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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 1182 letture )
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In La Possibilità di un’Isola Houellebecq ci insegna con la sua usuale crudeltà che i cloni possono avere una profondità esistenziale e di sentire superiore a quella del loro prototipo, pur restando inevitabilmente, tragicamente prigionieri dell’assetto caratteriale dal quale hanno desunto la loro esistenza in vita.
Ecco, i portoghesi Enchantya giungono a questo loro primo full-lenght facendosi consapevolmente carico di una tradizione musicale datata e ponderosa, il gothic metal con voce soprano, e con essa di un’ineludibile aporia: quella di dimostrare ad un pubblico ormai smaliziato di essere in grado di vitalizzare un contenuto che è stato declinato in tutti i modi possibili e che chiede, piuttosto che l’ennesima, accorta modulazione delle sue diverse componenti, il dono dell’ispirazione, l’unico capace di dare un senso pregnante ad un album odierno di gothic metal. E nonostante tutti i difetti rinvenibili, d’altronde imputabili in massima parte all’ancora modesta esperienza della band, mi sembra che quest’élan vitale non solo esista, ma traspaia con nitore dai tredici brani che compongono Dark Rising. Non insisterò oltre sulla mancanza di originalità: la reputo un dato di fatto che tengo in considerazione per poi indagare altro anche se può tuttavia accadere che condizioni in modo del tutto negativo il giudizio sull’album. I brani che lo compongono esibiscono un gothic metal di matrice power che, pur risultando compositivamente complesso e ricco di armonizzazioni, non cede a certe diffuse derive iper-sinfoniche. Chitarre moderne, energiche e risolute impediscono pericolosi cedimenti pop così come l’articolata e dinamica tessitura eseguita dalla batteria, che ha un ruolo leggermente preponderante rispetto agli altri strumenti a causa di un mixaggio non troppo equilibrato; arricchisce il sound l’immancabile tastiera, utilizzata con una liberalità scevra di eccessi. Unico difetto alcune rare tentazioni elettroniche, probabilmente inserite per un intento modernizzatore, che restano avulse dal contesto generale. Il disco scorre agilmente all’ascolto grazie ad un songwriting maturo, coeso ed alla sapiente alternanza di song più dirette e tese ad altre più intime; a partire da She Devil e fino alla fine dell’album assistiamo inoltre ad un’accelerazione qualitativa verosimilmente determinata dall’elaborazione di melodie particolarmente riuscite. La singer si occupa di tutto il cantato, di quello lirico come del growl. Nell’esecuzione del primo, pur non possedendo una vasta gamma di registri ai quali attingere, non manca di talento e competenza; tuttavia, non appena accenna ad un tono più aggressivo (come ad esempio in Night in Whisper), l’esito è purtroppo infausto. Per quanto concerne il growl, comprendo il fascino dell’esecuzione da parte di una donna di un cantato di tradizionale pertinenza maschile, ma quando la difficoltà ad eseguirlo è, come qui, palese, ritengo più saggia la scelta di passare le consegne. Un growl che resta debole e stentato anche dopo che è stato ampiamente trattato con filtri ed effetti, non può soddisfare gli appetiti, neanche i meno esigenti. A questo faticoso duettare con sé stessa della cantante si aggiungano i suoi gorgheggi lirici francamente eccessivi, i coretti ed i recitativi sospirati ed ecco svelato il punto di maggior fragilità del disco.
Gli Enchantya sono gli artefici di un disco che è l’antitesi dell’innovazione, ma permeato da un’autenticità d’ispirazione che ne nobilita i contenuti, conferendo loro una forza che altrimenti non sarebbe emersa con così tanta evidenza. È probabile che la memoria di questi tratti sia a breve termine, ma non tutte le opere possono ambire ad un destino di gloria imperitura. Non chiediamo a questo album più di quello che può dare, ma al contrario non condanniamolo senza appello solo perché si inserisce con schiettezza d’intenti ed onestà di risultati in un filone ben definito senza ambire ad innovarlo.
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disco scadente. il growl per me non ci sta male, però ascoltando winter dreams sicuramente potevano introdurre più brani lenti di quel tipo, o parti orchestrali. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Unwavering Faith 2. No Stars In the Sky 3. Night In Whisper 4. Clad In Black 5. Longing for You 6. Your Tattoo 7. She Devil 8. Ocean Drops 9. Dark Rising 10. Winter Dreams 11. Fear Me When You Fall 12. Interlude / Become of Me 13. Moonlighting the Dreamer
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Line Up
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Rute Fevereiro (Vocals) Nuno Seven (Guitar) Emanuel Henriques (Guitar) Manuel Pinto (Bass) João P Monteiro (Drums) Luis ‘Vlad’ Fernandes (Keyboards)
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RECENSIONI |
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