle rappresentazioni teatrali. La moltitudine di omicidi, scaltrezze e magie sinistre che vedono protagonisti maghe, eroi e divinità, ritrovano in quest'album un nuovo modo d'essere, sempre epico e probabilmente più convincenti nel far suscitare un senso di dramma intenso. . Le cornamuse di Limniades aprono il brano e la mente su uno scenario ameno, popolato dalle Ninfe, numerose e rappresentanti molteplici sfaccettature della natura. Le Limniadi in particolare appartengono ai laghi, e il brano stesso racconta dell'infausto destino degli uomini ammaliati dal loro fascino, il più delle volte trascinati giù nel fondo delle profondità lacustri e mai più visti. Anche qui i cori di Alexandros ben si alternano al necrotico canto di Porphyrion, mentre la cornamusa, tra ostinate note basse e melodie lontane, alimenta un'atmosfera sempre decisamente trascinante.

Colchis è invece l'unico brano strumentale, una bella parentesi di strumenti tradizionali accompagnati dalla voce di Lindy Fay Hella. Affascinante, questo brano è praticamente il modo migliore per addentrarsi nel cuore della Grecia esoterica, con un personaggio che per la sua fama ha ispirato il nome dell'ultima traccia. Colchide infatti è il posto in cui Giasone incontra la sua diabolica amata, cui è dedicato il brano più interessante dell'album. Il nome di Medea è urlato a pieni polmoni in un'ostile vocativo. La maga, protagonista celeberrima e controversa della mitologia greca, venne ritratta più volte da vari autori che in un modo o nell'altro contribuirono a descrivere la psicologia contorta di questa donna. Praticamente un groviglio funesto di passione, scaltrezza e furore, Medea è figura chiave nelle Argonautiche, perché assisterà il suo amato Giasone nella conquista del Vello D'Oro. Fratricida per amore, al consorte riserva un'orrenda vendetta quando scopre che vuole abbandonarla per sposare Glauce, figlia del re di Corinto, Creonte. Medea è una figura che va a nozze con il genere, capace di definirne i contorni con pennellate vigorose, come si potrebbe ammirare in un horror d'autore sul grande schermo. È proprio questo l'intento, ben riuscito, dei Kawir: rappresentare nella maniera più cruenta possibile episodi e aneddoti che tutto il mondo ha letto o studiato, finora sempre attutiti da un velo di bonarietà. I destini crudeli di questi uomini antichi non possono essere carpiti appieno nel mite sfogliare delle loro vicende su libri di testo, o su palchi dove le scene fuggono il terrificante realismo, preferendo invece un'ovattata trasposizione per i fragili cuori degli spettatori.

Adrasteia è un viaggio appassionante in una delle mitologie più famose e amate nel mondo, qui rinvigorita dal potere espressivo della musica e dall'intransigenza stilistica della band. I testi delle canzoni sono rigorosamente in greco, il che ovviamente sarà cosa apprezzata dai cultori del genere, amanti dell'integrità e delle tradizioni da preservare. Molto probabilmente l'album verrà accolto con focoso entusiasmo dai più ispirati, ed oggettivamente si deve ammettere che si attesta su un alto livello di produzione. Tuttavia, a livello di songwriting si potrebbe avere qualcosa da ridire sulla parte black, convincente ma non eclatante, e sul coro che avrebbe beneficiato di un suono più dinamico e curato. La componente folk risulta indubbiamente quella più interessante, e se si fosse dato maggior spazio a simili sezioni, come in Colchis e Limniades, non avrebbe fatto che bene. I Kawir aggiungono quindi alla loro antologia un altro album capace di soddisfare ampiamente le aspettative, e che non annoia nei vari replay. Oltre a questo, per poter recensire questo disco non nascondo il fatto che abbia dovuto ripassare buona parte dei temi affrontati, ma anche questa alla fine è stata un'esperienza interessante, e non ha fatto altro che affezionarmi ulteriormente all'album. Alzando i calici, brindiamo alla Grecia e a questa rivisitazione brutale del suo folclore, sperando che nessuna maga inviperita nel frattempo si sia avvicinata di nascosto al nostro vino, perché le tragedie sono belle, ma il regno di Ade un po' di meno.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
56 su 9 voti [ VOTA]
Spirit Of The Forest
Venerdì 5 Aprile 2024, 11.25.57
8
Il nuovo materiale non sò come sia,ma immagino nel loro tipico stile,che può piacere come tediare, data la loro propensione al teatrale,qui evidente,tra parti aggressive e drammaturgie di ellenica indole. Sinceramente li trovo piuttosto pesanti, preferisco altre correnti espressive nel black metal,la scena ellenica non mi ha mai preso.
Fauno
Lunedì 9 Marzo 2020, 19.49.52
7
Stupendo, al pari del precedente.
METALHEAD
Giovedì 20 Febbraio 2020, 5.36.54
6
Album noiosetto...
duke
Mercoledì 19 Febbraio 2020, 22.02.01
5
...certo candal....
Candal
Mercoledì 19 Febbraio 2020, 12.35.42
4
@duke poi fammi sapere che ne pensi!
duke
Martedì 18 Febbraio 2020, 22.15.33
3
...la recensione mi ha incuriosito.....e poi i testi mitologici....ci daro' un ascolto....
Sha
Martedì 18 Febbraio 2020, 11.39.24
2
Più invecchio più sono convinto che il greco sia fatto a posta per il metal. Bel dischetto, c'è anche un che di Varathron..
lisablack
Lunedì 17 Febbraio 2020, 18.33.33
1
Molto molto bello. Iniziato bene il 2020👍
INFORMAZIONI
2020
Iron Bonehead Productions
Pagan
Tracklist
1. Tydeus
2. Atalanti
3. Danaides
4. Limniades
5. Colchis
6. Medea
Line Up
Porphyrion (Voce)
Therthonax (Chitarra)
Melanaegis (Chitarra)
Echetleos (Basso)
Hyperion (Batteria, Percussioni)

Musicisti ospiti:
Alexandros (Voce, Coro)
Pandion (Cornamusa, Fiati)
Lindy Fay Hella (Voce nella traccia 5)
Melechesh Ashmedi (Chitarra solista nella traccia 3)
 
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