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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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( 2709 letture )
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Avete invitato delle persone a casa vostra, volete farle divertire e siete indecisi tra un bel disco death ed uno prog d’annata? Avete visto il film Le Iene di Quentin Tarantino e siete alla ricerca di un album che vi riporti a quelle atmosfere? Siete stanchi dell’ennesimo gruppetto che promette di essere taaanto cattivo e di odiare il mondo intero? In questo caso, ed in molti altri, il consiglio è quello di procurarvi questo Force 9, album di debutto dei King Mob e sparare a mille il suo rock’n’roll sporcato di surf e psichedelia lasciando che esploda in tutta la sua carica: l’effetto è garantito. D’altra parte, dietro questo progetto non abbiamo proprio una congrega di parvenu, ma una vera “sporca cinquina” composta da Chris Spedding (Roxy Music, Elton John, John Cale, Paul McCartney), Glen Matlock (Sex Pistols), Martin Chambers (The Pretenders), Stephen W Parsons, meglio noto come Snips (Sharks) ed il freshmen Sixteen alla chitarra. Messi in fila i nomi e capito con che razza di vecchie canaglie ci troviamo a trattare, non resta che capire se Force 9 sia un grosso bluff mascherato dietro facce segnate dagli anni nella speranza di fregare qualche “pollo” o se il punto grosso è davvero nelle loro mani.
Ebbene, in realtà il gioco appare serio da subito ed è davvero una bellissima sorpresa sentire questi musicisti di lungo corso divertirsi sul serio, in un progetto apertamente canagliesco e divertente. Rock’n’roll dicevamo. Influenze surf, dicevamo. Accenni psichedelici, dicevamo. Tutto giustissimo, tutto sentito milioni di volte. Cosa rende un disco del genere un prodotto da avere? Beh, è semplice: un groove pazzesco, canzoni perfette, ispirate, divertenti, sporche quanto basta. Linee vocali che ti acchiappano alla prima nota con la loro classicità immortale, come fossero scritte oggi per la prima volta. Un palpabile senso di divertimento, di musicisti di buona levatura che giocano un gioco di cui conoscono qualunque recondito segreto. Insomma, pura adrenalina, pura goduria. Musica da party, come da viaggio interminabile, senza che si arrivi mai al cliché stantio, alla puzza di vecchio. Anzi, le due chitarre di Spedding e Sixteen graffiano e miagolano, viaggiano su tempi in levare come su note dilatate e slide, ma sanno anche aprire squarci sensibili, come nella canzone perfetta, Secret Song, vero capolavoro di un disco che stupisce realmente per freschezza ed ispirazione. La ritmica di Chambers e Matlock è spavalda e sorniona, si fa avanti quando deve, altrimenti accompagna con classe, mentre la voce di Snips è semplicemente perfetta, rotonda e scura quanto basta, viziosa ma anche carezzevole e romantica come quella di un crooner d’altri tempi. Insomma, un ensemble di marpioni che realizza un disco di classico rock d’altri tempi, ma lo fa apparire qualcosa di assolutamente al passo, irresistibile ed ispirato, pronto ad essere sparato attraverso gli stereo di imberbi ventenni in cerca di brividi dal sapore antico, come di maturi conoscitori del genere. Non credo necessario citare singoli episodi, visto che il disco risulta compatto e di qualità omogenea, anche grazie ad una produzione scintillante ed assolutamente calibrata per la proposta del gruppo. Basta sentire le prime tre tracce dell’album per capire che i nostri giocano, ma non scherzano affatto e sanno costruire canzoni all’apparenza scanzonate e semplici che in realtà nascondono capacità di scrittura e di arrangiamento assolutamente ottime, che raggiungono in qualche caso anche profondità inaspettate. A parte la già citata Secret Song, canzone davvero di qualità superiore, da ricordare anche la ballata oscura Chapel of Love, la sostenuta Make That Call, che rimanda in maniera dichiarata ai Roxy Music e la successiva Selene Selene, primo singolo estratto dall’album; ma, ripeto, sono particolari di un disco riuscitissimo nel suo complesso, che chiude con King Mob, gemella della Calling Elvis dei Dire Straits eppure ad essa assolutamente non inferiore.
Chi scommetterebbe su un supergruppo composto quasi esclusivamente da personalità che hanno conosciuto fama e successo ormai trent’anni fa? Non in molti, in realtà. Eppure, la verità è che non si smette mai di essere grandi musicisti e spesso basta una scintilla per scatenare un incendio da braci sopite ma evidentemente non dome. I King Mob riescono ad essere convinti e convincenti con un repertorio difficile, dove non si può barare se si vuole evitare di cadere nel macchiettismo più becero; i Nostri riescono invece a comporre undici brani da ricordare e godere per molto tempo. Una sorpresa che merita di arrivare alle vostre orecchie, non fosse altro per la sua qualità e la sua freschezza irresistibili. Il rock è una malattia da cui non si guarisce mai e questi signori sono qua per ricordarcelo con un gran disco, che gioca sì, ma lo fa maledettamente sul serio. Fatelo vostro.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Love of High Renown 2. Who’s Chasing Who 3. Vah Vah Voom 4. Secret Song 5. American Slaves 6. Chapel of Love 7. I Was There 8. Make That Call 9. China Waters 10. Selene Selene 11. King Mob
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Line Up
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Stephen W Parsons aka Snips (Voce) Chris Spedding (Chitarra) Sixteen (Chitarra) Glen Matlock (Basso) Martin Chambers (Batteria)
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