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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Abbey Ov Thelema - Liber DCLXVI
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( 2370 letture )
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Un inferno. Sì, questo sono gli Abbey ov Thelema. Nient'altro che un gorgo malefico, che risucchia le espressioni musicali più nere e contorte e ne risputa una materia intricata e malsana. C'è un po' di tutto in questo Liber DCLXVI, il nuovo album della band slovacca formata nel 2009. Un paio di demo all'attivo, un album, A Fragment ov The Great Work del 2011, e un deciso cambio di direzione verso una strada che porta dritta dritta alla follia. Atmosfere da film horror, esasperazione, partiture musicali impazzite (meglio definirle progressive rock, o jazz fusion, molto più professionale, che tanto c'è sia dell'uno che dell'altro), orchestrazioni e cori femminili, blast beats e un growling aspro a complicare le cose, con una massiccia dose di synth e tastiere, torturate sadicamente, abusate e derise, ma protagoniste, sempre, in ogni caso. Ascoltate il brano De Septem Signis et Septem Salpinibus per capire cosa intendo. Liber DCLXVI è un caos delirante e aggrovigliato che violenta le cellule celebrali, le stordisce e le confonde con una malvagia esibizione di tutta una serie di artefatti assai cervellotici. Gli Abbey ov Thelema se ne escono fuori con ogni tipo di stravaganza. E in effetti l'album in questione di banale ha solo il titolo. Perdoniamoli sì, che tutto il resto è una faccenda molto complicata.
È un continuo, pazzesco sforzo verso l'assurdo. Materia complessa, come un'intricata formula matematica, di cui non si riesce a cogliere la soluzione. Poi a ben guardare, dopo ripetute osservazioni, calandosi in questa particolarissima dimensione, una soluzione la si trova. Forse. Ma c'è da perderci la testa e il senno. Perché Liber DCLXVI si vota alla ricerca del caotico e del grottesco, attraverso gli strumenti del black, della sperimentazione più acida e del progressive. Un teatro dell'orrore che non concede mai spazio alla melodia. Non sia mai che all'ascoltatore sia dispensato un minimo di compiacimento. No, no, privilegi armonici non ne vengono (quasi) mai concessi.
I brani si sviluppano tra ritmi discordanti e linee musicali divergenti che si sovrappongono per il solo piacere di far sanguinare le orecchie. Indubbiamente è questo lo scopo dell'album e della band. La ricerca sperimentale è volta all'esagerazione, con il gusto sadico di rendere le cose, anzi l'ascolto, difficile e scomodo, anche fastidioso a volte, sfiorando la cacofonia, progredendo verso uno stadio non a tutti intellegibile.
Effettivamente non è facile trovare la forza, la pazienza, di ascoltare e capire. Il ritmo è continuamente spezzato, interrotto e sempre in mutazione, in una infinità di colori e sfaccettature, che hanno però toni grevi e angoscianti. Tastiere con timbri particolari ed insoliti si affacciano per fare la loro comparsa, fugaci manie di protagonismo, e poi scompaiono risucchiati da questo gorgo infernale, che raccoglie, mesce e rigetta di tutto. Poi di colpo, del tutto inaspettatamente, il complesso e intricato groviglio di note si distende, quasi a voler concedere una pausa, un respiro. Nella parte finale del quarto brano, De Ascentione Imperii Peccati, si apre una bellissima melodia dal sapore mesto e nostalgico. Gli Abbey ov Thelema sono dunque capaci di creare anche armonia. Dopo aver subito, per quasi mezzora, solo deliri e follia non lo credevo più possibile.
Ascoltare l'intero full-length è impresa estenuante, ma ciò non deve togliere valore ad un opera alquanto singolare, a tratti sinistra e destabilizzante, a dir poco, con spiccate pretese di assurdità. Ma le capacità tecniche, l'attenzione ai particolari, il concept, la cura nella produzione e nel rendere quanto più possibile spinoso e contorto ogni brano ci sono tutti. C'è solo un problema: nuoce gravemente alla salute.
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2
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Recensione bella, ma Io gli do un bell'80! È molto difficile da ascoltare (anche per la durata molto elevata), ma penso ne valga la pena. Sembra un guazzabuglio sconclusionato, ma l'ordine c'è; trovarlo è difficile, ma una volta che ci si riesce si può apprezzare il capolavoro. Anche l'avanguardia c'è, ed è tutta in tensione verso il grottesco - e io adoro questo genere di "poetica" (se mi è concesso chiamarla così). Ascoltando gli altri lavori del gruppo si nota poi una certa maturazione che, insieme al fatto che tutto nel disco è curato nei minimi dettagli (dalla carta del libretto, all'artwork, al concept...), non fa che aumentare il valore di questo bellissimo album e di questi artisti. |
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1
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tutto tranne che black metal. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. 0 - Hymnus DCLXVI 2. I - De Apocalypsi Ioannis 3. II - De Septem Signis et Septem Salpinibus 4. III - De Ascensione Imperii Peccati 5. IV - De Condemnatione Magnae Babylon 6. V - De Hexakosioihexekontahexaphobia 7. VI - De Conclusione Saeculi
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Line Up
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Delgrast (Voce, Tastiere, Programming) Quadrun (Chitarra)
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RECENSIONI |
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