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26/04/25
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Scott Walker - Climate of Hunter
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27/03/2022
( 1009 letture )
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Unico disco degli anni Ottanta, undicesimo disco della sua carriera e ultimo lavoro prima di un silenzio durato undici anni. Climate of Hunter, pubblicato nel 1984, arriva dopo un periodo artistico non proprio fortunato per Scott Walker. Dopo il successo degli anni Sessanta ecco che il seguente decennio creativo non sembra affascinare pubblico e critica, tanto da non apprezzare sia i tre dischi registrati con i ri-formati The Walker Brothers, No Regrets (1975), Lines (1976) e Nite Flights (1978) che We Had it All, decimo lavoro solista del musicista. Molto importante è però Nite Flights, perché segna un cambiamento fondamentale nel modo di scrivere dello statunitense, sia dal punto di vista stilistico che compositivo: si trattava di un album fatto di pezzi originali e ricco di atmosfere oscure date dalle chitarre e dal massiccio uso di sintetizzatori, elementi che torneranno anche in Climate of Hunter.
I brani nascono ad inizio decennio ma vengono completate negli ultimi mesi del 1983, ma il modo in cui questi vengono finiti è alquanto particolare. Dopo aver riunito un nutrito gruppo di musicisti di altissimo livello ed un produttore che lanciò i Simple Minds, Peter Walsh, ecco che i brani vengono sì completati da Walker ma senza che gli altri musicisti sappiano cosa e come debbano suonare. Non avranno modo di sentire anteprime, melodie portanti demo o altro, ma scopriranno tutto il giorno delle registrazioni; un’idea ovviamente voluta dal musicista che permetterà a tutti d’improvvisare e di lasciarsi trasportare anche dai testi. L’obbiettivo era quello di dare al disco un tono volutamente “sconnesso” in cui ogni strumento potesse esprimersi liberamente per poi magari riallacciarsi ad un altro e così via, senza paletti di alcun tipo; un’idea sicuramente affascinante e almeno in parte riuscita con un disco ricco di atmosfere eteree date dai sintetizzatori, dalle orchestrazioni e dall’incredibile voce del cantante. Prendiamo ad esempio Dealer, dai toni nostalgici sia per l’interpretazione del testo che per i sassofoni e le trombe di Mark Isham ed Evan Parker, non esattamente protagonisti ma abili in poche battute di lasciare il segno. La successiva Track Three mostra invece l’aspetto più “rock” del disco sia per la struttura che per le distorsioni chitarristiche di Phil Farmer e Ray Russell, ex-membro della prog rock band Mouse (Lady Killer, 1973), ma è anche il pezzo in cui la sezione ritmica di basso e batteria ricorda come siano loro a dettare la linea del lavoro. Bisogna infatti notare che oltre alle tastiere e alle orchestrazioni, le canzoni è come se venissero costruite sull’andamento di basso e batteria, come se una volta trovato il ritmo e la melodia portante, tutti gli altri abbiano aggiunto qualcosa. O addirittura tolto, come in Sleepwalkers Woman, malinconica traccia in cui Walker, accompagnato solo dai sintetizzatori, narra di un particolare e magico ricongiungimento:
«For the first time forgetting I am returned Her mind moved by the silence I am returned As if all that replaced us Ends it again As if all that replaced us Ends»
Proseguendo e avendo un’idea più chiara del disco, con degli echi se vogliamo post-punk e dark wave dati dalla sezione ritmica, dalle atmosfere (Track Seven) e alcuni momenti più vibranti e che in qualche modo sembrano preannunciare quanto il musicista farà a partire dal suo ritorno undici anni dopo con Tilt (Track Six non avrebbe sfigurato su quel disco). E se l’assolo di Ray Russell nella penultima traccia sembrava un bel modo di concludere, ecco che nella conclusiva Blanker Roll Blues, canzone scritta da Tennessee Williams e Kenyon Hopkins, sono Mark Knopfler e la sua chitarra acustica ad accompagnare quelle che per molto tempo saranno gli ultimi versi cantati dal “dark dandy”.
L’idea su cui si fonda Climate of Hunter è certamente curiosa e diremmo più che riuscita: se prendiamo Nite Flights come punto di riferimento, qui abbiamo un musicista intenzionato a prendere quanto fatto lì sopra e spezzarlo per togliere più struttura e dare maggior libertà compositiva, ed è come se questi milioni di pezzi abbiano poi accompagnato tutti i successivi dischi di Walker, compresa la collaborazione con i Sunn O))). Diciamo in parte perché, inevitabilmente, ogni tanto si ha come la sensazione che i pezzi non siano esattamente finiti vivendo di apici sparsi per tutti i trenta minuti. L’obbiettivo era quello, e lo conferma anche la scelta di non dare a tutti i pezzi un titolo per, come detto dal musicista, fare in modo che nessuna avesse più “valore” di un’altra. Come detto all’inizio, non era un periodo esattamente positivo per Walker, che amato e richiesto da tutti, non riusciva comunque ad ottenere contratti discografici o a convincere la critica Il disco sarà un fallimento commerciale e uscirà dai cataloghi della Virgin), tanto che nel documentario 30th Century Man si paragonerà a Orson Welles, quello “che tutti volevano incontrare ma per il quale nessuno avrebbe finanziato un suo progetto”. Sappiamo che non andrà così, ma sappiamo altrettanto che la frase con cui si apre il disco sarà quanto meno una premonizione:
«This i show you disappear»
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3
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Per me un album veramente bello ed intrigante, gelido e spettrale come lo sarà e meglio, Tilt. 77 |
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2
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uh, corro ad ascoltarmi nite flights, che mi manca. recensione molto interessante! un album che comunque non ho approfondito a dovere, ahimè quando ho voglia di scott walker ho voglia di tilt ^^" |
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1
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Il cantore delle macchie che infestano le anime più infelici. Grrrrrande artista, peccato che ci abbia lasciato. Album ottimo, avrei votato sull 83. Caghi saluti |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Rawhide 02. Dealer 03. Track Three 04. Sleepwalkers Woman 05. Track Five 06. Track Six 07. Track Seven 08. Blanket Roll Blues
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Line Up
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Scott Walker (Voce)
Musicisti ospiti: Billy Ocean (Armonie vocali nella traccia 3) Ray Russell (Chitarra nelle tracce 3, 7) Phil Palmer (Chitarra nella traccia 3) Mark Knopfler (Chitarra nella traccia 8) Mo Foster (Basso) Peter Van Hooke (Batteria) Gary Kettel (Percussioni nelle tracce 5, 7) Mark Isham (Tromba nella traccia 3) Evan Parker (Sassofono tenore e soprano nelle tracce 2, 6) Brian Gascoigne (Arrangiamenti orchestrali, tastiere nelle tracce 2, 3, 5)
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RECENSIONI |
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