|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
Wheel (GER) - Preserved in Time
|
01/05/2021
( 1232 letture )
|
Se osserviamo nel regno animale il fenomeno del mimetismo, stiamo vedendo all’opera una potentissima arma di difesa (occasionalmente anche di offesa), volta alla sopravvivenza propria e della specie, in base alle quale l’animale sfrutta la somiglianza esteriore con altri animali con i quali non ha in realtà alcun tipo di relazione o parentela, per confondere i predatori (o le prede), rimanendo inosservati o creando un effetto sorpresa, al fine di sfuggire (o provocare) la morte. Trasportando il concetto dal mondo animale a quello musicale, il risultato non cambia di molto: la lotta non è più da intendere in senso letterale, ma metaforicamente sempre di sopravvivenza si tratta e quindi, in molti casi, molti di più di quanto si pensi, ecco che il mimetismo diventa una strategia fondamentale. Prendere ispirazione, si dice, ma quale è il limite tra l’ispirazione, che inevitabilmente deve esistere e la scopiazzatura? Questo interessante enigma ci porta oggi alla corte dei Wheel, band tedesca da non confondere con l’omonima finlandese, che ha recentemente rilasciato l’ottimo Resident Human. Curiosamente, i quattro di Dortmund si formano prima degli omonimi progster, nel 2006, con il nome Ethereal Sleep, che diventerà Wheel nel 2009 con l’ingresso del batterista Carsten Jercke, ispiratore del cambio. Il debutto autointitolato è del 2010 e nel 2013 arriva Icarus, a cui però fa seguito un lungo periodo di inattività causato dalla perdita della propria sala prove e dalla necessità di trovarsi un “vero” lavoro. Evidentemente, qualcosa continuava però a bruciare sotto la cenere e così, trovato casa presso l’ottima Cruz del Sur, decisamente attiva negli ultimi tempi e confermata in toto la formazione originale, ecco che per i Wheel arriva il tempo di pubblicare il proprio terzo disco, Preserved in Time, che si segnala -anche- per la bella copertina.
L’amore dichiarato per la band tedesca risiede tutto nel doom classico di matrice ottantiana e se inizialmente l’approccio andava invece verso Katatonia, Opeth e Paradise Lost, col tempo la primeva infatuazione per Candlemass, Trouble, Pentagram e Solitude Aeturnus ha avuto decisamente la meglio. Tanto che Preserved in Time può senz’altro dirsi figlio di un approccio doom piuttosto netto, interamente incentrato sul riffing di Benjamin Homberger e sulla voce di Arkadius Kurek, con i due compagni d’arme a garantire potenza e dinamicità a canzoni pesantissime, epiche e cariche d’atmosfera malinconica, oscura e apparentemente senza speranza. Il gruppo non sembra affatto risentire degli otto anni di stop forzato e anzi tira fuori un disco di altissimo livello, tanto da posizionarsi fin da subito tra le migliori uscite dell’anno, senza il minimo dubbio o tentennamento. Naturalmente, avendo a che fare con un approccio che non intende perseguire la minima variazione sul tema portante, ma si affida interamente alla qualità dei brani e all’aderenza al canone originario, non ci si deve aspettare chissà quale spettacolo stordente di originalità. Niente di tutto questo. Qua troviamo quasi cinquanta minuti di ottimo doom dalle venature epiche, condito di riff pesanti e lenti, ma ricco di variazioni con arpeggi, strumenti acustici, assoli e armonizzazioni e qualche sporadica accelerazione, letteralmente dominati dalle melodie e dalla voce di Arkadius Kurek, vero mattatore del disco. E’ proprio affrontando il lavoro svolto dal cantante, in particolare, che occorre però richiamare il non casuale cappello introduttivo: Kurek svolge infatti il suo ruolo in maniera encomiabile e perfino entusiasmante, per larga parte, con una timbrica molto bella e una ottima estensione, messe al servizio di una capacità interpretativa non comune, che non si limita a sparare acuti a destra e manca o giocare la carta dell’enfasi stentorea tanto cara all’epic, come unico mezzo espressivo. La carica emotiva e la capacità di evocare un’eroica malinconia sono fortissime, degne di un fuoriclasse e questo si estende per tutto il disco. Il problema, perché un problema c’è ed è grosso come una casa, è che Kurek questo bagaglio lo prende di peso da Robert Lowe (Solitude Aeturnus, Candlemass, Tyrant), in tutto e per tutto. L’opera di Kurek è un appassionato quanto riuscitissimo plagio mimetico del cantato di Lowe, ai limiti della totale sovrapposizione al fuoriclasse statunitense. Un’operazione impressionante, perché Lowe è veramente un gigante e riuscire in maniera così eclatante a riprendere tutto il suo bagaglio espressivo, la cadenza, il ritmo, l’interpretazione, le scelte melodiche e riproporle in maniera del tutto convincente, è stupefacente. In qualche caso, la mimesi è davvero indistinguibile. Che questo sia un merito o un clamoroso limite, spetta all’ascoltatore stabilirlo. Quello che è certo è che i Wheel attorno a questa mimesi costruiscono un disco davvero molto bello, che ricalca anche musicalmente l’opera dei Solitude Aeturnus, inevitabilmente, ma in maniera meno evidente, andando a pescare anche in altri lidi e comunque riuscendo praticamente sempre a convincere con composizioni lunghe e dilatate che non annoiano e si rivelano invece curate e costruite con artigianato di alto livello. Fin dal trittico iniziale si capisce l’enorme potenziale del gruppo e l’opener At Night They Came Upon Us è senza dubbio uno degli highlight di quest’anno, tanto che non avrebbe assolutamente sfigurato in un album dei Solitude Aeturnus. Certo è difficile far finta di non notare la clamorosa scopiazzatura, ma altrettanto difficile è non apprezzare il livello del lavoro fatto. Un sentimento che ci accompagna per tutto il disco, dall’asfissiante When the Shadow Takes You Over alla bellissima chiusura della lunga Daedalus, perfetto compendio del disco assieme all’opener. Unica eccezione è costituita da Aeon of Darkness, che pur forte di un clamoroso riff portante, si rivela brano faticoso nell’incedere e dalla melodia non riuscita. Poco male, perché la seguente Hero of the Weak è l’unica nella quale si fa notare una vena melodica diversa, più “leggera” se vogliamo, ma almeno particolare e difforme dal resto dell’album, il che crea in effetti un certo valore aggiunto.
Preserved in Time è un ottimo album di doom epico e oscuro, con pochissimi difetti formali, che si riassumono in una certa staticità dinamica e ripetitività compositiva e forse un unico brano leggermente meno riuscito a livello melodico, a fronte invece di altri sei ben più che a segno. Dopo otto anni, i Wheel tornano con un colpo da KO, che meriterebbe di proiettarli subito alla massima attenzione per tutti gli amanti di queste sonorità. Eppure, qualcosa continua a stonare in questo quadro e quel qualcosa non può che essere che è troppo facile pretendere di assurgere ai piani alti copiando spudoratamente la grandezza altrui, per quanto difficile questo oggettivamente sia. Perché i Solitude Aeturnus sono immensi e Robert Lowe uno dei migliori cantanti di sempre e riuscire a riprodurre in maniera così convincente il suo stile è davvero compito improbo. Ma se il mimetismo nel regno animale salva la vita, altrettanto non è detto debba fare in ambito musicale e quella che può essere un’opera volta a confondere, può rivelarsi invece fatale non appena l’inganno sia scoperto. I Wheel possono e devono fare qualcosa di diverso, perché hanno un potenziale enorme e un brano come Hero of the Weak conferma che sono in grado anche di essere maggiormente personali. Preserved in Time è una vera sorpresa e probabilmente chi si accontenta, in questo caso, gode. Ma….
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
5
|
E mi trovo dopo sei mesi ad ascoltarlo ancora, album dell'anno per me. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Devo dire che mi ha coinvolt in maniera assoluta lo ascolto da un bel po' e ripetute volte al giorno.
|
|
|
|
|
|
|
3
|
E un disco doom classico stile primissimi grand magus ...un buon disco ma niente che fa gridare al miracolo...ma va benissimo cosi'. |
|
|
|
|
|
|
2
|
Grazie El Faffo. È un disco che sulla metà dello scorrimento rischia di diventare monolitico in effetti. A me ha dato l'impressione che passata Aeon of Darkness sul finale si riprenda molto bene! |
|
|
|
|
|
|
1
|
Recensione impeccabile, disco bello e ben prodotto.
Onestamente fatico ad ascoltarlo tutto dall' inizio alla fine, lo digerisco meglio un brano a spizzica playlist... Lo dice uno che si spara June Frost dei Mournful Congregation e tempo permettendo ri-schiaccia play! |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. At Night They Came Upon Us 2. When the Shadow Takes You Over 3. After All 4. She Left In Silence 5. Aeon of Darkness 6. Hero of the Weak 7. Daedalus
|
|
Line Up
|
Arkadius Kurek (Voce) Benjamin Homberger (Chitarra) Marcus Grabowski (Basso) Carsten Jercke (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|