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LEGEND CLUB, VIALE ENRICO FERMI 98 - MILANO

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Jon Oliva`s Pain - Festival
( 6988 letture )
Cupo e sferzante, Festival unisce l’attitudine teatrale e l’heavy più sostenuto, nel segno dell’inesauribile penna di Jon Oliva. Tutto questo mentre lo stesso frontman cambia idea almeno una volta a settimana sulla possibile rifondazione dei Savatage, ma, viene da chiedere, ce n’è bisogno?
La band del fu Criss Oliva è una pietra miliare dell’heavy, ma Jon Oliva anno dopo anno, oltre ad aumentare di peso, produce dischi di spessore unico, alternandosi tra i Pain (verrebbe da dire i veri Pain, pensando a quelli di Tagtgren) e la Trans-Siberian Orchestra. Festival non è un’eccezione in una carriera dal livello qualitativo superbo; anzi, potrebbe costituirne un picco. Come detto, la vena del singer è ben più cupa che altrove, prendendo in prestito atmosfere da circo surreale ben espresse da band come i Manticora, senza tuttavia snaturare il “Sava-sound”: brani d’impatto, chitarre sostenute (ci torneremo più avanti), voce in equilibrio fra screams rochi e melodie avvolgenti.

In effetti è difficile dire se colpisca più la capacità di scrivere brani simili ma sempre differenti (l’accoppiata iniziale Lies-Death Rides A Black Horse è il Jon Oliva che amiamo e apprezziamo da sempre), oppure la raffinatezza delle piccole variazioni inattese (il carillon che apre e chiude la cruda Festival, le vette compositive della lenta e maestosa Afterglow): pare semplicistico, ma qualsiasi cosa faccia Oliva lascia l’ascoltatore vicino a gridare al capolavoro.
La longevità di Festival ha qualcosa di spaventoso, dato che nessun pezzo mostra passaggi noiosi o banali; e se si passa senza scrupoli dall’aggressione perpetrata in Livin’ On The Edge alla soffice Looking For Nothing, dove abbiamo ancora modo di ascoltare la voce di Oliva nella sua tonalità naturale e alle prese con una ballad tutta made in USA. È poi ancora piacevole lasciarsi cogliere di sorpresa in The Evil Within, brano che vuole giocare con i suoni e ci riesce alla perfezione: accelerazioni, riff inattesi, cori in controtempo, songwriting di lusso a tutto tondo. Lasciarsi cullare da Winter Haven sarebbe facile anche a chi ha un cuore di pietra, tali sono le armonie intessute da una band in forma incredibile, ma la carezza non si trasforma mai in pugno, neanche quando i volumi si alzano (I Fear You, piuttosto che colpire come un orso, avvolge e stringe come un anaconda), o quando gli archi intessono dissonanze narrative sottili ma elaborate (la conclusiva Now, che dietro un velo di semplicità nasconde partiture a tratti geniali).

Cosa resta di Festival? Per prima cosa quello che accomuna i grandi album, ovvero il dispiacere al momento della fine. Poi, va detto, mentre durante l’ascolto è Oliva a spiccare, la memoria riporta fraseggi appena accennati, piccole improvvisazioni, salti ritmici e melodici. E si capisce che i cinque compagni dell’ex-Savatage, tutti quanti tranne McDyne già reclutati nei Circle II Circle, altro side-project riconducibile alla coppia Oliva-Caffery, sono veramente un supporto indispensabile per far girare i Pain alla perfezione. LaPorte è sugli scudi più del compagno, con una mano che –perdonatemi per la mancanza di rispetto– non fa rimpiangere Criss Oliva, mentre Kinder svaria sui ritmi e sui tempi senza timore di niente e nessuno, aggiungendo quel tocco sofisticato a molti cori e passaggi altrimenti tendenti al trademarkismo forse più di quanto dovuto.
La gara per il disco dell’anno 2010 è già cominciata, e Jon Oliva promette battaglia: i Pain sono tra le entità sonore più definite e credibili del panorama attuale, e non sbagliano un colpo.



VOTO RECENSORE
86
VOTO LETTORI
62.44 su 36 voti [ VOTA]
Mauroe20
Martedì 12 Giugno 2018, 18.25.06
8
Manca la recensione del primo disco, il preferito "Tage Mahal"
Filippo Festuccia
Mercoledì 3 Marzo 2010, 17.48.24
7
grazie a tutti per i complimenti e grazie ai Pain per il disco stupendo!
Khaine
Martedì 2 Marzo 2010, 20.07.01
6
Filippo, benvenuto tra noi e complimenti per il tuo primo parto a rileggerti a presto!
Radamanthys
Martedì 2 Marzo 2010, 14.22.24
5
Ottimo disco che unisce teatralità e potenza, carisma ed efficacia, linee melodiche e riff aggressivi: come solo i Savatage sapevano, solo come i Savatage osavano, solo come Jon riesce! Altro che il Festival di SanScemo (x citare Pino Scotto) ecco il Festival di Jon Oliva!!!
Rob
Martedì 2 Marzo 2010, 13.49.55
4
Disco assolutamente strepitoso, come la rece del resto... Benvenuto Filippo!
Maiden1976
Martedì 2 Marzo 2010, 11.51.16
3
Welcome Filippo!!!!!
Broken Dream
Martedì 2 Marzo 2010, 11.34.11
2
Non male..
Electric Warrior
Martedì 2 Marzo 2010, 11.18.42
1
Fenomenali come sempre. Ogni singola canzone è un capolavoro trascinante. Geniali
INFORMAZIONI
2010
AFM
Heavy
Tracklist
1. Lies
2. Death Rides A Black Horse
3. Festival
4. Afterglow
5. Living On The Edge
6. Looking For Nothing
7. The Evil Within
8. Winter Haven
9. I Fear You
10. Now
Line Up
Jon Oliva (Vocals, Keyboards)
Matt LaPorte (Guitar)
Tom McDyne (Guitar)
Kevin Rothney (Bass)
John Zahner (More Keyboards)
Chris Kinder (Drums)
 
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