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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Coldworker - Rotting Paradise
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( 3404 letture )
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Tornano, a poco meno di due anni di distanza dal precedente “The Contaminated Void” gli svedesi Coldworker, band in cui milita l’ex drummer dei Nasum Anders Jakobsson e che si ripropone anche in questo “Rotting Paradise” come formazione devota all’intransigenza sonora, mescolando scuola grind-core moderna, swedish-death e accenni thrash. Altra uscita su cui la Relapse punta molto a quanto mi pare di capire, ma se è questo il materiale che dovrebbe elevare le quotazioni di una band e rispettiva label, posso dire che non ci siamo proprio.
Non intendo stroncare in modo irrispettoso questo album, e non intendo nemmeno tirare fuori di nuovo la solita storia che sembra perseguitarmi da tempo, ovvero quella di trovarmi di fronte dischi perfetti ma vuoti, ma in qualche modo mi riesce difficile non introdurre questa recensione sfiorando quel concetto e facendo un esempio: chi si ricorda del film “Sotto il vestito niente” datato 1985 e diretto da Carlo Vanzina? Sicuramente qualcuno, soprattutto i meno piccoli lo ricorderanno, almeno di nome. Tralasciando la trama di quella pellicola, vorrei soffermarmi solo sul titolo, che si potrebbe applicare benissimo a questo album e ad altri che ultimamente mi capita di ascoltare/recensire e che ancora più frequentemente mi capita di veder elogiati da certa stampa del settore.
La dinamica della situazione in cui mi trovo è a me ultimamente stra-conosciuta purtroppo: apro la custodia, la confezione il più delle volte è curata, inserisco il cd nel lettore, le canzoni inizialmente mi assalgono e sembrano suonare bene, grazie a produzioni laccate e scintillanti (che a priori, chiariamoci, non mi dispiacciono). Ma dopo? Tanto fumo e niente arrosto, il nulla. Cosa vorrebbero suonare bands come questi Coldworker? Death metal? No, non direi, perchè per quanto mi riguarda il death metal dovrebbe avere tonnellate di feeling oscuro in più e meno “fighettume” attitudinale, magari a scapito delle tecnica, ma alla fine la tecnica si sa, è ben usata solo in rari casi e non dovrebbe essere l’elemento base del death metal, se non almeno possederne le giuste fondamenta per potersi cimentare in questo genere. Allora vorrebbero suonare grind-core? E anche qui direi che siamo fuori rotta…Il grind-core ha ben altro “peso”. Un buon disco grind-core dovrebbe colpirti come una badilata in faccia data in modo istintivo e “ignorante”, con pochi orpelli. Insomma la stessa differenza che c’è tra lo stendere il proprio avversario con mille mosse di karate o con un solo colpo rabbioso e animalesco capace di mandarti in frantumi naso e zigomi. Ergo, questo disco non è neanche lontanamente grind-core. E gli accenni thrash? Lasciamo perdere, qui in mezzo si perdono come un bimbo sulla spiaggia di Rimini a Ferragosto.
Quindi, come dicevo in apetura, per me questo cd è privo di contenuto. Pare voglia distruggere il mondo da come si presenta ad un primo, disattento ascolto, ma invece si perde in un universo di noia e luoghi comuni, di finta violenza, dove la cattiveria assume più le vesti di un combattimento di Wrestling piuttosto che di una vera lotta. Insomma, tutto bello, ma tutto finto.
Concludo dicendo che di dischi del genere, almeno per il sottoscritto, se ne può fare decisamente a meno, ma posso immaginare che i nu-death metal-corers potrebbero trovarlo una bomba e spararselo nell’I-Pod prima di andare ad affrontare la loro giornata scolastica con rinnovato impeto. Io purtroppo, o per fortuna, a scuola o all’Università ho finito di andarci, ma ricordo che nemmeno allora ascoltavo nel mio vecchio walkman gruppi così insignificanti. Sarò allora nostalgico io? Forse non riesco a comprendere le nuove leve estreme perché sono ancorato ad un passato ben più sostanzioso? No di certo, perché al giorno d’oggi ci sono bands del passato che ancora danno sonore lezioni di death metal come si deve, ma anche nuove formazioni che sanno esprimersi in modo attuale ma con lo stesso feeling di una volta.
Il problema quindi, tirando le somme, non sono io, ma bands come questa che fanno perdere solo tempo lasciando solo un pugno di mosche in mano (e nelle orecchie).
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3
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Un album bellissimo...scusa ma se trovi quest'album "vuoto" forse non te ne sei accorto,am stai cambiando gusti.Non volermene.... |
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I Coldworker ritornano a spaccare con il loro brutal swe death senza sosta. Grande album, Nasum forever... |
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I Coldworker ritornano a spaccare con il loro brutal swe death senza sosta. Grande album, Nasum forever... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Reversing the Order 2. Citizens of the Cyclopean Maze 3. Symptoms of Sickness 4. The Black Dog Syndrome 5. Comatose State 6. Paradox Lost 7. The Last Bitter Twist 8. Seizures 9. The Machine 10. I Am the Doorway 11. Scare Tactics 12. Deliverance of the Rejected
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Line Up
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Joel Fornbrant - Voce Anders Bertilsson - Chitarra Daniel Schröder - Chitarra Oskar Pålsson - Basso Anders Jakobson - Batteria
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