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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Amber Tears - The Key To December
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( 3907 letture )
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Mi viene assegnato il compito di recensire l’album degli Amber Tears, ed essendo un gruppo a me completamente sconosciuto inizio a prendere informazioni sulla loro musica. Vengo così a scoprire che, provenienti dalla Russia, sono definiti dall’etichetta, la Solitude Production, e da “archivi” specializzati come folk/doom o pagan/doom a seconda dell’informatore. Bands del genere la scena russa ne sta tirando fuori a bizzeffe, i primi nomi che mi vengono in mente sono Kalevala, SatanaKozel e Beer Bear giusto per citarne alcuni.
Grande sorpresa al momento dell’ascolto: di folk neanche l’ombra, The Key To December è 100% doom/death! Sinceramente mi chiedo come faccia la casa discografica a definirli pagan metal con elementi doom/death visto che di folk e pagan non ce n’è proprio traccia, quindi le cose sono due: 1) nessuno ha ascoltato l’album 2) l’album l’hanno ascoltato e, considerando la pessima musica contenuta, hanno deciso di spacciarli per folk – ovvero la moda del momento – con tanto di foto in mezzo alla natura per fregare qualche fan del genere desideroso di scoprire nomi nuovi. Detto che elementi folk non ce ne sono non resta che addentrarsi nell’album per appurare che The Key To December è uno scialbo e noioso esempio di doom/death, niente a che vedere con l’irraggiungibile maestria dei My Dying Bride o col sound sofferto delle altre bands che hanno fatto (e fanno) la storia del genere. Quel che propongono gli Amber Tears nel loro secondo lavoro in studio non è in grado di aggiungere alcunché a ciò che è stato già detto, incapace perfino di far rimanere attento anche il più grande fan del genere.
La struttura delle canzoni è sempre la stessa e ascoltare Za Kraj Nebes o Skvoz’ Snega non fa differenza: mai un’accelerazione, mai un break o un’apertura melodica per dare respiro all’ascoltatore, tanto meno una anche minima variazione a livello di songwritig. L’opener (nel senso di prima vera canzone dopo il tradizionale quanto inutile intro) Beskonechnost’ Seryh Dnej, che in tutta sincerità male non è, si (dis)perde nella banalità di un album che ha come unica nota positiva, oltre alla breve durata – neanche quaranta minuti -, la registrazione-produzione che risulta essere pulita e ben curata. Come detto precedentemente le canzoni si somigliano tutte tra di loro e non può certo bastare l’inutile brano acustico – con tanto di cantato sussurrato a opera del comunque discreto singer Anton Bandurin – Pechal’ Sedyh Holmov, messo forse per spezzare la tensione (o dovrei dire noia?) creata-causata dalle precedenti canzoni e riuscendo anzi nella difficile impresa di far venire voglia di skippare alla traccia successiva pur sapendo che sarebbe tornato prepotente un cupo-soffocante (nell’accezione negativa del termine, considerando il genere musicale fa strano, no?) doom/death come neanche gli ultimi – pessimi – Crematory sono in grado di deliziarci.
E intanto il treno va, con i soliti venticinque minuti di ritardo, seduto sulle scalette per salire e scendere dal vagone tanto è pieno di persone, e degli Amber Tears proprio non ne posso più. Ho voglia di qualcosa che soddisfi il mio animo: sfoglio gli album caricati sull’iPod e la scelta cade sui Bucovina, pagan metal band rumena. Sì, di doom/death di quarto ordine ne ho fin sopra i capelli…
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9
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L\'unica cosa sbagliata è la copertina(elemento per me non trascurabile)che trovo visivamente rozza e infantile. L\'album è piacevole, senza grandi vette,se vogliamo canonico ma pur sempre in linea con gli elementi portanti e auspicabili di un dolente death/doom.Da cambiare l\'artwork, per il resto funziona. |
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8
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Dopo il buon esordio anche questa seconda opera (pur non eguagliandolo) si fa ascoltare, grazie a buone linee melodiche e ad un ottimo singer dalla timbrica bella incazzosa. Niente di fenomenale sia chiaro -sia dalla Russia che dalla Solitude che da tutte e due messe insieme è certo uscito di meglio- ma il 45 appioppato è assolutamente fuorviante. Un voto dal 65 al 70 direi sia maggiormente appropriato. |
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7
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che palle!!! album bruttissimo... max 40 |
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6
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Sinceramente il recensore, a suo avviso, avrebbe anche potuto risparmiare tanti giri di parole semplicemente scrivendo qualcosa tipo: "niente di nuovo sotto il sole, tutto già sentito, disco quantomeno inutile". Pensare comunque di trovare qualche cosa di innovativo nel doom al giorno d'oggi mi pare un po' utopistico, e indipendentemente dall'etichetta della label, anche come death/doom metal il disco non è affatto da buttare. Sinceramente avrei dato 45 a questo disco proprio se avesse fatto il verso ai MDB dopo che per gli ultimi 17 anni miriadi di gruppi hanno scopiazzato in lungo e in largo questo stile. Ci sono dischi peggiori che meriterebbero tale votazione, sicuramente questo qui non è un disco ottimo, ma al 60 arriva perlomeno perché non copia i più copiati. Certo è che se ci si capisce di doom metal allora si può anche fare un discorso serio, se invece ci si è ritrovati con un disco appartenente ad un genere che o non si conosce o in caso affermativo, solo superficialmente (e il paragone mancato coi MDB mi fa pensare alla seconda ipotesi) allora meglio lasciar perdere, meglio scrivere "niente di nuovo sotto il sole, tutto già sentito, disco quantomeno inutile" ed evitare di fare figuracce agli occhi e orecchie di chi ha un po' più d'obiettività e conoscienza della materia. Senza offesa, ovviamente... |
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5
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groweed: non ho scritto che siccome non è folk fa schifo, ho scritto che fa schifo perchè le canzoni sono tutte uguali, noiose, prive di un qualunque spunto interessante. |
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4
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ah...dimenticavo...a me l'album piace...per me è da 65 o poco più. |
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3
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ormai siamo arrivati al punto che "se non è folk o se non ha qualche influenza folk allora fa schifo"...e non ho assolutamente NULLA contro il folk eh... Ma con sto andazzo a breve il recensore ne avrà fin sopra i capelli anche del suo amato folk... |
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2
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Mhmmm...la copertina è quella di Mirror mirror dei Blind Guardian vista da dietro???? |
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1
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Il primo disco era molto bello, questo non l'ho trovato allo stesso livello ma comunque non lo butterei, l'ho trovato un sufficiente lavoro, si forse l'etichetta folk o pagan centra relativamente poco. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Intro 2. Beskonechnost’ Seryh Dnej 3. Ot Solnca Proch’ 4. Tihim Ruch’em 5. Skvoz’ Snega 6. Pechal’ Sedyh Holmov 7. Za Kraj Nebes 8. Kogda Rastaet Led
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Line Up
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Anton Bandurin: voce Dmitry Tschukin: chitarra Alexey Ryliakin: chitarra Dmitry Slipchenko: basso Victor Kulikov: batteria
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RECENSIONI |
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