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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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In Mourning - Shrouded Divine
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( 5685 letture )
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Se nel corso degli anni avessi accettato di prendere in considerazione la tua voce, mi troverei oggi, inesorabilmente, a muovere guerra contro me stesso; di volta in volta, nel nome del buonsenso, della prudenza, della “misura” mi hai aperto strade mediane che prospettavano facili conquiste personali. Assenza di rischio e risultato certo in cambio dell’onore. Ed è qui che hai mancato! Perché una misera porzione del tutto non può stuzzicare chi mira al trionfo! Il predestinato, ricorda, non vende le proprie sognanti ambizioni elemosinando le tue insipide briciole… perché ciò significherebbe venire meno all’ego; farlo senza possibilità di appello; fallire, in altri termini. E dunque mi sono tappato le orecchie, per non sentire più la tua voce; inforcando con risolutezza la via della supremazia, conscio che per assaporare il definitivo successo serve solo il giusto tempo. Ecco perché vivo, e vivrò sempre, cercando l’orgasmo; tanto nelle grandi imprese, quanto negli atti più banali del trascorrere quotidiano. Ecco perché vivo, e vivrò sempre, togliendoti lo sguardo con manifesta, riconosciuta superiorità. Da sempre voglio godere; e voglio farlo ridendo sguaiatamente di te, orrida Colonna Infame, che ancora credi, dopo tante sconfitte, di potermi inquinare con il tuo fiume di mediocrità. Per te… solo pollice verso!
Con medesima trasparenza di mire i giovani In Mourning hanno insolentemente sbattuto in faccia al mondo intero il loro primo, centratissimo full-length, il cui ascolto scaturisce da una imbroccata segnalazione intra-redazionale (di cui non faticherete a comprenderne la tetra provenienza). Shrouded Divine, seppure evidentemente fuori canone, lascia davvero a bocca aperta: bastano pochissimi secondi per capire che non si è alle prese con la solita release death, ma che gli svedesi in questione hanno sfacciatamente scelto la strada dell’ostentazione e della ricerca stilistica per una volta sapientemente mescolata con partiture dirette ed estremamente empatiche. È così che ci si ritrova a dovere elogiare un prodotto che mai più si pensava di poter ascoltare, vista la deriva di un genere, il prog death, che non trova da anni nuovi, veri protagonisti e che pure ha perso vigore creativo nelle proprie band seminali (Opeth su tutti). Elencare asetticamente le molteplici muse prese ad ispirazione dai terribili fratelli Netzell sarebbe la più facile delle descrizioni, ma provocherebbe tuttavia una fasulla enfasi a riguardo dell’originalità del platter che, in questo caso, non è solo presumibile, ma davvero (e motivatamente) sostanziale. Nell’elegante songwriting confluiscono infatti molte citazioni celebri (Opeth, Katatonia, Dark Tranquillity per dare qualche riferimento esplicito), senza che in alcuna occasione si abbia la sensazione di essere alle prese con una mera ingerenza di forma.
L’impianto strumentale fronteggia battute molto aggressive, rese pesantissime dall’inusuale utilizzo di una terza chitarra a scopo principalmente ritmico, con partiture più melodiche ed accessibili, ugualmente brutali ed intrecciate con abili rasoiate della già citata triade (ora efficacissima) che si sovrappongono a ricreare uno scenario armonico parecchio articolato. La solista non disdegna ricami assai articolati, resi progressive dall’uso di un’effettistica non consueta (wah-wah ad esempio) e nondimeno orientata a partiture dal gusto malinconico ed oscuro. Un cenno di merito anche a Pierre Stam e Christian Netzell che dialogano alla perfezione sostenendo la sempre ricercata sezione melodica con una ritmica per lo più interessante: Netzell stesso si eleva ad indiscusso primo attore tutte le volte (e sono tante) che, durante il precisissimo drumming, innesta il vorticoso frullio dei pedali; in tal modo gli In Mourning tradiscono di privilegiare, nell’economia generale della forma-canzone, le sorde scariche della grancassa adagiate su tempi a media frequenza, alle abituali tecniche velocistiche che vedrebbero rullante e charleston (chiuso) quali naturali protagonisti. La scelta è perfetta poiché gli intervalli sono comunque incalzanti e pure beneficiano di un costante sostentamento proveniente dalle pelli più gravi.
Ad aumentare la forte sensazione corale che si perfeziona, istante dopo istante nell’ascolto di Shrouded Divine, si inserisce la prova canora di Tobias Netzell spesso deciso a seguire, con il suo potentissimo mid growling, la linea principale della sei corde; il ringhio è lancinante sia nei registri profondi, forte di una risonanza unica (naturale ed artificiale), sia in quelli più “ingolati” dove si sovrappongono, in una logica polifonica, più “canali” timbrici. La novità, se di ciò si può parlare, è quella di non volersi limitare, come spesso accade, ad una vocal-line semplicemente “urlata”, utilizzando invece un’ugola modulata e molto simile ad un cantato tradizionale. In questo divenire feroce ed impetuoso vanno segnalati anche numerosi intramezzi rarefatti e malinconici, resi tali dalla presenza di una voce clean calda ed accogliente (anche se limitata nell’estensione tonica) e dalla ragionevole presenza di qualche sporadica apparizione del sinth a completare il lento arpeggiare doom. Forse i deathster più incalliti non apprezzeranno queste ultime aperture, anche se di fronte ad una tale, eclettica realizzazione d’intenti non si può far altro che chinar la testa in segno d'ammirazione.
Gli otto brani di Shrouded Divine travolgono come una frana inarrestabile, e lo fanno senza concedere alcuna possibilità di tregua. The Shrouded Divine apre il cd con convinto appeal progressive; i nostri mettono in mostra, uno dietro l’altro, preziosi ricami chitarristici fatti di reticoli iper-effettati, ma pure di semplici, pesantissimi riffoni metallici sui quali i fratelli Netzell lavorano indifferentemente di corpo l’uno e di gola l’altro; l’alternarsi tra leziosità ed irruenza sarà motivo conduttore di tutta l’opera, ma trova la sua massima espressione proprio nel brano d’esordio, quasi fosse necessario tranquillizzare l’avventato acquirente sulla bontà del prodotto stesso. Ultimo minuto all’insegna della dolcezza, utile tanto per completare il complesso biglietto da visita, quanto per introdurre la successiva Amnesia, canzone estremamente coinvolgente per il suo insistente, spedito incedere. Atipico congedo in crescendo. Nella successiva In the Failing Hour l’atteggiamento sfrenato pare complessivamente smorzato, in un tripudio di malinconia e sofferenza, ma si erige altresì un cantato più tirato (con un eccezionale riscontro sui toni alti) e, soprattutto, risulta lucida la volontà della band di sottolineare i cambi di rotta, ovvero le semplici ricorsività delle battute, attraverso l’intensificarsi coordinato delle percussioni basse e delle vocals, rese plurime attraverso il mixaggio delle sovraincisioni di cui ho già fatto appunto. Per l’occasione la solista cede il passo a bitonali tritatutto almeno in un paio di occasioni. Già totalmente affascinati dalla prima porzione del disco, si giunge a By Others Considered che attacca con sapori tipicamente swedish death per poi dipanare in una fase centrale forzatamente alleggerita, ma comunque piacevole pur nella sua ovvietà stilistica. Grind Denial fa segnare una prova canora da primadonna e riapre qualche finestrella progressive, senza però ricalcare le sperimentazioni più spinte di The Shrouded Divine e Amnesia. The Art of a Mourning Kind è il pezzo meno coinvolgente, soprattutto perchè sfortunatamente incastonato a monte di una The Black Lodge davvero memorabile. Gancio e ritornello di quest’ultima sono di bellezza indicibile, specialmente se collocati a confronto della corrente conterranea di cui si possono elevare a capostipiti gli Skydancer e The Gallery che tanto fecero sognare durante la metà degli anni Novanta. Con dispiacere giunge Past October Skies (The Black Lodge Revisited), terminale di scarico di questo ottimo primo album degli In Mourning: tecnica e variazioni di ritmica (l’avvallo centrale di conclamata scuola doom conferma l’attitudine in materia oscura) ne sono il punto di forza; ottimo il recupero del traino iniziale di The Black Lodge e le scariche ritmiche finali a tracciare lo sconsolato commiato.
Lo scenario dipinto è in definitiva strabiliante: aplombe raffinato ma aggressivo, struttura complessa ma afruibile, impatto potente ma melodico. Shrouded Divine, dopo qualche ascolto d’inquadramento assolutamente necessario per poterne sviscerare il valore, è un prodotto potenzialmente in grado di soddisfare ogni archetipo di metallaro, seppure con armi e ragioni differenti. Vale la pena precisare che, prima di condurre al termine lo scritto, il raggio d’azione degli In Mourning è piuttosto ampio dal momento che questi ragazzi sono dotati sia di eccezionali doti tecniche, sia accattivanti intuizioni creative, e non perché l’album guardi sornione ad un opportunistico ventaglio di soluzioni finalizzate al mero soddisfacimento commerciale; qualora il quintetto persegua la strada intrapresa con evidente purezza di intenti, rimarcando quel carattere personale che spicca, luminoso, in Shrouded Divine, saremo di certo al cospetto di un fenomeno rilevante. Altrimenti pollice verso! Pure per loro!
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6
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Magnifico: quello che gli Opeth non sono più stati in grado di fare. Ma ancora meglio del disco è come in questa pagina compaiano i due tipici esemplari estremi del metallaro.
Da una parte, il classico esempio di poeta maledetto mancato (perché nato nel secolo sbagliato) che, rinchiuso in solitudine nella sua cameretta, si impegna a scrivere sproloqui senza capo né coda, di modo che il lettore non capisca NULLA del disco recensito, in compenso prende atto che il recensore abbia frequentato l'utilissima facoltà di filosofia.
Dall'altra, il rozzo ed intransigente che, al solo nominare "voci pulite" ORRORE! boccia subito il disco, senza nemmeno averlo ascoltato. Vuoi mica che impari qualcosa di musica vera, giammai! Sia mai che lo infetti e che lo induca addirittura a lavarsi! |
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5
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Ottima recensione,quando si parla di Death Metal fate molto bene a specificare se ci sono voci pulite, così boccio subito l'album in questione senza perdere tempo ad ascoltarlo. |
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4
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Ci sono voluti mesi per iniziare a dialogare seriamente con il contenuto del disco ed apprezzare lo stile della band, ma devo dire che si stanno facendo apprezzare grazie agli ascolti insistenti. Un eccellente debutto! |
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3
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si secondo me è un sacrilegio : ) .perchè agli In Morning secondo manca quel talento e dinamica che i "vecchi "Opeth riescono a confluire ai loro brani, passando dal death al prog al folk con naturalezza con Riffs articolati ma fluenti e cleanvocals da mozzafiato ,cosa quest ultima in cui la band si scredita a mio avviso. Cmq ci sono dei riffs in stupendi, alcune parti eccezionali , pero' molte altre anonime e prolisse fine a se stesse Mi ricordano anche i nostri Novembre a dir la verità , forse per il mood + gotico depressivo del platter..che gli Opeth.Per essere il loro primo full-lenght ed essere giovani....ci sono comunque degli ottimi presupposti...ci spero insomma! Ma non venite a parlare di NUOVI OPETH perfavore, troppe pagnotte hanno da mangiare questi... appena 25ENNE Akerfeldt compose "Still Life"... nn aggiungo altro |
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2
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Oddio sembrera' un sacrilegio.. ma dove gli Opeth a mio avviso stanno sbagliando. Questi invece non sbagliano un colpo(cn tutto rispetto per gli Opeth che han segnato un era fatta di musiche straordinarie). Ma se devo scegliere fra l'ultimo CD degli Opeth e questo . Scelgo questo bellissimo LP. Vedremo cosa ci riserveranno gli Opeth quest'estate con il loro ultimo album |
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1
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E' splendido e lo prenderò! PS: per me l'ultima frase vale un po' per tutti i gruppi! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Shrouded Divine 2. Amnesia 3. In The Failing Hour 4. By Others Considered 5. Grind Denial 6. The Art Of A Mourning Kind 7. The Black Lodge 8. Past October Skies (The Black Lodge Revisited)
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Line Up
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Tobias Netzell (Voce, chitarre) Bjorn Pettersson (Chitarre) Tim Nedergard (Chitarre) Pierre Stam (Basso) Christian Netzell (Batteria)
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