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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Jon Oliva`s Pain - Festival
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( 6988 letture )
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Cupo e sferzante, Festival unisce l’attitudine teatrale e l’heavy più sostenuto, nel segno dell’inesauribile penna di Jon Oliva. Tutto questo mentre lo stesso frontman cambia idea almeno una volta a settimana sulla possibile rifondazione dei Savatage, ma, viene da chiedere, ce n’è bisogno? La band del fu Criss Oliva è una pietra miliare dell’heavy, ma Jon Oliva anno dopo anno, oltre ad aumentare di peso, produce dischi di spessore unico, alternandosi tra i Pain (verrebbe da dire i veri Pain, pensando a quelli di Tagtgren) e la Trans-Siberian Orchestra. Festival non è un’eccezione in una carriera dal livello qualitativo superbo; anzi, potrebbe costituirne un picco. Come detto, la vena del singer è ben più cupa che altrove, prendendo in prestito atmosfere da circo surreale ben espresse da band come i Manticora, senza tuttavia snaturare il “Sava-sound”: brani d’impatto, chitarre sostenute (ci torneremo più avanti), voce in equilibrio fra screams rochi e melodie avvolgenti.
In effetti è difficile dire se colpisca più la capacità di scrivere brani simili ma sempre differenti (l’accoppiata iniziale Lies-Death Rides A Black Horse è il Jon Oliva che amiamo e apprezziamo da sempre), oppure la raffinatezza delle piccole variazioni inattese (il carillon che apre e chiude la cruda Festival, le vette compositive della lenta e maestosa Afterglow): pare semplicistico, ma qualsiasi cosa faccia Oliva lascia l’ascoltatore vicino a gridare al capolavoro. La longevità di Festival ha qualcosa di spaventoso, dato che nessun pezzo mostra passaggi noiosi o banali; e se si passa senza scrupoli dall’aggressione perpetrata in Livin’ On The Edge alla soffice Looking For Nothing, dove abbiamo ancora modo di ascoltare la voce di Oliva nella sua tonalità naturale e alle prese con una ballad tutta made in USA. È poi ancora piacevole lasciarsi cogliere di sorpresa in The Evil Within, brano che vuole giocare con i suoni e ci riesce alla perfezione: accelerazioni, riff inattesi, cori in controtempo, songwriting di lusso a tutto tondo. Lasciarsi cullare da Winter Haven sarebbe facile anche a chi ha un cuore di pietra, tali sono le armonie intessute da una band in forma incredibile, ma la carezza non si trasforma mai in pugno, neanche quando i volumi si alzano (I Fear You, piuttosto che colpire come un orso, avvolge e stringe come un anaconda), o quando gli archi intessono dissonanze narrative sottili ma elaborate (la conclusiva Now, che dietro un velo di semplicità nasconde partiture a tratti geniali).
Cosa resta di Festival? Per prima cosa quello che accomuna i grandi album, ovvero il dispiacere al momento della fine. Poi, va detto, mentre durante l’ascolto è Oliva a spiccare, la memoria riporta fraseggi appena accennati, piccole improvvisazioni, salti ritmici e melodici. E si capisce che i cinque compagni dell’ex-Savatage, tutti quanti tranne McDyne già reclutati nei Circle II Circle, altro side-project riconducibile alla coppia Oliva-Caffery, sono veramente un supporto indispensabile per far girare i Pain alla perfezione. LaPorte è sugli scudi più del compagno, con una mano che –perdonatemi per la mancanza di rispetto– non fa rimpiangere Criss Oliva, mentre Kinder svaria sui ritmi e sui tempi senza timore di niente e nessuno, aggiungendo quel tocco sofisticato a molti cori e passaggi altrimenti tendenti al trademarkismo forse più di quanto dovuto. La gara per il disco dell’anno 2010 è già cominciata, e Jon Oliva promette battaglia: i Pain sono tra le entità sonore più definite e credibili del panorama attuale, e non sbagliano un colpo.
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8
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Manca la recensione del primo disco, il preferito "Tage Mahal" |
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7
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grazie a tutti per i complimenti e grazie ai Pain per il disco stupendo! |
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6
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Filippo, benvenuto tra noi e complimenti per il tuo primo parto a rileggerti a presto! |
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5
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Ottimo disco che unisce teatralità e potenza, carisma ed efficacia, linee melodiche e riff aggressivi: come solo i Savatage sapevano, solo come i Savatage osavano, solo come Jon riesce! Altro che il Festival di SanScemo (x citare Pino Scotto) ecco il Festival di Jon Oliva!!! |
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4
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Disco assolutamente strepitoso, come la rece del resto... Benvenuto Filippo! |
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1
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Fenomenali come sempre. Ogni singola canzone è un capolavoro trascinante. Geniali |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Lies 2. Death Rides A Black Horse 3. Festival 4. Afterglow 5. Living On The Edge 6. Looking For Nothing 7. The Evil Within 8. Winter Haven 9. I Fear You 10. Now
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Line Up
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Jon Oliva (Vocals, Keyboards) Matt LaPorte (Guitar) Tom McDyne (Guitar) Kevin Rothney (Bass) John Zahner (More Keyboards) Chris Kinder (Drums)
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RECENSIONI |
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