IN EVIDENZA
Album

Avatarium
Between You, God, the Devil and the Dead
Autoprodotti

Darko (US)
Dethmask 3
CERCA
RICERCA RECENSIONI
PER GENERE
PER ANNO
PER FASCIA DI VOTO
ULTIMI COMMENTI
FORUM
ARTICOLI
RECENSIONI
NOTIZIE
DISCHI IN USCITA

25/04/25
ART NATION
The Ascendance

25/04/25
BLACK SWORD THUNDER ATTACK
Black Sword Thunder Attack

25/04/25
PROST
Believe Again

25/04/25
VENATOR
Psychodrome

25/04/25
VOLAND
The Grieving Fields

25/04/25
HAEMORRHAGE
Opera Medica

25/04/25
CADAVER
Hymns of Misanthropy

25/04/25
AEONYZHAR
The Profane Era

25/04/25
COSMIC CATHEDRAL
Deep Water

25/04/25
HATE FOREST
Against All Odds

CONCERTI

25/04/25
SWALLOW THE SUN
LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

25/04/25
FRONTIERS ROCK FESTIVAL
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)

25/04/25
DELTA SLEEP
INIT RCCB, VIA DOMENICO CUCCHIARI 28 - ROMA (CASAL BERTONE)

26/04/25
RHAPSODY OF FIRE
AUDITORIUM DI MILANO FONDAZIONE CARIPLO, LARGO GUSTAV MAHLER - MILANO

26/04/25
FRONTIERS ROCK FESTIVAL
LIVE CLUB - TREZZO SULL\'ADDA (MI)

26/04/25
DELTA SLEEP
CORTE DEI MIRACOLI, VIA ROMA 56 - SIENA

26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)

26/04/25
NORTHERN DARKNESS FEST
CENTRALE ROCK PUB, VIA CASCINA CALIFORNIA - ERBA (CO)

27/04/25
HEILUNG
TEATRO ARCIMBOLDI - MILANO

27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO

Arabrot - Norwegian Gothic
10/04/2021
( 1697 letture )
L’origine dei norvegesi Årabrot è qualcosa di estremamente singolare e se non si avesse la certezza che fosse reale si farebbe veramente fatica a crederla vera. Nato nel 2001 dalla mente del chitarrista e compositore Kjetil Nernes, il gruppo si è rivolto inizialmente a una rivisitazione in chiave sempre più personale del noise rock e dello sludge più sporco e deviato, con dischi realmente estremi come Revenge (2010) e Solar Anus (2011); è con quest’ultimo disco che la band si è guadagnata un Grammy in patria, arrivato dopo anni di collaborazioni illustri con artisti del calibro di Steve Albini e progetti collaterali come sonorizzazioni di celebri film muti e incarichi artistici commissionati dal museo norvegese Henie Onstad Kunstsenter. Fin qui nulla di strano a dire il vero, ma il destino di Kjetil Nernes si compie nel momento in cui egli conosce la cantante e pianista Karin Park, la cui storia personale ha dell’incredibile: nata in Svezia da una famiglia di forte tradizione cristiana, la ragazza trascorre la giovinezza in una scuola missionaria in Giappone per poi decidere, a quindici anni, di cambiare radicalmente vita e dedicarsi alla musica. Studia dunque al Conservatorio di Stoccolma e poco dopo inizia a lavorare come modella a Londra. Tra questi due momenti però vi è l’incontro con Kjetil Nernes, con il quale sboccia l’amore. Inizia quindi la collaborazione con il norvegese, mentre prosegue una carriera solista di tutto rispetto che frutta alla Park diversi premi e riconoscimenti internazionali, oltre a collaborazioni con giganti come David Bowie e stelle come Lana Del Rey.
Il 2014 è un anno cruciale per Nernes, a cui viene diagnosticato un cancro alla gola; nonostante ciò il musicista decide di portare a termine il tour nel quale la band era impegnata e solo dopo l’ultimo concerto decide di curarsi.
Nel 2016 infine esce The Gospel, il disco che segna la svolta decisiva per gli Årabrot e che mostra una serie di influenze tra le più disparate, le quali contribuiscono a rendere il disco un unicum non solo per la band, ma per buona parte della scena rock internazionale. La musica composta principalmente da Nernes mostra un dualismo estremo tra vita e morte, interpretato attraverso sonorità ora cupe e maligne, ora solari e speranzose; industrial, noise, metal, stoner, drone si alternano senza soluzione di continuità disegnando un affresco sonoro fuori da ogni confine.
Da questo momento la band inizia ad identificarsi sempre di più nella coppia NernesPark, la quale co-produce in prima persona il successivo Who Do You Love (2017), l’album che segna il definitivo sodalizio artistico tra i due musicisti e l’interesse dell’etichetta Pelagic Records.
Non è finita qui però: i successi solisti di Karin Park permettono alla musicista di poter acquistare una chiesa ora sconsacrata, per la precisione la prima chiesa dentro la quale ella ha cantato per la prima volta, nel suo villaggio natio, Djura, in Svezia. È proprio dentro questa chiesa che Karin e Kjetil abitano tutt’ora con i loro due figli, in uno spazio surreale e fuori dal tempo circondato da infinite copie di Bibbie secolari e libri antichi di ogni genere. Un luogo tale non può che generare arte inclassificabile, come quella degli Årabrot per l’appunto.

Eccoci dunque giunti ad oggi, nel 2021, con il nuovo album del duo intitolato Norwegian Gothic e destinato a segnare un ulteriore punto di svolta nella carriera della coppia. Introdotto da una copertina evocativa che mostra proprio l’interno della casa dei nostri, il disco si presenta in maniera diversa rispetto ai precedenti otto capitoli in studio del gruppo, con un mood più accogliente e meno ostile, sebbene non per questo meno inquietante. La spiegazione di ciò si ritrova nelle parole stesse dei musicisti, i quali parlano di questi sedici brani come la propria personalissima interpretazione del rock’n’roll più sguaiato, quello di band come MC5, Velvet Underground e Stooges. La volontà di Nernes, come sempre il principale autore della musica e dei testi, è quella di sintetizzare nell’ora scarsa dell’album tutta la storia musicale del gruppo, unita alla conoscenza letteraria e culturale assorbita dai libri che il norvegese ha potuto leggere all’interna della propria chiesa-abitazione. Burroughs, Sartre, Camus e Poe, oltre a saggi di filosofia tedesca e ovviamente testi sacri, sono la fonte principale dalla quale i testi di Norwegian Gothic si abbeverano. I nomi citati più spesso da Nernes come fonte di ispirazione dal punto di vista musicale sono Captain Beefheart, Nirvana e Clipping, ma non bisogna lasciarsi ingannare da questo, poiché la reinterpretazione di queste influenze è pressoché totale.
La fase di scrittura del disco contribuisce a fornire un’ulteriore approfondimento dal punto di vista stilistico: difatti i brani sono nati durante il periodo di registrazione del precedente Who Do You Love, ma sono stati tenuti “al segreto” da Nernes fino al momento delle registrazioni in presa diretta, momento in cui Karin Park si è inserita in maniera attiva negli arrangiamenti e con un brano proprio, ovvero Hallucinational. Fondamentali infine le numerose collaborazioni che arricchiscono i brani: da Massimo Pupillo degli italiani Zu a Tomas Järmyr dei Motorpsycho, principali autori del brano The Moon Is Dead, fino a Lars Horntvethil dei Jaga Jazzist, che ha rifinito il mix del disco nel suo studio ad Oslo. La ciliegina sulla torta però è il nome dietro la produzione dell’album: Jaime Gomez Arellano, il quale non ha bisogno di presentazioni.
Proprio la visione del produttore riesce a conferire al prodotto finale un’omogeneità tanto versatile quanto unica, rendendo di fatto Norwegian Gothic un disco d’avanguardia con un’incredibile potenzialità pop.
Quello che si nota fin dai primi secondi di ascolto è una pulizia sonora ineccepibile, che non nasconde le asperità sempre presenti del duo, ma ne accresce l’impatto emotivo attraverso una dinamica gestita in maniera egregia e una scelta di suoni perfettamente azzeccata. Il metal ormai non fa più parte delle sonorità adottate dagli Årabrot, i quali decidono invece di infondere alle proprie basi rock’n’roll una fortissima dose di post punk e gothic rock, nonché un inedito afflato sinfonico-orchestrale, che in più di un’occasione rende i brani struggenti e delicati, aggettivi che fino a qualche anno fa non si sarebbe mai pensato di affibbiare alla band.

La scaletta è lunghissima e articolata in momenti dotati di una specifica connotazione personale, tra i quali trovano spazio momenti spoken word che servono a far respirare ulteriormente i brani e nel contesto non risultano quindi semplici riempitivi.
L’iniziale Carnival Of Love è subito uno dei pezzi più violenti del disco, grazie a delle chitarre pesantissime che richiamano il post metal dei Neurosis ammantandolo di un’atmosfera occult rock tipicamente anni ’70, con i cori e le tastiere che imbastiscono un sabba onirico e ipnotico. Un avvio incredibilmente coinvolgente.
La sapiente mescolanza di sonorità famigliari e aperte agli ascoltatori più disparati unite ad arrangiamenti mai banali è ciò che rende vincente un brano come Feel It On, che inserisce in un contesto prettamente noise rock il gusto melodico dei Queens Of The Stone Age, ma anche dei mai dimenticati The Devil’s Blood, per comporre un ritornello dove elettricità ed elettronica si fondono in maniera perfetta. Il discorso si potrebbe estendere anche alla seguente The Lie, che però rimane decisamente più lineare e diretta nel suo svolgimento. Si fa apprezzare comunque il suono grasso e fangoso del basso di Massimo Pupillo, vero e proprio legame inscindibile con il noise rock di scuola americana.
La voce di Kjetil Nernes è capace di passare da un timbro prevalentemente grave in stile crooner fino ad acuti sgraziati e taglienti, attraversando lidi comuni tanto a Michael Gira quanto a Nick Cave, ma con un piglio da poeta maledetto in salsa freak che lo distingue sia dall’uno che dall’altro.
Lascia straniti il tango stregato di Hailstones From Rain, guidato sempre dal basso e dalle orchestrazioni di Lars Horntvethil, mentre Nernes sprofonda nei meandri più bui che la sua voce è in grado di evocare; qui si rende evidente la lezione dei primissimi Swans, rielaborata con un gusto se possibile ancora più gotico e decadente.
Ma ecco che si arriva alla perla dell’album, quella Hallucinational ad opera della sola Karin Park, che confeziona un gioiello di dark pop a cavallo tra Beth Gibbons e Björk; la voce è assoluta protagonista, mentre intorno ad essa le orchestrazioni sinfoniche si elevano a un volume sempre più alto fino ad incorniciare i vocalizzi della Park in un affresco di rara bellezza. Queste le parole con le quali la cantante descrive la genesi del testo del brano:

Hallucinational deriva da un sogno futuristico che ho fatto. Nel sogno metà del nostro corpo aveva già raggiunto il Nirvana, quindi non avevamo più bisogno di camminare. Stavamo solo fluttuando. Il treno non aveva più bisogno di rotaie e stavamo mangiando il nostro cibo su piatti di metallo quadrati. Ho scritto i miei pensieri riguardo il sogno e questo è diventato il testo di Hallucinational.

Un momento da ascoltare in silenzio e con rispetto, capace di provocare più di un brivido servendosi solamente della delicatezza e della sensibilità proprie dell’artista. Il disco da questo momento alza l’asticella in maniera vertiginosa.
Non a caso infatti arriva poco dopo l’unico vero duetto in scaletta: Hard Love. Torniamo all’interno di un incubo gotico cadenzato e quasi danzereccio, nel quale le voci di Nernes e della Park si intrecciano solo per un istante, ma creando un’unione che è la stessa rappresentata dall’immagine di copertina e da molte delle foto promozionali dell’album, dove si vede la cantante incinta e illuminata dalla fioca luce lunare.
C’è spazio anche per assalti sonici post-hardcore e prettamente noise, prima di lasciare spazio al definitivo baratro horror jazz rappresentato da The Moon Is Dead. Qui è il sassofono a dettare le regole, mentre un accompagnamento fumoso e spettrale sostiene la voce sempre più oscura e indefinita di Nernes, che finisce per perdersi nel caos magmatico delle percussioni industrial ad opera, tra gli altri, di Anders Møller, già al fianco di band come Turbonegro e Ulver.

È un viaggio tra luci e ombre dell’anima quello rappresentato da Norwegian Gothic, nel quale si attraversano momenti apparentemente più luminosi, ma il dolore viene sempre affrontato a viso aperto, assaporandone le lancinanti sensazioni. Il songwriting di Kjetin Nernes non è mai fuori fuoco e la sempre più fondamentale presenza della compagna Karin Park è ciò che sta contribuendo a spianare la strada per il futuro sempre più luminoso degli Årabrot; e per un gruppo che deve il suo nome ad una discarica norvegese questo suona quantomeno bizzarro.
Indubbiamente però di fronte a un’opera come Norwegian Gothic è difficile rimanere indifferenti e le capacità compositive del duo riescono a convincere anche gli ascoltatori meno avvezzi a questo genere di sonorità rendendole più assimilabili a una vasta platea, ma senza mai perdere quel fascino morboso e distorto che ha caratterizzato la band nei suoi momenti più estremi. Questa è la grande forza di questo disco, che riesce a fare la differenza in campo rock e non solo, mostrandosi in tutta la sua efficacia e brillantezza e finendo per essere di fatto il miglior album mai prodotto dagli Årabrot a tutti gli effetti. Lasciamo da parte le etichette e concentriamoci sulla musica, perché questo disco merita di essere considerato come una delle uscite più esaltanti dell’anno.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
88 su 1 voti [ VOTA]
VoivodianoQualsiasi
Venerdì 25 Giugno 2021, 0.50.15
6
Splendido, amo questo tipo di sonorità
No Fun
Mercoledì 12 Maggio 2021, 10.53.44
5
Figurati @Alex, non ero serio, e poi è giusto scrivere il nome correttamente (anche perché la pronuncia è diversa) però così è più semplice. Ho ascoltato anche Solar Anus, e ho lì Who Do You Love e The Gospel che mi aspettano. Davvero una bella scoperta per me questo gruppo!
Black Me Out
Mercoledì 12 Maggio 2021, 8.39.51
4
Hai ragione @No Fun, mea culpa. Ora ho modificato il nome così almeno è più semplice cercare il nome del gruppo in DB. Ad ogni modo sono felice che il disco ti abbia intrigato, io continuo ad ascoltarlo sempre volentieri e non sta perdendo un grammo del suo fascino.
No Fun
Lunedì 10 Maggio 2021, 22.05.24
3
Togliete quell'affare da sopra la A che non riuscivo a ritrovare la rece no ok, basta digitare una parte del nome. Che dire, enorme, sul serio. Lo dovrò riascoltare più volte ma credo che finirò per fare come Graziano. Curioso il riferimento palese al quadro di Grant Wood di cui Alex aveva già parlato in una rece degli Swans se non erro. Tutto torna.
Black Me Out
Mercoledì 14 Aprile 2021, 18.48.55
2
@Graziano mi dirai poi cosa ne pensi allora. Tra l'altro consiglio di recuperare anche l'Ep "The World Must Be Destroyed" (uscito a fin gennaio, colpevolmente non l'ho citato nella recensione), dalle sonorità più ambient/noise/industrial e incentrato sull'"Eliogabalo o l'anarchico incoronato" di Artaud, che è uno dei miei libri preferiti di sempre. Meno di venti minuti, ma belli concentrati!
Graziano
Domenica 11 Aprile 2021, 19.21.30
1
Ascoltati e messi in lista acquisti. 😿
INFORMAZIONI
2021
Pelagic Records
Alternative Rock
Tracklist
1. Carnival Of Love
2. The Rule Of Silence
3. Feel It On
4. The Lie
5. The Crows
6. Kinks Of The Heart
7. Hailstones For Rain
8. The Voice
9. Hallucinational
10. (This Is) The Night
11. Hard Love
12. Impact Heavily Onto The Concrete
13. Hounds Of Heaven
14. Deadlock
15. The Moon Is Dead
16. You're Not That Special
Line Up
Kjetil “Tall Man” Nernes (Voce, Chitarra, Effetti)
Karin “Dark Diva” Park (Voce, Pianoforte, Synth)

Musicisti Ospiti:
Jo Quail (Violoncello)
Lars Horntvethil (Sassofono, Chitarra Lap Steel)
Massimo Pupillo (Basso)
Anders Møller (Percussioni)
Tomas Järmyr (Batteria)
 
RECENSIONI
 
[RSS Valido] Creative Commons License [CSS Valido]