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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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08/04/2024
( 1342 letture )
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La storia degli Slift è legata a doppio filo a quella dei fratelli Jean e Rémi Fossat e ad un amore spassionato per la musica rock. Mentre frequentano il liceo e la scuola di musica classica nella città di Tolosa, i due suonano in piccole formazioni locali, fino a quando l’incontro con il batterista Canek Flores non li porta ad avere finalmente una stabilità ed una sinergia giuste per la nascita del progetto Slift. Inizialmente la band suona un mix di garage ed alternative rock, e pubblica prima un EP e poi l’album d’esordio, La Planète Inexplorée, presso piccole etichette indipendenti locali. Gradualmente la proposta della formazione francese si arricchisce di sonorità stoner, space rock e sludge, e anche dal vivo le composizioni diventano via via più lunghe, complesse e stratificate, impreziosite da derive psichedeliche e dall’utilizzo di elettronica e strumenti a fiato. La fantascienza, quella tratta dalla letteratura, dai fumetti anglofoni e dalla bande dessinée franco-belga, così come quella d’ispirazione cinematografica e musicale, rimane sempre l’asse sul quale ruotano le tematiche e la musicalità degli Slift. Ummon, secondo lavoro sulla lunga distanza, viene pubblicato nel 2020 e rappresenta la svolta per la formazione francese; in poche settimane il nome del trio di Tolosa è sulla bocca di tutti, fan e critica specializzata di tutto il mondo incensano un lavoro al contempo solido, compatto ma complesso ed articolato negli arrangiamenti. L’album è inserito tra i primi posti delle classifiche di genere di svariati siti musicali e la band francese viene invitata a suonare in alcuni dei più importanti festival mondiali. La pandemia rallenta temporaneamente l’attività dal vivo dei nostri, ma già nel 2022 gli Slift intraprendono il loro primo tour negli Stati Uniti, trainati dai consensi unanimi e da incendiarie prestazioni dal vivo, dove emergono inequivocabili doti musicali ed un’energia fuori dal comune. Il successo inarrestabile vale alla band francese un contratto con la prestigiosa label americana Sub Pop Records che a fiutare il talento delle band emergenti non è seconda a nessuno; la nuova etichetta discografica infatti finanzia la produzione e distribuzione del seguito del fortunato Ummon.
Riuniti nel 2023 in studio sotto la supervisione del quarto membro non ufficiale, Olivier Cussac, i tre musicisti francesi registrano gli otto brani che andranno a costituire Ilion. Come confermato dagli stessi fratelli Fossat, la pressione una volta varcata la soglia dello studio di registrazione, è stata altissima, ma forti di un songwriting sempre di altissimo livello, gli Slift superano brillantemente la fatidica prova del terzo album, uscendone a testa alta, più maturi e fiduciosi nei propri mezzi. Se qualcuno aveva ventilato una possibile virata verso lidi più commerciali ed eventuale semplificazione delle strutture proposte dopo l’adozione statunitense, Ilion con i suoi 79 minuti di lunghezza, dimostra l’esatto contrario, complici otto mastodontiche composizioni in grado di fugare ogni dubbio e trascinare l’ascoltatore in un nuovo e travolgente viaggio nel cosmo.
Ancora più che nel predecessore Ummon, in Ilion la sensazione di intraprendere un viaggio è tangibile e concreta: testi e musica sono indissolubilmente connessi, volti a convogliare l’idea del moto e del peregrinare. Sul piano puramente musicale la title track e la successiva Nimh sono due incrociatori spaziali lanciati a velocità di curvatura nello spazio profondo con l’obbiettivo di non fare prigionieri. Fin dalle prime note è evidente come il propulsore a fusione degli Slift sia costituito dalla sezione ritmica costituita dalla batteria di Canek Flores e dal basso inarrestabile di Rémi Fossat, quest’ultimo implacabile traino dalla forza gravitazionale di un buco nero. Se Max Plank ha descritto l’impossibilità di ottenere il moto perpetuo, forse avrebbe cambiato idea una volta conosciuto i tre musicisti francesi. Questo non significa che la musica degli Slift sia perennemente lanciata a rotta di collo senza soste né pause, e di fatto entrano in gioco altri due elementi in grado di controbilanciare l’andamento travolgente della sezione ritmica: l’accoppiata voce chitarra di Jean Fossat e i synth di Olivier Cussac. Sull’ossatura nervosa e altamente dinamica di basso e batteria le chitarre, come un pendolo che oscilla in due direzioni opposte, a volte assecondano la tumultuosa corrente ritmica, mentre in altri frangenti, come in Weaver’s Weft giocano in controtendenza: flirtando con rallentamenti doom nella prima sezione e intessendo eteree ragnatele a sei corde quando il brano decolla repentino verso altri pianeti. Parallelamente la voce esplode stentorea, quasi rabbiosa nei momenti più concitati, ricordando lo sludge graffiante dei primi Mastodon e Kylesa, mentre si fa suadente, quasi eterea come in Uruk e in generale laddove le composizioni rallentano, integrando le sezioni più atmosferiche create dal lavoro dei synth. Le tastiere e l’elettronica giocano un ruolo tutt’altro che secondario nell’economia di ciascun brano di Ilion, e non è un caso se il contributo dei synth sia ad opera dei succitati Olivier Cussac e Jean Fossat, ai quali si aggiunge un altro ospite, il veterano Etienne Jaumet, che oltre alle tastiere impreziosisce gli arrangiamenti dell’album con il suono del suo sassofono: ascoltando l’incipit della lunga strumentale Confluence è impossibile non pensare alla colonna sonora di Blade Runner ad opera di Vangelis. I synth donano tridimensionalità, spessore e consistenza alla musica degli Slift, innescando suggestioni visive nella mente di chi ascolta: mistero, maestosità, paura, solitudine, alienazione ed esaltazione si rincorrono creando una connessione emotiva che cattura e coinvolge per tutta la durata dell’album, scatenando emozioni forti e sovrapponendo sullo stesso piano l’ascoltatore e i protagonisti delle composizioni di Ilion: viaggiatori del cosmo e dello spazio più profondo ed imperscrutabile. E così con Enter the Loop, coda strumentale di matrice noise, il lungo viaggio intrapreso dagli Slift volge al termine e ci si accorge che l’iniziale sensazione di spaesamento è gradualmente stata rimpiazzata da un’euforica esaltazione, perché mai come in Ilion si è vissuto in prima persona ogni tappa di questo incredibile pellegrinaggio.
Ilion è un album ricco, complesso, stratificato e tentacolare, un’opera radicale e coraggiosa che richiede tempo e dedizione per essere apprezzata appieno. Se in alcuni frangenti le strutture e le matrici dello sludge, dello stoner e dello space rock sono chiare e riconoscibili, in altri momenti la musica degli Slift incamera elettronica, ambient, heavy metal e progressive in un melting pot di generi che paradossalmente riesce ad avere una sua precisa identità sorretta e distillata dai tre alchimisti francesi. Nonostante la lunghezza dei brani e nonostante questo continuo attingere da più e diversificate fonti, i musicisti di Tolosa non fanno mai il passo più lungo della gamba, padroneggiando le diverse rotte che attraversano un universo di infinite possibilità come navigati pirati spaziali, cogliendo il meglio da più generi e condividendo queste scorrerie con chi è disposto a seguirli, non come spettatori, ma come membri dell’equipaggio di quell’incredibile e inarrestabile astronave che sulla prua reca il nome di Slift.
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3
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Bel disco, ci sento tanto dei Mastodon
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2
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un gradito ritorno, ma il primo rimane il più bello. |
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1
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Molto bravi e coinvolgenti. Da tenere d\'occhio. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Ilion 2. Nimh 3. The Words That Have Never Been Heard 4. Confluence 5. Weavers' Weft 6. Uruk 7. The Story That Has Never Been Told 8. Enter the Loop
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Line Up
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Jean Fossat (Voce, Chitarra, Tastiera) Rémi Fossat (Basso) Canek Flores (Batteria)
Musicisti ospiti Clémence Lagier (Voce) Etienne Jaumet (Sassofono, Tastiera) Olivier Cussac (Tastiera)
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RECENSIONI |
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