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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 2516 letture )
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Arrivano da Parigi, questi Deadline, e la loro scarna biografia ci parla di una band dalla storia giovane, ma composta da musicisti d’esperienza: formati ufficialmente nel 2009 dopo due anni di assestamento, i francesi riescono ad entrare in contatto con Beau Hill (produttore con Ratt, Winger, Alice Cooper, Warrant e Europe) e ad assicurarsi i suoi servigi per la pubblicazione di due singoli, Dance with Style e Heading West, grazie ai quali avranno l’opportunità di partecipare a spettacoli radiofonici -che oggi si traducono in podcast- trasmessi in Europa, in Giappone e negli Stati Uniti. Heading West, recensito oggi, è un EP che racchiude entrambi i brani con l’aggiunta di un terzo inedito, intitolato Another Way to Live.
Dance with Style è una canzone che osa tutto e subito, apprezzabile al primissimo ascolto per il coraggio espresso: intro di batteria, martellante tempo in battere ed assolo precedono il cantato di Restoueix, per definire il quale la casa discografica propone analogie allo stesso tempo classiche ed azzardate con Robert Plant, David Coverdale e Ronnie James Dio, e che a me è invece sembrato -molto più semplicemente- nasale e monocorde. A differenza dei nomi sacri citati e brutalmente scomodati, l’interpretazione del singer transalpino eccede in slancio e manca di personalità, persa tra autocompiacimento e linee melodiche che spaziano dal debole all’inesistente, e nonostante questo ripetute fino all’eccesso. A risaltare su una musicalità affidata più di ogni altra cosa alla speranza, sono le chitarre degli onesti Lect e Beraud, infaticabili nel proporre ritmiche scolastiche ma varie, con citazioni stilistiche che spaziano -secondo quanto leggo e diligentemente trascrivo- da Slash, Doug Aldrich e Steve Vai: più indiavolate nella prima traccia, sono invece le atmosfere blues a prevalere nella successiva Heading West, col suo andamento fumoso e vellutato. Purtroppo la canzone non sembra fare tesoro della forzata dilatazione dei suoi tempi: mancando l’ispirazione, il risultato è una traccia che dopo poche battute comincia a suonare lunga e bollita, logora e priva di un reale significato. La poca comunicatività che affligge il cantato affossa definitivamente il tentativo, già compromesso da un intermezzo centrale di inconsistenza imbarazzante e da suoni taglienti (come quello sibilante del charleston) che stridono non poco con il quadretto soffuso -Montmartre style- che si vorrebbe tratteggiare. Per una sorta di tragica continuità, la conclusiva Another Way to Live riesce nell’intento di essere tra le ballad più artefatte e meno ispirate ascoltate ultimamente: melodia e sentimento risultano non pervenute e la canzone finisce col sembrare la brutta copia di una canzone ancora più brutta, che si vorrebbe sbrigare alla svelta e che invece dura sei minuti (abbondanti) tra vocalizzi disperati di Restoueix, improbabili inserti di doppio pedale ed assoli di chitarra da saggio del quinto anno, schiacciati dai suoni di Ballu. Fail-song, insomma. La produzione, tanto sbandierata ovunque si abbia occasione di leggere della band, pare poi poco sensibile alla flebile atmosfera suggerita dal singolo brano, o forse semplicemente impotente di fronte all’infinita vacuità del tutto: i suoni si presentano eccessivamente brillanti ed artificiosamente amplificati (la batteria è particolarmente invadente), ostinatamente plasticosi ed a tratti persino distorti, finendo col fornire non solo al sottoscritto una ghiotta occasione per eccedere in avverbi (con lo stesso epidermico gusto col quale un maiale si rotola nel fango), ma anche all’ascoltatore un’impressione che sa più di demo amatoriale che non di prodotto ricercato. Quello di Heading West è un eurosuono affettato ed esibito, del tutto privo di colore e profondità, che finisce col far perdere di qualsiasi credibilità umana lo sforzo dei cinque parigini. Non bastano i richiami altisonanti della cartella stampa, né il nome pluristrombazzato del produttore Hill, per dare un senso, un’ipotesi di grandeur ed un’efficacia ai tre brani di Heading West: l’espediente si rivela anzi controproducente, perché il disco genera aspettative troppo elevate rispetto a quanto poco riesce a comunicare. L’EP, una forma di promozione che non amo perché incompleta per definizione, dovrebbe rappresentare un appetitoso antipasto, un trailer intrigante ed una promessa sulle capacità di una band, mentre questi sedici minuti finiscono con l’assomigliare piuttosto ad una minaccia, perché prima o poi l’album intero arriverà. E qualcuno dovrà pur recensirlo.
Il rock dei Deadline porta in dote una buona dose di energia, almeno nel corso delle sue prime battute, che non basta ad eliminare una sensazione persistente di indecisione, amarezza e disordine. Le canzoni proposte non hanno, ad umile parere di chi scrive, la forza intrinseca del singolo, in grado esso solo di fare reparto, per mutuare una terminologia calcistica: sembrano invece tre modi diversi di deludere le aspettative, tre occasioni per bistrattare sadicamente gli stili che citano e tre filler effervescenti di un album che non esiste e che alla luce dell’ascolto di Heading West non gode certo dei favori del pronostico.
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what a violence! what's your problem with French people? THIS IS a very good band and the two first songs are amazing! the problem for me is the formation of the musical critic like you... So wash your ears or keep silenT YOU. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Dance with Style 2. Heading West 3. Another Way to Live
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Line Up
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Arnaud Restoueix (Voce) Gabriel Lect (Chitarra) Joris Beraud (Chitarra) Sebastien Debbane (Basso) Nicolas Ballu (Batteria)
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RECENSIONI |
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