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LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

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ARCI BELLEZZA, VIA G. BELLEZZA 16/A - MILANO

Ballistic - Ballistic
( 3720 letture )
Se ascoltate metal da un po’ di tempo ed è vostra abitudine spulciare recensioni in cerca di band valide e spesso sottovalutate, arrivando a questa recensione avete fatto centro! La prima cosa che ho pensato dopo aver ascoltato Ballistic è stata: "Ma come?? Scopro questa band solo ora, nel 2007, a quattro anni dall'uscita di questo album? E non ne avevo MAI sentito parlare prima?!?" In effetti sebbene la band sia relativamente nuova, i suoi membri calcano le scene metal ormai da anni, a partire da Tom Gattis (chitarra, voce) fino ad arrivare al batterista Rikard Stjernquist, l'altro chitarrista Peter Petev e il bassista Tim O'Connor. L'esperienza dei membri gioca sicuramente la sua parte, perché mettendo Ballistic nel vostro lettore CD e schiacciando il tasto PLAY, verrete investiti da un'ondata di Speed/Thrash Metal con chiari richiami agli 80's, ma infarcito di una tecnica davvero accattivante e una produzione ottima. Non potranno infatti deludere i devoti del thrash metal canzoni come l'opening track Collison Course, in cui la voce prepotente di Gattis e le chitarre distorte al giusto punto sfoderano una prestazione davvero di tutto rispetto; Corpse Stacked High, una intramontabile cavalcata di batteria e chitarra che sfocia in un ritornello decisamente catchy molto live-oriented, o la stupenda The Dissection/Into The Sever Chamber, sicuramente la più estrema dell'intero album, in cui la voce del guest Dave Brockie (GWAR) sfodera un growl che si accompagna perfettamente alla tela musicale tessuta da chitarre quantomai veloci.

Purtroppo non mancano le pecche, che in questo caso hanno il nome di Watch Me Do It e, in minor parte, Undefeated. La prima illude l'ascoltatore con un'intro in cui un riffing decisamente thrash lo prepara al meglio, per poi trasformarsi in una canzone molto orecchiabile, quasi pop, che non si solleva fino all'ultima cavalcata finale. Ed è proprio questa eterna cavalcata batteria/chitarra l'unico vero punto di forza anche di Undefeated, canzone non di basso profilo ma un gradino sotto le altre. Call Me Evil e Threshold Of Pain sono a mio parere i due pezzi meglio riusciti dell'intero album, veri e propri colossi thrash, aggressivi e veloci ma con inserimenti melodici degni di nota, durante i quali non si può non tendere la memoria a band come Overkill e Exodus. Silent Killer merita una citazione a parte, essendo una canzone decisamente al di fuori dello stile dell'album, ma non per questo meno riuscita. Infatti in questo pezzo i Ballistic ci stupiscono con un sound di stampo decisamente acceptiano, con melodie molto classiche alternate ad una chitarra ritmica che mantiene lo stampo thrash, con l’intento di amalgamare in una sola canzone generi molto lontani, ottenendo per altro un risultato davvero favoloso. Con Gone Ballistic e Bloodbath!, ultimi due pezzi dell'album, i Ballistic ultimano quest‘inno al thrash, e lo fanno nella maniera più grezza e aggressiva possibile, completando il tutto con una tecnica davvero impressionante (che non va assolutamente in antitesi con la rozzezza del pezzo).

In conclusione, se Ballistic fosse uscito a metà anni '80 avrebbe potuto tranquillamente rivaleggiare con album decisamente più blasonati per aggressività e interpretazione, potendo contare però su un’arma in più come la sua strepitosa produzione.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
92.19 su 273 voti [ VOTA]
Gianluigi
Lunedì 16 Febbraio 2015, 23.12.03
7
The Sentinel ma che droghe prendi? Cambia pusher, è un caldo consiglio!
Nikolas
Martedì 12 Agosto 2014, 8.33.29
6
Fammi capire, praticamente hai usato questo spazio solo per farti pubblicità?
The Sentinel
Martedì 12 Agosto 2014, 4.00.45
5
(ari-continua): , senza esagerare. E non concedo il massimo solo per la presenza di un paio di brani che reputo leggermente sotto al livello degli altri, ma si tratta sempre di pezzi più che buoni, non certo di roba scarsa o anche solo nella media. Segnalo per eventuali collezionisti che l’ordine dei pezzi nell’edizione americana è quasi completamente diverso e presenta anche una bonus track alla fine. Voto: 9.5/10 (oggi, dopo numerosi ascolti nel tempo, probabilmente ritoccherei leggermente portando a 9, ma la sostanza non cambia, discone stupendo che "spettina" letteralmente) (originariamente scritta per e pubblicata sulla webzine "Shapeless Zine" nel 2007)
The Sentinel
Martedì 12 Agosto 2014, 3.55.38
4
(continua dal precedente segato per eccessiva lunghezza): quelli le suddette produzioni). L’album è molto omogeneo, quindi abbastanza inutile stare a fare un track-by-track completo; mi limito a segnalare giusto la partenza a razzo con “Collision Course”, dove si mette subito in mostra anche l’ottimo chitarrista solista Peter Petev, “Watch Me Do It”, che, dopo un attacco con riff e scale velocissime sulla falsariga delle precedenti, modera la velocità su un tempo medio e riffoni più scanditi ad accompagnare la solita voce incisiva e fierissima, salvo poi “incasinarsi” di nuovo con vari stacchi, accelerazioni ecc., o le più melodiche (quasi maideniane per vari aspetti) e dotate dei ritornelli forse più immediati e riusciti di tutto il lavoro, a titolo “Call Me Evil” e “Silent Killer”, poste in rapida sequenza. E citazione d’obbligo anche per “The Dissection/Into The Sever Chamber”, che ospita come vocalist Dave Brokie dei folli/demenziali Gwar, e per la stupenda (una delle migliori secondo me) “Undefeated”, dotata della solita velocissima ritmica nelle prime strofe, ma poi capace di stacchi, variazioni, riff, fraseggi e assoli davvero perfetti e in certi casi anche abbastanza imprevedibili, con su tutto l’ennesima interpretazione vocale ottima e trascinante del leader. Una considerazione viene spontanea: negli ultimi anni molte band giovani hanno riscoperto, anche in USA, il “vero metal”, dopo il grunge che monopolizzò la prima metà dei ’90 e l’indigestione del cosiddetto “nu-metal” (o “new” che dir si voglia) successivamente. Parlo di molte di quelle band etichettate erroneamente “metalcore” e che di "(hard)core" non hanno quasi mai nulla, essendo totalmente devote all’approccio death svedese più o meno melodico che andava al massimo oltre 10 anni fa, oltre che al vecchio thrash della Bay-area e a mostri sacri del metal classico di sempre come i Maiden (per i fraseggi melodici e gli assoli); ma, ancor più in particolare, di quelle band alla 3 Inches Of Blood, per citare una delle più conosciute forse, che, a differenza di moltissime delle suddette, sono ancor più classiche e incompromissorie, non sporcando/intervallando, ad esempio, l’assalto metal con interventi in voce pulitissima, ultra-melodica e che tenta di essere “emozionale” al massimo, risultando invece del tutto fuori posto, quando non addirittura un po’ stonata. Ma anche quando, e arrivo al dunque, alcune di queste band sono bravine, abbastanza convincenti, trasudanti vera passione per il grande metal passato che citano ad ogni riff o linea vocale, se la cavano alla grande con gli strumenti e via dicendo beh, la differenza con la coesione, il mestiere, la spontaneità di ogni passaggio scritto ed eseguito, la caratterizzazione dei singoli pezzi di un disco, l’efficacia delle linee vocali e dei ritornelli e chi più ne ha più ne metta, di una band di musicisti navigati, che sono stati magari anche parte di quella stessa storia (anche se in band minori, come in questo caso) e hanno sempre avuto una certa visione del metal indipendentemente da qualsiasi moda o altro, si sente in maniera nettissima e innegabile, non ci sono storie: il resto al confronto sa tutto di posticcio, di “puzzle” di riff/assoli/stacchi e linee melodiche messe insieme alla meno peggio e interscambiabili tra i brani senza che il risultato di ognuno di essi cambi in maniera rilevante. Tornado al gruppo/disco in oggetto, nonostante quello che ho detto sopra, questo lavoro potrebbe risultare appetibile senza problemi anche per quelli che di solito apprezzano prevalentemente il power/speed o il metal europeo in genere (come d’altronde io stesso, riguardo i generi più classici, compreso il tipo ultra-sinfonico, maestri Rhapsody su tutti), almeno se si parla di quello sì melodico ma allo stesso tempo anche piuttosto aggressivo e d'impatto, dotato della giusta ruvidezza e basato sul muro di riff di chitarra in quantità (Helloween, Blind Guardian pre-"Nightfall...", Scanner, Gamma Ray...). Perché la melodia non manca di certo qui, e non solo dal punto di vista vocale, quello più immediato, ma anche per molti aspetti strumentali. Insomma è uno di quei dischi che pur prodotti da band americane, a me suonano sempre anche molto “europei” per molti aspetti; un po’ come, per fare un nome storico, i Metal Church, debutto in particolare, con quel suo tono e fierezza epica nelle linee vocali di cui ti innamori al primissimo ascolto, i riff molto incisivi ma anch'essi orecchiabili e concatenati insieme in modo molto lineare e "assecondante" fin da subito, o anche i Vicious Rumors dei primi dischi, per rimanere tra i nomi storici del power metal made in USA. Quindi il consiglio finale è di tener conto anche di quanto appena detto e dare almeno un ascolto, se vi capita, a questo gruppo, perché ha prodotto uno dei dischi (purtroppo già vecchio di quasi 4 anni e non ci sono al momento notizie di un successore) di puro metal più esaltanti, coinvolgenti e intensi degli ultimi 10 anni almeno
The Sentinel
Martedì 12 Agosto 2014, 3.49.36
3
La rece da quel mio blog, che era già stata fatta e pubblicata altrove cmq fin dal 2007 (anche se conoscevo già il disco da prima ancora appunto): Etichetta: Metal Blade Anno: 2003 Durata: 47:38 min. Genere: Speed/Power/Thrash Metal Non c’è proprio da stupirsi per niente se questo disco, come peraltro quello dei Coram Lethe della prima recensione postata sul blog, ha preso il massimo dei voti (o quasi, in alcuni casi) praticamente su ogni rivista o webzine, di varie parti del mondo, dove sia stato recensito. Anche se, purtroppo, pare che tra gli appassionati non sia molto conosciuto, anzi, almeno stando alla mia esperienza e cioè nell’ambito del nostro Paese, e nonostante sia uscito per Metal Blade, quindi reperibile abbastanza facilmente ovunque. A dirla tutta sembra che sia “sfuggito” per qualche motivo anche a varie webzine nostrane, in certi casi pure “grosse”. Innanzitutto c’è da dire che la band che ha inciso questo disco non è certo formata da debuttanti, a partire dal chitarrista/cantante e leader Tom Gattis, attivo nella scena metal americana fin da adolescente o poco più (fine anni ’70), con monicker come Deuce e Tension (in questi ultimi c’era anche il bassista ancora oggi al suo fianco), e più recentemente con i Wardog. Il batterista Rikard Stjernquist è invece in forza da anni anche ai Jag Panzer. Le biografie, foto d’epoca, notizie varie e quant’altro, oltre al demo/promo di 3 pezzi precedente a questo disco e liberamente scaricabile, le potete trovare nel suo sito segnalato a fondo recensione (*). Il disco è una vera bomba che mette insieme quasi costantemente (quindi non in pezzi separati) i tre stili sopra indicati, intendendo ovviamente, visto anche quanto detto sul personaggio, sia con il termine “speed” che con “power” i relativi approcci americani a questo genere, quindi mediamente molto più “spigolosi”, ruvidi e d’impatto rispetto a tantissima roba europea che, soprattutto negli ultimi 10 anni, è stata etichettata e descritta usando appunto quelle parole (del tutto legittimo in ogni caso, sono tali anche quelle e l’Europa non ha certo nulla da invidiare agli USA come tradizione power/speed, ma restano 2 approcci quasi sempre nettamente distinti e quindi chiarivo, visto che molti apprezzano il primo ma non il secondo, o viceversa). Altrettanto ovviamente qui non si trova traccia di nessun tipo di tastiera o arrangiamento sinfonico vario, semmai vari riff piuttosto thrash. Inoltre il tutto è suonato con una maestria davvero notevole da ogni componente, mai scontato o prevedibile (pur essendo in ambito molto classico in un certo senso), e capace di integrare sempre al meglio nei pezzi virtuosismi notevoli che non sono certo la norma in questo campo. Gattis canta con un impeto e un coinvolgimento raro da sentire in giro, spesso forse andando addirittura un filo oltre quelli che sarebbero i suoi limiti naturali di fiato o estensione (ma era quasi inevitabile, visto il ritmo mediamente altissimo e le metriche di conseguenza molto serrate, spesso affrontate probabilmente in “apnea” dall’inizio alla fine di ogni frase), eppure anche questo alla fine non appare un difetto, anzi, fornisce un fascino e una spontaneità ancor maggiore ai pezzi, o almeno questa è l’impressione che ho avuto io fin dai primissimi ascolti; anche perché, a scanso di equivoci, non si parla assolutamente di stecche o stonature vere e proprie, per nulla, solo di andare appunto “al limite” o anche un filo oltre, ma essendo ancora in grado di gestire perfettamente la situazione senza che scappi di mano, come probabilmente accadrebbe a molti sprovvisti della sua esperienza e talento. Un cenno anche sui suoni e sulla produzione generale, per la quale si può fare un discorso analogo a quanto detto sopra per l’esecuzione e lo stile, ovvero moderno e classico allo stesso tempo. Moderno perché comunque si sente al volo che l’impatto, la qualità, il volume di uscita ecc. sono associabili senza dubbio alcuno ad un disco degli anni duemila, ma classico perché il tutto non è “pompato” all’eccesso, le chitarre hanno la “grana” della distorsione non troppo fine, compressa e pulitina come in molte uscite di power/heavy/speed e dintorni (e non solo) post-metà anni ’90 circa, la batteria non suona finta e in generale non c’è la sensazione di un blocco unico dove i singoli strumenti non sono così distinguibili e tutto è quasi “plasticoso”. Qui, nonostante l’impatto notevole e il coefficiente di metallicità alle stelle come di rado si sente, ogni strumento “respira” alla grande ed è un piacere sentire sempre bene anche il basso (ottimi tra l’altro anche i suoi occasionali mini-assoli all’interno dei brani in stacchi vari), che in molte produzioni moderne pare scomparire letteralmente sotto il resto, che siano tastiere, chitarre o batterie iper-triggerate (anche se c'è da dire che in certi approcci e stili nettamente diversi da questo la cosa ha un senso diverso e non è necessariamente un difetto, solo che spesso non si sentono solo in
The Sentinel
Martedì 12 Agosto 2014, 3.45.17
2
Belli i voti medi dei "metallari"...chissà tra l'altro quanti l'hanno realmente ascoltato (e tutto intero possibilmente) e che cazzo di gusti di merda abbiano nel metal per non apprezzare musicisti di questo tipo e una bomba di disco del genere...poracci... Purtroppo forse anche la rece lo fa passare in alcuni passaggi per quello che non è, di davvero "rozzo" ha poco per esempio, c'è classe e tecnica altissima invece pur essendo al 100% metal incompromissorio, c'è anche tanta melodia sia strumentale che vocale, c'è enfasi epica quasi in tante linee vocali e non solo, c'è varietà nei brani e una produzione classica ma modernissima come impatto, limpidezza dei suoni, dinamiche e tutto, suoni veri, reali, non troppo compressi come quelli moderni già al tempo dell'uscita del disco, ma di sicuro nulla a che vedere con quelli grezzi e volutamente "ottantiani" di tante band del "revival old school" giovani o meno degli ultimi anni (nel 2003 poi non era ancora scoppiato e inoltre qui si parla di protagonisti di quel tempo, non bimbetti che tentano di imitare i "vecchi" essendo vecchi dentro per primi), tutt'altro, e è un disco assolutamente non stantio, si sente da molte cose che è figlio degli anni 2000 o cmq post metà anni '90, è "moderno" cmq a suo modo quindi, quindi rivaleggia ancora oggi sia per produzione che stile e tutto, con i migliori in circolazione odierni e anche con tanti capolavori o ottimi dischi del passato, senza problemi.
The Sentinel
Martedì 12 Agosto 2014, 3.37.51
1
"Quasi pop" WMDI? Ma che ti fumi oh? Per me gran pezzo come qualità, nella media del disco direi, e a parte la cavoltata del "quasi pop" appunto, che non esiste proprio (o hai una copia taroccata con "intrusi" vari, forse)..."Undefeated" invece lo metto tra i migliori io, altro che. Cosa penso cmq in generale io del disco/band (che scoprii poco dopo l'uscita per segnalazione di altri su una specie di forum che frequentavo, o forse lessi una delle pochissime rece che ci furono) si può leggere su blog omonimo del mio nick qui, l'indirizzo è realindependentreviews su blogspot italiano.
INFORMAZIONI
2003
Metal Blade Records
Thrash
Tracklist
1. Collision Course
2. Corpse Stacked High
3. Watch Me Do It
4. Call To Armageddon
5. The Dissection/Into The Sever Chamber
6. Call Me Evil
7. Silent Killer
8. Threshold Of Pain
9. Undefeated
10. Gone Ballistic
11. Bloodbath!
Line Up
Tom Gattis : Guitar, Vocals
Petio Petev : Guitar
Tim O'Connor : Bass
Rikard Stjernquist : Drums

Guest
Dave Brockie : Vocals on track 6
 
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