|
26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
|
|
|
05/10/2020
( 2265 letture )
|
A tre anni dallo sciagurato Black and White Rainbows torna la band capitanata da Gavin Rossdale, alle prese con il quarto album in studio dopo la reunion del 2010. La gestazione di questo nuovo The Kingdom è stata parecchio travagliata a causa di diversi contrattempi, su tutti l’abbandono dello storico batterista Robin Goodridge (sostituito da Nik Hughes che però qui ha registrato soltanto due tracce) e la pandemia globale da Covid-19 che ha fatto slittare a più riprese la pubblicazione. Durante le fasi di composizione il frontman ha più volte espresso la volontà di realizzare un disco potente e vigoroso ispirato dall’aver suonato spesso nell’ultimo biennio a fianco di gruppi prettamente metal, citando in primis i System of a Down.
Se tali dichiarazioni sono apparse da subito roboanti (o peggio, fuori luogo), basta ascoltare l’opener Flowers on a Grave per ricredersi e spazzare via in un colpo solo le canzonette simil pop-rock del predecessore: l’elettronica ultra radio-friendly viene abolita e le chitarre tornano in primo piano, la batteria sforna pattern semplici ma diretti e Rossdale mostra subito un ottimo stato di forma regalando una prova molto convincente specialmente nei refrain, forniti anche del giusto pizzico di uggiosità. Ancora meglio la traccia omonima, con i suoi riff corposi e un drumming che pesta senza tanti complimenti a supporto dell’energico timbro del vocalist, davvero in gran spolvero e ben coadiuvato dai cori in salsa arena rock. Segue Bullet Holes, scritta con Tyler Bates e apparsa nella colonna sonora di John Wick 3 - Parabellum avente protagonista Keanu Reeves, amico del leader della band con cui ha recitato nel film del 2005 Constantine. La traccia, fra le più riuscite del lotto, ha la sua spina dorsale nel basso pulsante di Britz e descrive una landa distopica in cui l’unica cosa che conta è sopravvivere e spingersi oltre i numerosi ostacoli, metaforicamente raffigurati dai fori di proiettile del titolo. La ritrovata carica del gruppo si palesa anche in Ghosts in the Machine, caratterizzata da un cantato più riflessivo e profondo, e in Blood River, dove il fiume di sangue descritto scorre impetuoso e non trova barriere ad arginarlo; la parte del leone qui la fa Chris Traynor, capace di macinare riff potenti ed adrenalinici perfetti per assecondare il timbro grintoso del singer. Dopo cinque tracce ottime colpisce un po’ meno Quicksand con un Rossdale leggermente sottotono ma ci si rialza subito grazie a Send in the Clowns, trascinata dal groove solido forgiato dalla batteria cadenzata e dai riff incessanti sciorinati dalla chitarra, il tutto sublimato dal carisma straripante della voce alle prese con la performance migliore del disco. Poteva poi mancare in un album dei Bush una ballad? Certo che no ed ecco che l’ottavo brano in scaletta colma subito tale lacuna: non siamo certo ai livelli di Glycerine, però la sensibile ed accorata Undone svolge il suo compito con sufficienza rallentando i ritmi e cullando dolcemente l’ascoltatore. Nell’ombrosa Our Time Will Come emergono maggiormente i cromosomi grunge del passato, percepibili nell’atmosfera sì dinamica ma più tesa ed irrequieta rispetto a quanto finora proposto. Le chitarre graffiano anche nella successiva Crossroads, bella traccia rock connotata da un mood decisamente solare ed impreziosita dall’assolo brillante di Traynor. Risultano invece tutto sommato trascurabili le ultime due tracce Words Are Not Impediments, frustrata da una sezione strumentale eccessivamente sbilanciata tra momenti aggressivi e altri quieti, e Falling Away, discreta nel suo connubio di forza e melodia ma nulla di più.
The Kingdom restituisce una band in forma, volenterosa di lasciarsi alle spalle lo spettro depresso del grunge e determinata a proseguire la propria strada a testa alta nel difficile panorama odierno. Il disco si presenta infatti come un lavoro maturo e onesto, contraddistinto da una serie di canzoni infuse di un’anima rock sincera che bada al sodo senza tanti fronzoli o inutili orpelli. Anche i testi si rivelano particolarmente ispirati, mettendo da parte le troppo abusate smancerie amorose in favore di riflessioni sentite su problemi attuali come le insicurezze dovute alla crisi pandemica o abbracciando temi più generali quali il peso di saper prendere le giuste decisioni, il conflittuale rapporto con noi stessi e la lotta quotidiana contro i pregiudizi e le dicerie. I Bush hanno dunque fatto centro e hanno sfornato il miglior album post-reunion: ora sta a loro non cedere ai richiami allettanti di un passato che non potrà mai tornare e continuare nella direzione intrapresa dimostrando che, con rinnovato entusiasmo e spirito d’intesa, si possono ancora trasmettere emozioni forti e genuine.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
20
|
Disco brutto forte, sono la copia della copia di cosa erano negli anni 90. Hanno cercato di ammodernare il proprio sound, ma manca la vena creativa. |
|
|
|
|
|
|
19
|
Noiosissimo album, gli do appena la sufficienza. |
|
|
|
|
|
|
18
|
@indigo,certo anche bullet holes e un pezzo esplosivo,come pure flowers on a grave e blood river. |
|
|
|
|
|
|
17
|
Mi sembra di stare all'Inps. |
|
|
|
|
|
|
16
|
@wingo, si la title track è una bomba! La mia preferita però è bullet holes che ascolto con continuità da quando è uscita come singolo già l'anno scorso |
|
|
|
|
|
|
15
|
Mi ripeto: siamo OT. Se vuoi una risposta, nessun problema. Nel posto giusto. Tutto qui. |
|
|
|
|
|
|
14
|
@Indigo: no, frena. È proprio il testo ad avermi fatto ridere. Circa le etichette non mi ci sono mai soffermato molto. Solo il perdurante "post grunge" sotto alla recensione di Dirt continuo a ritenerlo un abominio... ma da ciò che hai scritto, credo basti correggere. |
|
|
|
|
|
|
13
|
Capirai, e che è il terzo segreto di Fatima ? Se lo sai basta dirlo Lizard! Indigo è stato sia gentile che sincero a rispondere. Potresti dircelo e si chiude lì. O poi il tuo capo si incazza ? |
|
|
|
|
|
|
12
|
Un signor disco,riff di chitarra a manetta,sonorità che a mio parere non hanno niente a che vedere col post-grunge,qui siamo più in ambito hard rock,con certi pezzi quasi metal. E' il mio album preferito dei bush,brano migliore"the Kingdom". |
|
|
|
|
|
|
11
|
@Skull, si diciamo che grunge per una band inglese è molto forzato però loro li ho sempre visti come in una sorta di limbo tra la storica scena grunge della prima metà anni '90 (il loro debutto è '94 quindi proprio al limite temporale massimo) e tra i primi "imitatori " (spesso massacrati come copie di Nirvana, pearl jam ecc.). Quindi l'etichetta grunge per i lavori anni '90 prendendosi un margine di libertà potrebbe anche starci ma dopo la reunion del 2010 non è più riproponibile. Sulla categoria low gain da quello che dici capisco che l'articolo non ti ha convinto molto... ma mi tocca risponderti come fatto con alberto prima: meglio rivolgersi ai CR dato che loro fanno le assegnazioni e le rispettive collocazioni degli scritti nelle varie categorie presenti nel sito. Sinceramente non mi azzardo a dire di più perché non voglio dare ai lettori indicazioni errate |
|
|
|
|
|
|
10
|
Scusa Alberto, nel forum c'è un'apposita sezione per le domande alla redazione. Iscriviti pure e vediamo di soddisfare le tue curiosità. Qua siamo OT. Grazie. |
|
|
|
|
|
|
9
|
@Indigo: gli inglesi Bush nel filone grunge non sono mai entrati se non di striscio, a volte li infilavano nell'indie... ma sono quisquilie.
Piuttosto GRAZIE di aver scritto quelle due righe su dove leggere la definizione di Low Gain... non per capire, per farsi due risate! |
|
|
|
|
|
|
8
|
Ho visto! Mi sa che fai prima tu. Chiedigli anche che ci azzeccano il Doom e lo Stoner con Hard Rock, Street, Glam e via dicendo. |
|
|
|
|
|
|
7
|
Eh, questa è una bella domanda. Io sono arrivato da poco e ancora non mi sono occupato della categoria low gain ma se vuoi toglierti definitivamente il dubbio ti consiglierei di fare così: vai nella sezione staff dove potrai scrivere un messaggio direttamente al CR che si occupa dei low gain e riproponigli il quesito. Lui saprà di certo meglio di me chiarirti la situazione. |
|
|
|
|
|
|
6
|
Ti ringrazio per la celere risposta. Ma allora perché gli Skunk Anansie Sì e questi No ? |
|
|
|
|
|
|
5
|
@Alberto se ti interessa vai nella sezione articoli, digita semplicemente low gain e ti apparirà un vecchio scritto dedicato alla sua definizione, cosa rappresenta e quali sono le sue caratteristiche. Sui Bush posso dirti che negli anni '90 erano definiti grunge (genere-non genere che in sostanza è l'alternative rock made in Seattle) ma ora nel 2020 non ha più senso etichettarli così essendo il termine ormai anacronistico per le nuove uscite. Per questo motivo ho optato per alternative rock. In ogni caso, questo è un bel disco e merita almeno un ascolto al di là della questione del genere |
|
|
|
|
|
|
4
|
Chiedo: questo non dovrebbe stare nei Low Gain ? |
|
|
|
|
|
|
3
|
Mamma mia quanto li odiavo.  |
|
|
|
|
|
|
2
|
Ben contento cheeeee i Bush sono ancora in forma! |
|
|
|
|
|
|
1
|
Me li ricordo bene i Bush, e proprio quando ho visto il cantante in 'Constantine' per la prima volta mi sono chiesto che fine avessero fatto. Sono molto curioso di ascoltare questo disco anche grazie alla buona recensione. |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Flowers on a Grave 2. The Kingdom 3. Bullet Holes 4. Ghosts in the Machine 5. Blood River 6. Quicksand 7. Send in the Clowns 8. Undone 9. Our Time Will Come 10. Crossroads 11. Words Are Not Impediments 12. Falling Away
|
|
Line Up
|
Gavin Rossdale (voce, chitarra) Chris Traynor (chitarra) Corey Britz (basso) Nik Hughes (batteria, tracce 1, 2) Gil Sharone (batteria, tracce 3-12)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|