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High on Fire - Cometh the Storm
04/07/2024
( 1558 letture )
In colpevole ritardo, ma forse nel giusto lasso di tempo per poterne ragionare dello status musicale, ci accingiamo a recensire il nuovo album del progetto di Matt Pike. A distanza di cinque anni dall’eccellente Electric Messiah, dedicato a sua maestà Lemmy Kilmister, che valse alla band un grammy, i californiani tornano con un nuovo disco, il nono della loro carriera: Cometh the Storm.

Incendiario alle sei corde, demoniaco alla voce, Matt Pike viene accompagnato in questa pubblicazione dal fedele Jeff Matz, al basso dal 2006 e da Coady Willis che tra le molteplici esperienze in curriculum annovera anche la lunga collaborazione con gli sludgers Melvins.

E mai scelta fu più azzeccata perché già dalla prima traccia veniamo investiti dalla barbarica violenza degli High on Fire. Subito dinamitarda Lambsbread, il pane degli agnelli (o degli innocenti?), che si conclude con l’utilizzo da parte di Matz di uno strumento turco, il baglama o saz, definito anche chitarra saracena, che dà al brano una connotazione etnica.
Il videoclip di Burning Down si adegua allo stoner doom proposto, a raffigurare prima con l’udito e poi con le immagini un’arrampicata verso una collina mortale circondata da lebbrosi; la fangosità del suono della chitarra e la pesantezza della ritmica aggiungono pathos all’atmosfera trascinante resa ancora più malsana dalla voce di Matt Pike. Trismegistus suona ancora più selvaggia nel suo incedere, rulli di batteria quasi tribali con le asce a sottolineare i cambi dal bridge al ritornello e ad affossarsi permettendo una preponderanza della sezione ritmica nonostante il solo di chitarra.

Un amalgama di suono davvero marcio, connotato maggiormente nella title track Cometh the Storm, con cui Pike sembra tributare ancora la leggenda inglese e leader dei Motorhead. Lo stoner doom della strumentale trova un interessante intreccio dove Willis con il suo drumming si dimostra eccelso.

La strada buia di Karalnik Yol: è letteralmente questa la traduzione dal turco del titolo di questa strumentale dal sapore folk orientale, nella quale troviamo Rich Douchette al dilruba, uno strumento indiano a corde suonato con un archetto.
E poi altra pesantezza di suono con Sol’s Golden Curse, scalate futuristiche, con la batteria di Willis ad accentare ogni minima variazione con veemenza. Poi il solo malato di Pike su una ritmica di basso massiccia e una parte di batteria sincopata.

Si fa un salto nel passato per poco più di due minuti, torniamo a 25 anni prima, con un tocco di modernità alla Electric Messiah: The Beating è brutale e selvaggia, marchiata dallo sludge e dall’heavy metal. Il brano non si interrompe e sembra essere quasi una traccia unica con la successiva Tough Guy che prosegue il sentiero di distruzione, con marcate influenze heavy. La cavalcata procede in uno scenario alla Mad Max con Lightning Beard: ancora notevole il lavoro ritmico, specialmente della batteria di Willis, supportata in maniera egregia da un basso fangoso e dalla chitarra di Pike. C’è da dire che ignoriamo il significato del titolo, ma dal testo sembra quasi essere un riferimento a Fury Road.

Atipica nel suo sound epico, in Hunting Shadows traspare una certa melodia, un canto disperato sulla decadenza del mondo, esasperato sul finale; una canzone resa ancora più grandiosa dalla commistione tra i vari strumenti e in cui non manca nella voce quello stile Motorheadiano che oramai Pike ha fatto proprio. La tracklist è eccellente, ma questo brano così differente rispetto alle sonorità tipiche degli High on Fire eleva il disco maggiormente. Il feedback ci lascia sui quasi 10 minuti di Darker Fleece, doommeggiante ed epica nel suo incedere monolitico.

Nonostante non possa essere considerato un concept, traspare in Cometh the Storm una coerenza di sonorità tali da consentire ad ogni brano di legarsi all’altro, e la tracklist appare comunque in grado di raccontare una storia. La scelta di sonorità differenti aggiunge valore al disco e gli High on Fire sono tra i pochi a riuscire ad innovarsi pur mantenendosi fedeli al proprio stile. Questa è solo l’ennesima conferma di quanto siano diventati oramai una leggenda.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
72.6 su 5 voti [ VOTA]
alehc
Domenica 7 Luglio 2024, 21.04.50
6
Visti live l’altra sera… DEVASTANTI!!! Hanno suonato sooo 70 minuti (scarsi) ma sono stati grandiosi/ un muro di suoni così mai sentito!
Graziano
Venerdì 5 Luglio 2024, 22.08.02
5
Che disco. Sezione ritmica devastante e assoli strepitosi. Sempre una certezza!
Terzadose
Venerdì 5 Luglio 2024, 13.36.19
4
Grandioso album.
Epic
Giovedì 4 Luglio 2024, 13.32.55
3
Grande disco, potentissimo e sporco.
Korgull
Giovedì 4 Luglio 2024, 12.49.54
2
Figata di disco. Il lavoro fatto col basso in particolare é splendido
Anders
Giovedì 4 Luglio 2024, 10.19.11
1
Segnalo che Willis è stato membro effettivo dei Melvins per una decina di anni in doppia batteria con Crover (live session???) oltre che colonna dei Big Business…
INFORMAZIONI
2024
Nuclear Blast
Stoner/Sludge
Tracklist
1. Lambsbread
2. Burning Down
3. Trismegistus
4. Cometh The Storm
5. Karalnik Yol
6. Sol’s Golden Curse
7. The Beating
8. Tough Guy
9. Lightning Beard
10. Hunting Shadows
11. Darker Fleece




Line Up
Matt Pike (Chitarra, Voce)
Jeff Matz (Basso, Baglama)
Coady Willis (Batteria)

Musicisti Ospiti
Rich Douchette (Dilruba su traccia 5)
 
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