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27/04/25
THE LUMINEERS
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The Answer Lies in the Black Void - Forlorn
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24/10/2021
( 1016 letture )
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Martina Horvath non è certo un nome nuovo nel panorama metal, se non mondiale, per lo meno europeo. La talentuosa cantante ungherese, oltre che per gli eclettici progetti e collaborazioni lontani dal metal quali ad esempio i Mansur, è nota ai più per dare voce a molti dei componimenti di un artista che dell’estro e dell’imprevedibilità ha fatto le sue armi, il connazionale polistrumentista Tamas Katai, in arte Thy Catafalque. L’incontro con Jason Kohnen dei Celestial Season (ex The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble), esponente di spicco della scena musicale olandese, e il successivo sodalizio proprio nei Mansur, gettano le basi per un’ulteriore collaborazione con l’intento di esplorare il doom in tutte le sue sfumature. Nascono così i The Answer Lies in the Black Void, esordienti assoluti con questo Forlorn. Considerata la provenienza di entrambi gli artisti da ambienti eterogenei e non sempre affini al metal, c’era il rischio concreto di trovarsi di fronte ad un album eccessivamente contaminato, destrutturato e magari troppo sbilanciato verso la sperimentazione e l’avantgarde, ma Forlorn è e rimane un disco doom, con quel quid in più garantito da due autentici esploratori musicali a trecentosessanta gradi. La sensibilità dei due artisti verso le evoluzioni del genere negli anni, in particolare quello female-fronted, è chiaramente ravvisabile negli otto brani, (più l’intro White Dove), che costituiscono il loro esordio, ma le composizioni riescono a non scadere mai nel plagio, nell’autoreferenziale, mantenendosi mirabilmente in equilibrio tra innovazione e tradizione.
Mina, Barren e Rubicon sono i brani che più di tutti si allineano col passato, anche recente del genere. Nei ritmi dilatati e nelle strutture che scivolano liquide da riff squadrati ad arpeggi più atmosferici, non è casuale sentire echi degli Avatarium, dei Trees of Eternity, così come gli ultimissimi Draconian. Tuttavia, pur non rifuggendo da contaminazioni stilistiche, le prime canzoni mantengono un’integrità strutturale per tutta la loro durata senza perder mai di coesione. Poi attraversando le note di Rubicon (titolo e collocazione in tracklist perfetti) la musica esce gradualmente dagli schemi imposti dal genere, alla ricerca di strade e percorsi nuovi, senza mai abbandonare del tutto le coordinate di riferimento. Moult si apre con un pattern ritmico più vicino all’alternative dove Martina Horvath, esprimendosi prevalentemente sulle note basse, gioca a fare il verso ad Amy Lee degli Evanescence. For Nevermore ritorna sui binari del doom languido e sognante di realtà come Dool e Subrosa, dove ai riff più duri si alternano parti cantate più seducenti, in un riuscito gioco di chiaroscuri sonori. Become Undone inizia e finisce in pieno stile Avatarium e potrebbe essere uno dei brani più prevedibili di Forlorn, non fosse per un break centrale dove esplodono i blast beat in un repentino cambio di tempo sul quale si innesta una cacofonia schizzata di sassofono che disorienta e inquieta. Una suggestiva overture di violoncello introduce Okkultas, in assoluto il brano più eclettico e destrutturato di tutto Forlorn, e l’appartenenza di entrambi i musicisti al progetto sperimentale Mansur emerge prepotentemente. Il brano è una lunga divagazione rarefatta, una nenia dal sapore mediorientale sulla quale la poliedrica Martina Horvath intesse arabeschi e gorgheggi; il suo canto più che declamare versi, diviene esso stesso strumento musicale di comunicazione universale, dove le parole sono inutili e superflue. Curse posta in chiusura, riluce di tutti quei colori che singolarmente tingono Forlorn: doom, ambient, alternative e gothic si amalgamano in un’atmosfera suadente ed avvolgente allo stesso tempo, e chiudendo gli occhi sembra quasi di ascoltare una melodia che è l’immagine riflessa e distorta dei primi The Gathering con Anneke alla voce, quelli di Mandylion e Nighttime birds, non a caso connazionali di Jason Kohnen.
Il connubio internazionale The Answer Lies in the Black Void nasce sotto una stella fulgida e splendente, permettendo a due artisti, spesso comprimari in altre avventure, di essere finalmente e meritatamente protagonisti della propria musica come della propria storia. Il sodalizio nato tra le note dei Mansur ha l’occasione, colta in pieno, di crescere e manifestarsi al meglio grazie all’indubbia alchimia presente tra i due musicisti. Jason Kohnen, veterano navigato di mille progetti, ha modo di mettere tutto il suo bagaglio culturale e musicale al servizio di un talento vocale unico e cangiante come quello di Martina Horvath. La produzione calda e dinamica riesce nel duplice compito di dare risalto sia alla durezza delle parti doom che agli arrangiamenti più melodici e d’atmosfera. Ora non resta che sperare che Forlorn non sia un unicum di un progetto a se stante, ma che divenga il primo passo di questa nuova realtà dal potenziale espressivo tanto potente quanto imprevedibile, The Answer Lies in the Black Void.
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2
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Un disco molto bello musicalmente a livello di atmosfere e melodie ma con alcune linee vocali poco sentite e comunque migliorabili.
Comunque al di sopra della media...assolutamente da avere!!!! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Mina 2. Barren 3. Rubicon 4. Moult 5. For Nevermore 6. Become Undone 7. Okkultas 8. White Dove 9. Curse
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Line Up
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Martina Horvath (Voce) Jason Kohnen (Chitarra, Basso, Batteria)
Musicisti Ospiti Colin Webster (Sassofono) Tamas Katai (Sintetizzatore, Tastiera) Gabor Drotos (Violoncello, Orchestrazioni)
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RECENSIONI |
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