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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Duff McKagan - Lighthouse
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07/12/2023
( 1270 letture )
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Anno 1987. Los Angeles, cinque ragazzi fondamentalmente allo sbando riescono, non senza difficoltà, a pubblicare il loro disco di esordio, che arriva dopo che la band in questione ha pubblicato un EP di 4 pezzi e ha battuto in lungo ed in largo tutti club del Sunset Boulevard di L.A., conquistando un fan alla volta. Il disco sembra passare quasi inosservato sotto i riflettori dello showbiz, fino a quando nell’agosto del 1988, esplode nel circuito dei "grandi" in tutta la sua potenza, portando in breve tempo una "gang di reietti" sul tetto del mondo, incoronandola come una delle rock band più conosciute (e chiacchierate) del globo. Il resto è storia e di Appetite For Destruction, è stato detto tutto ed il contrario di tutto, sia in positivo che in negativo, così come dei singoli membri dei Guns N’Roses, i quali tra alti e bassi, rehab e ricadute, licenziamenti altisonanti e ritorni improbabili, sono riusciti a rimanere sempre sulla cresta dell’ onda, quantomeno dei tabloid. Non sfugge alla regola Duff McKagan, storico bassista della band, il quale anche se risulta essere stato il membro meno sotto i riflettori del terzetto di punta, non si è fatto mancare negli anni quanto sopra descritto. Superati (sembra) ormai definitivamente certi tipi di problematica, il nostro è da anni un business man fatto e finito, che oltre la band madre, ha cercato di allargare trasversalmente le sue collaborazioni musicali, nonché di portare avanti una carriera solista che non sposterà di molto la consistenza delle sue finanze, ma che sicuramente fa da valvola di sfogo a certi limiti e vincoli che il pachiderma Guns N’Roses ha insiti in se.
Quarta fatica in studio, nata nei tempi morti della recente pandemia, Lighthouse è nella sostanza un disco che serve a soddisfare la necessità del bassista di fare musica personale come forma di evasione dal grande circo, non ha certo l’intento di cambiare il mondo della musica, né tanto meno di far gridare al miracolo. Partendo infatti dalla titletrack Lighthouse, pezzo di natura cantautorale, il disco si snoda su 11 brani di natura decisamente eterogena e dissonante tra loro; il suddetto pezzo è infatti una sorta di ballata folk a tratti gradevole ma che onestamente parlando non fa ben presagire per le sorti dell’intero platter. Purtroppo, l’impressione non particolarmente entusiasmante ricavata dal primo brano prosegue anche con l’ascolto degli altri; ad esempio, le successive Longfeather e Holy Water si muovono su sentieri non troppo dissimili, ovvero canzoni sicuramente ben fatte, Duff non è certo l’ultimo arrivato, ma che offrono soluzioni già sentite, che onestamente vanno poco oltre al compitino fatto per la sufficienza stiracchiata, con in più un’aura a tratti paternalistica impressa dalla rock star selvaggia ormai “maturata”. Rari sono i momenti in cui la natura punk del musicista di Seattle esce fuori, soltanto in due episodi che purtroppo risultano anche essi non particolarmente imprescindibili, ovvero I Saw God In 10th St. e in Just Another Shakedown, la prima costruita per metà su un andamento di chitarra acustica che sfocia poi in elettrico, la seconda completamente in elettrico, cosa che purtroppo non aiuta la riuscita generale del pezzo, causa la “telefonabilità” delle scelte fatte. Sul finale del disco vengono inseriti quelli che dovrebbero essere i brani richiamanti attenzione, anche solo per le collaborazioni dichiarate, ovvero Hope eseguita con il partner in crime Slash, che nonostante tutto non riesce a suscitare interesse alcuno, in quanto risulta essere una canzone che definire banale potrebbe essere riduttivo, oppure I Just Don’t Know eseguita in coppia con lo storico amico Jerry Cantrell degli Alice In Chains, canzone quasi completamente in acustico, carina ma assolutamente dimenticabile. Per finire con l'assolutamente non fondamentale reprise del tema della già poco memorabile titletrack, interpretato dall’icona Iggy Pop che in poco più di un minuto recita alcune strofe del brano, con decisamente poca convinzione.
Come accennato più volte in recensione, Lighthouse si dimostra un disco assolutamente prescindibile, pubblicato probabilmente per semplice sfizio personale da un artista che ha ormai la consapevolezza di poter dare alle stampre ciò che più lo aggrada, ma che in sostanza non ha molto più da comunicare agli ascoltatori. Onestamente, data la quantità di proposte musicali di valore oggi disponibili, risulta estremamente difficile consigliare l’ascolto di questa tipologia di prodotto, fatto salvo il puro spirito da fanboy per il nostro caro vecchio Duff McKagan, che in passato ci aveva deliziato con lavori di ben altro spessore!
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8
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Non l'ho ancora ascoltato, non mi fido a comprarlo a scatola chiusa... come dissi in una news in merito mi confonde abbastanza l'artwork che mi fa pensare a un disco black metal...
@Galilee, Believe in me era un disco molto bello per me e pure il primo degli Snakepit, li reputo quasi complementari. Ma su Believe in me c'era anche un più che godibile Lenny Kravitz (che di solito non ascolto) e persino un pezzo con un rapper. |
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7
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Non mi è piaciuto, nessuna canzone memorabile , superospiti sfruttati male, Avevo preferito il penultimo Tenderness del 2019 ,tutto o quasi acustico. |
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6
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Condivido il commento di Epic, per me è un disco che supera la sufficienza. Atmosfera cantautorale per un LP complessivamente piacevole |
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5
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Un disco nel quale Duff fa emergere la sua anima più cantautorale. Da artista esperto, si muove agevolmente tra riferimenti al cantautorato americano, elementi southern, folk, soft rock e altro ancora. Nulla di origjnale ma nemmeno nulla di sgradevole. Mi sono piaciuti i suoni di Hope, in compagnia di Slash, ma anche questo non emerge come un pezzo memorabile. Senza lode nè infamia. Per me 65. |
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4
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Già believe in me era piu che buono. Non al livello degli album di Izzy, però niente male. |
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3
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Tbone77 Belive in me è il suo primo lavoro da solista, bellissimo e molto street metal alla Guns n Roses. Questo qui segue la scia dei precedenti, molto soft |
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2
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Quello che uscì con il titolo believe in me se non erro non mi era dispiaciuto, l\'ultimo solista non mi aveva fatto impazzire, molto soft per me . Però è solo il mio giudizio. |
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Non concordo assolutamente con il voto, disco molto gradevole, maturo, dalla bellissima atmosfera. Me lo sto godendo ormai da settimane acquistato anche in diversi formati fisici. Niente di clamoroso, ma un bel dischetto per tutti i rocker da cuore romantico e solitario. Voto 70 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Lighthouse 2. Longfeather 3. Holy Water 4. I Saw God on 10th Street 5. Fallen 6. Forgiveness 7. Just Another Shakedown 8. Fallen Ones 9. Hope 10. I Just Don’t Know 11. Lighthouse (reprise)
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Line Up
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Duff McKagan (Voce, Chitarra, Basso, Batteria) Tim Electric (Chitarra) Ryan Burns (Piano) Martin Ferveyear (Sintetizzatore)
Musicisti Ospiti: Slash (Chitarra traccia 9) Jerry Cantrell (Chitarra traccia 10) Iggy Pop (Voce traccia 11)
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