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Crown the Empire - Dogma
03/08/2023
( 1370 letture )
Dogma, il quinto lavoro dei Crown the Empire, pubblicato il 28 aprile 2023 da Rise Records, prodotto da Zach Jones e Josh Strock, appare come il cliché per eccellenza; uno dei più recenti esempi d’impeccabile confezionamento pop-core d’ispirazione Bring Me the Horizon, Asking Alexandria e Of Mice & Man.

Questi quasi 34 minuti sono un evidente esperimento ricco di ganci pop molto efficaci (decisamente più di quelli di Sudden Sky, il loro disco precedente) ma citofonati e prevedibili con tematiche che tentano in ogni dove di risultare profonde ed esistenziali senza però fornirci mai delle sensazioni emotive particolarmente viscerali. Il tema di riferimento, che dà il titolo al disco, non spicca per originalità, ma l’impressione è che la band voglia apparire ribelle ed open-minded a tutti i costi sebbene ci si chieda immediatamente se l’apparenza visiva e sonora rispecchi il concetto di rottura che la band di Dallas intenderebbe ricercare in questo caso poiché non vi è nulla di ancestrale o particolarmente rabbioso. L’approccio emo del voler mostrare la propria sofferenza ed il proprio disagio risulta purtroppo timido e stucchevole sfiorando temi di lotta interiore, alienazione sociale e ricerca del significato della vita con vibrazioni post-hardcore e metalcore mitigate da idee vocali commerciali capaci di arrivare a sfiorare corde alla Ed Sheeran (Superstar). Di fatto anche la stucchevole “critica” allo show-business dello star-system di cui sembrano, a malincuore, far parte ha decisamente nauseato, al pari del concetto del “chiunque può essere famoso per un giorno” visionariamente elaborato da Andy Warhol; la band vorrebbe esprimere la concezione (utopistica) che chiunque, di qualsiasi estrazione sociale, possa fare qualsiasi cosa si metta in testa di fare ma, ammesso sia mai stato cosi, oggi questa speranza si è ridotta ad essere futile e ben commerciabile miraggio: talent, social, guru del miglioramento personale illudono gente senza talento di poter diventare qualcuno o fare soldi senza competenze ma con molta apparenza e tanta speranza; eppure “la speranza è una trappola” diceva Monicelli. Non emerge dunque la profondità quando si tocca il tema della pecora nera (Black Sheep), in cui si percepisce un timido riferimento inquisitorio più che una sufficiente ribellione anticonformista e anti-omologante alla massa ed ai credo religiosi e purtroppo nemmeno l’unica traccia davvero heavy del disco, Dancing With the Dead, in cui il buon bassista Hayden Tree (unica scream-voice rimasta dopo l’abbandono del growler David Escamilla nel 2017) tenta di fare il suo meglio con un suono vocale ancora acerbo, risulta particolarmente geniale.

L’album vede due note collaborazioni vocali: quella di Courtney LaPlante degli Spiritbox nel primo singolo del disco, In Another Life, e di Remington Leith dei Palaye Royale in Superstar. In realtà il frontman Andy Leo mostra in tutto l’album di avere, oltre ad ottime idee melodiche, delle buone doti vocali ed una timbrica non così distante da quella dei due ospiti, ma se nel primo caso il featuring è musicalmente molto azzeccato, nel secondo la collaborazione risulta superflua e un po' artificiosa. La mancanza di un secondo cantante pare essere diventata un forte punto debole dei Crown the Empire mentre è buona invece sia la prova tagliente del solito Hoover alla chitarra che della batteria incalzante di Jeeves Avalos, sostituto di Brent Taddie che ha abbandonato il gruppo nel gennaio 2022 dopo l'album compilation 07102010. L’iniziale title track, Dogma, ci darà l’apparenza che quello che ascolteremo si sia discostato dal metalcore in direzione di un new classic rock, ma le parti più “chunky” non mancheranno ad arrivare, con un sound “punk-hardcore” di stampo Bearthooth che si mischierà a idee vocali pop di palese scuola Bring Me the Horizon; si presenterà quindi un orizzonte chiaro-scuro ed anche un po' dolce-amaro. Modified è probabilmente la traccia più interessante e impattante di Dogma, con un riff di chitarra poco memorabile ma con uno special intimista ed un inciso davvero efficace. Poi però Paranoid è solo il primo dei ritornelli più catchy e prolissi, certo mai quanto quello di Labyrinth, mentre Immortalize riesce quasi a rimandare più all’idea pop dei Motionless in White.

I pareri rischiano di essere discordanti, perché le idee melodiche dei Crown the Empire sono molto buone, quasi ballabili, tanto che i primi tre singoli hanno ottenuto milioni di streaming grazie anche al tocco teatrale e pop della voce di Andy Leo che continua a migliorare ad ogni step e fa emergere un innegabile talento performativo. La band però non è mai stata innovativa, non lo è di certo in Dogma e se in origine il progetto era nato con un’intenzione più -core ora quel mordente risulta purtroppo diluito e inconsistente nonostante i tentativi più urlati. Questo disco vi potrebbe dare un’impressione seriosa, ma in realtà lo apprezzerete nel caso vi venga voglia di passare una mezz’ora leggera e senza troppe pretese; sufficiente in tutte le tracce ma senza essere mai memorabile, e sarebbe potuto esserlo, ma il prodotto finale risulta edulcorato e troppo commerciale come se bastassero urla e breakdown per essere metal. Un vero peccato.



VOTO RECENSORE
59
VOTO LETTORI
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INFORMAZIONI
2023
Rise Records
Metal Core
Tracklist
1. Dogma
2. Black Sheep
3. Modified
4. Paranoid
5. In Another Life
6. Superstar
7. Dancing With the Dead
8. Immortalize
9. Someone Else
10. Labyrinth
Line Up
Andrew "Leo" Velasquez (Voce)
Brandon Hoover (Chitarra)
Hayden Tree (Voce, Basso)
Jeeves Avalos (Batteria)

Musicisti ospiti:
Courtney LaPlante (Voce su traccia 5)
Remington Leith (Voce su traccia 6)
 
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