|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
Despair - History of Hate
|
07/03/2020
( 1001 letture )
|
Il nome Despair non dirà molto a tanti di voi ma, per certi versi, si tratta di un gruppo storico. Aggettivo ancor più pertinente per descrivere il loro debutto, perché History of Hate, pubblicato nel 1988, si pone all’inizio di percorsi e carriere che hanno avuto delle importanti implicazioni sul mondo della musica estrema. Spieghiamoci meglio, e andiamo a considerare la formazione che ha inciso il suddetto lavoro. Principale compositore dell’album, nonché chitarrista, è l’allora appena ventenne Waldemar Sorychta, futuro cofondatore dei Grip Inc. e produttore di successo. Alla batteria troviamo il diciassettenne Markus Freiwald, più tardi con i Sodom e attualmente tra le fila dei solidi Bonded. Dietro al microfono c’è invece Robert Kampf, qui all’opera sull’unico full-lenght della sua carriera. E chi sarà mai costui? Beh, nel 1988 Kampf confonda l’etichetta discografica Century Media, il cui primissimo album pubblicato fu proprio History of Hate.
I Despair nascono a Dortmund nel 1986. La band è dedita a un thrash metal tecnico ed energico, sulla scia di quanto proposto dai colleghi Mekong Delta, Toxik e Watchtower. Nello specifico, la musica del Quintetto tedesco si distingue per un alto tasso tecnico e di violenza. Il riffing è estremamente vario e poco lineare, così come la struttura dei brani, elementi che rendono History of Hate un album parecchio ostico e non da primo ascolto, dominato dal caleidoscopico guitar work di Sorychta, coadiuvato dal secondo chitarrista Marek Grzeszek, purtroppo deceduto nel 2013. Oltre che a macinare riff e assoli come un treno, il leader si cimenta sovente in arpeggi puliti, quasi classicheggianti, che emergono sulla base tipicamente metal creando un effetto parecchio singolare. Ne è prova l’iniziale The Enigma, una solidissima introduzione strumentale, dove la band riesce a cambiare pelle diverse volte nell’arco di poco più di due minuti. La prima vera traccia, Freedom Now, si distingue per il riff portante sghembo e i suddetti passaggi in clean, che non vanno tuttavia a smorzare la carica della canzone, travolgente quanto diversificata. Da notare anche la buona prova tecnica di Freiwald, che dall’alto delle sue diciassette primavere mena colpi a destra e a sinistra, amalgamandosi con l’eccellente basso di Klaus Pachura, preciso e molto presente. Tutti questi elementi emergono ancor di più in Constructing the Apocalypse, il brano più lungo e ambizioso dell’album. Dopo una muscolosa introduzione, la canzone si scioglie in un lungo momento atmosferico, durante il quale gli strumenti si intrecciano e si fondono alla perfezione, cambiando più volte mood nel corso dei minuti. Per il resto, inutile citare un brano rispetto ad un altro. Le canzoni si susseguono in un’imponente tempesta di note, alternano assoli melodici, parti tiratissime, stop’n’go improvvisi e cambi di tempo. Una buona parte del merito della riuscita dei brani va all’ottima produzione curata dallo stesso Sorychta, profonda e corposa, rispettosa di tutti gli strumenti. Un lavoro che aiuta a capire come mai il chitarrista d’origine polacca diventerà più tardi un rinomato producer. Buona anche la prestazione di Kampf, anche se ancora un po’ acerba e forse un po’ in disparte vista la sovrabbondanza tecnica delle parti strumentali.
Tirando le somme, History of Hate è un un album importante alla luce di quello che verrà, ma è anche e soprattutto un lavoro per certi versi notevole, un grumo incandescente di tecnica e furia, ancora più impressionante vista la giovane età e la poca esperienza dei musicisti. Se questi aspetti nobilitano ulteriormente la prestazione generale, essi costituiscono allo stesso tempo i principali limiti del debutto dei Despair. La grande complessità dei brani tende infatti a privarli di una certa finalità, quel qualcosa che rende un insieme di riff una canzone a sé stante. Con questo non vogliamo dire che i brani di History of Hate siano semplicemente un ammasso di note, ma che alla lunga si possa avere l’impressione che l’album difetti in compattezza, rischiando di sfilacciarsi un po’. Questa “pecca” è ampiamente giustificata trattandosi di un debutto, opera di musicisti alle prime armi, ma quando si ha a che fare con sottogeneri così tecnici, la frontiera tra lo sfoggio di tecnica e la composizione di un brano può essere molto sottile.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
2
|
Buon debut di questa band molto interessante. Già da questo esordio dimostrano di avere doti tecnico/compositive non comuni, che verranno confermate anche nelle due successive produzioni. Qui manca magari il “colpo del campione” che trovi nei gruppi della serie A del thrash teutonico, qualcosa che ti rimanga impresso alla prima botta, ma per chi ama quelle sonorità questo album sarà sempre un piacevole ascolto! Voto 77 |
|
|
|
|
|
|
1
|
Per me il migliore di questo gruppo, che all'epoca era sponsorizzato da un famoso supermercato. Disco molto vario ma thrash crucco riconoscibile senza dubbio. Voto rece giusto. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. The Enigma 2. Freedom Now 3. History of Hate 4. Constructing the Apocalypse 5. Slow Death 6. Outconditioned 7. Slaves of Power 8. Joy Division
|
|
Line Up
|
Robert Kampf (Voce) Waldemar Sorychta (Chitarra) Marek Grzeszek (Chitarra) Klaus Pachura (Basso) Markus Freiwald (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|