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Black Breath - Sentenced to Life
17/06/2023
( 703 letture )
Dopo un promettente EP d’esordio nel 2008 ed un convincente primo full-length rilasciato due anni dopo, gli statunitensi Black Breath pubblicano nel 2012 il loro nuovo lavoro per la Southern Lord, Sentenced to Life. Si era creata una certa attesa attorno a questa nuova uscita. Il disco precedente, Heavy Breathing, aveva infatti impressionato per la maturità stilistica ed il songwriting ispirato, nonché per la sana attitudine a sbriciolare i padiglioni auricolari dell’ascoltatore con un intrigante mix di swedish death, thrash e hardcore.
Il nuovo lavoro del combo di Seattle non abbandona il sentiero già tracciato, chi dunque aveva già apprezzato la precedente release può stare tranquillo: Sentenced to Life è una mazzata tra capo e collo che lascia piacevolmente tramortiti. Il punto di riferimento rimane l’ormai iconico death ‘n’ roll degli Entombed, ma, come abbiamo detto, l’album sarà attraversato da corpose colate di trash e hardcore, quest’ultimo genere rafforzato dal cantato urlato e aspro del frontman Neil McAdams.
Addentriamoci quindi tra le dieci tracce di quest’ultima fatica dei Black Breath.


Si parte subito in quarta con Feast of the Damned, introdotta da un riff avvolgente e adrenalinico, in cui la matrice trash prende subito il sopravvento e che sfocia in un tremolo picking sul quale piomba come una iena la voce acida di McAdams, affiancata nel chorus da cori tipicamente hardcore. Hardcore che emergerà di nuovo, in maniera sfacciata, nella seconda traccia, la title-track. Sentenced to Life non avrebbe sfigurato in un locale newyorkese a fine anni ’80, tra una session dei Sick of It All ed una degli Agnostic Front, e non è un’esagerazione. Lo stesso piglio guerresco e senza compromessi caratterizza Forced Into Possession, una scheggia infuocata di due minuti scarsi che mantiene alto il tasso di adrenalina.
Chiuso l’assalto iniziale arriva Home of the Grave, con la quale i Black Breath rimescolano le carte in tavola. Il pezzo si apre con un riff molto catchy, quasi dal sapore nu metal. Il ritmo rallenta ma non per questo la traccia perde in pesantezza, e anzi sul finale abbiamo un’improvvisa accelerata in cui si inserisce anche un gustoso assolo di chitarra.
A questo punto siamo nel cuore dell’album e qui le cose cominciano a farsi davvero interessanti.
Il terzetto rappresentato da Endless Corpse, Mother Abyss e Of Flesh è veramente da paura. L’anima nera dei Black Breath sorge dalla cripta e si posa sulle note sinistre dell’incipit di Endless Corpse, i toni si fanno drammatici, morbosi. Non manca la velocità anche qui, ma non è più l’assalto sguaiato e in fondo spensierato delle prime tracce, bensì una corsa disperata verso un finale sontuoso, in cui la tetra nenia iniziale viene riproposta ingigantita dalla potenza piena delle due chitarre. La successiva Mother Abyss è una bordata sui denti, velocissima, cattiva, un treno thrash-crust punk che travolge tutto ciò che incontra sul suo cammino. E se intorno a queste due tracce si intravede aleggiare lo spettro degli Slayer: è in Of Flesh che la band di Araya e soci mostra fieramente la testa cornuta sin dal riff d’apertura. Il pezzo ha un tiro micidiale, scandito da chitarre ricche di groove, irresistibile.
Siamo giunti così alla parte finale di Senteced to Life, ed i Black Breath si rifiutano di mollare la presa. Con Doomed torniamo alle atmosfere della title track, una nuova botta in salsa hardcore, un pezzo diretto e senza fronzoli, soddisfacente nonostante i due minuti di durata. The Flame ci riporta su lidi, si fa per dire, più “tranquilli”, con un riffing orecchiabile e venature rock più definite, soprattutto nell’assolo centrale. Chiude l’album Obey, il pezzo più lungo del lotto. La traccia ci riporta ai toni mortiferi e plumbei già sperimentati con Endless Corpse. Il pezzo si apre con una magnifica batteria tribale, le chitarre infilano riff minacciosi e solenni e c’è anche spazio per un’apertura melodica nella seconda parte con un assolo dalle tinte squisitamente heavy.

Alla fine della corsa possiamo senz’altro dire che Sentenced to Life è un disco solido, perfettamente a fuoco e che si ascolta tutto d’un fiato, complice anche la breve durata, perfetta per lavori del genere.
Il connubio tra i diversi generi più volte citati non è di certo una novità, ma i Black Breath confermano di saper dosare a dovere le diverse influenze musicali, bilanciandole ordinatamente all’interno delle singole canzoni ed evidenziando alternativamente un particolare genere a seconda delle necessità, ma senza che questo vada a discapito dell’omogeneità dell’intera scaletta, che si rivela così coesa ma anche sufficientemente variegata da soddisfare più palati.
Pur citando finora solo il cantante Neal McAdams, va da sé che le prestazioni di tutti i membri del gruppo siano ottime: le chitarre di Zack Muljat e Mark Palm la fanno da padrone, ma il basso del compianto Elija Nelson (venuto a mancare nel 2020 a soli quarant’anni) è sempre presente e perfettamente distinguibile, merito senz’altro della produzione di Kurt Ballou, presente anche sul disco precedente. Infine, Jamie Byrum dietro le pelli svolge un lavoro egregio, esponendosi in un drumming feroce e potente, sfoggiando un’ottima tecnica senza mai indugiare in virtuosismi non necessari e mantenendo un controllo ferreo anche nelle sfrenate galoppate spaccaossa che infarciscono il disco.
I Black Breath non hanno quindi deluso le attese e si confermano una realtà solida nell’affollato panorama del metal estremo, un gruppo dotato di talento e personalità, non ancora dei fuoriclasse, ma indubbiamente con le qualità giuste per diventarlo in futuro.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
56 su 1 voti [ VOTA]
INFORMAZIONI
2012
Southern Lord Records
Death / Thrash
Tracklist
1. Feast of the Damned
2. Sentenced to life
3. Forced Into Possession
4. Home of the Grave
5. Endless Corpse
6. Mother Abyss
7. Of Flesh
8. Doomed
9. The Flame
10. Obey
Line Up
Neil McAdams (Voce)
Zack Muljat (Chitarra)
Eric Wallace (Chitarra)
Elijah Nelson (Basso)
Jamie Byrum (Batteria)
 
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