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The Dillinger Escape Plan - Dissociation
02/11/2016
( 4698 letture )
Genio e sregolatezza: espressione idiomatica che può lontanamente definire i The Dillinger Escape Plan.

Quando si parla di certe band le parole si sprecano, le definizioni si attorcigliano su se stesse, gli aggettivi non sono sufficienti. Attivi ben dal 1996, con 5 studio album alle spalle, 4 EP e 2 split album, i The Dillinger Escape Plan sono creature quasi soprannaturali, incredibilmente dotte musicalmente e tecnicamente e forse, proprio grazie a ciò, sono sempre riusciti a dare libero sfogo alla sperimentazione e all’estro: esenti da classificazioni di sorta, se lo possono e se lo sono sempre potuto permettere.
Soprattutto i cinque di Morris Plains, NJ, hanno avuto il coraggio di osare fin dall’inizio e pur guadagnando qualche hater a causa dell’eccessiva complessità della loro musica, sono stati ripagati e hanno ottenuto un incredibile successo e riscontro di pubblico. Lavori come Calculating Infinity, Irony is a Dead Scene e su tutti Miss Machine sono esemplari di rarità, genialità ed estremizzazione musicale.
Definiti “La migliore band per performance live nel pianeta” dalla critica e dall’audience, mischiano all’hardcore più sfrenato jazz, math, progressive, post-rock e sostanzialmente tutto ciò che più li aggrada a loro piacimento. E la cosa incredibile, inutile dirlo, è che ci riescono alla grande. Si passa dalla violenza più selvaggia e caustica ai momenti più soffusi, digressivi e cristallini, da momenti più lineari e seri a attimi di irrefrenabile e quasi infantile follia; i The Dillinger Escape Plan sono del tutto incontrollabili e che nessuno si azzardi mai a provarci.
Intanto nelle loro composizioni la dissonanza fa da padrona fino a raggiungere il vero e proprio noise, ma la melodia trova il suo spazio in inserti di nicchia: il loro è un prodotto complesso che richiede attenzione e apertura mentale nell’approccio e nell’ascolto. Radicali, indefiniti ma coerenti nella loro indefinizione, ci stupiscono con la notizia che Dissociation è in realtà un testamento: infatti è già stabilito che sarà l’ultimo album della band.
Fan dai cuori spezzati e ascoltatori occasionali si domandano il perché, ma nelle interviste i The Dillinger Escape Plan rispondono lucidamente che come ogni cerchio, anche il loro percorso si deve chiudere. Severo ma giusto e anche questa scelta li rende ancora più rispettabili ai nostri occhi, consapevoli fino all’ultimo. Tuttavia non si può non esser rattristati visto che ancora una volta i nostri hanno fatto centro e avrebbero probabilmente potuto continuare a farlo con altri lavori. E’ proprio l’high level sempre mantenuto durante la loro carriera che ci stupisce.

Lo stile compositivo è caratterizzato da una continua progressione fino ai confini della musica conosciuta, raggiunti e ampiamente superati durante tutto il percorso della band. In Dissociation ritroviamo lo stesso stile, lo stesso marchio di fabbrica, la stupefacente esplorazione, l’estremismo e l’avanguardia.
E se nel precedente One of Us is the Killer i cinque erano maturati pur mantenendo la freschezza, la giocosità e la pesantezza nella scrittura, con Dissociation troviamo i The Dillinger Escape Plan più evoluti nella loro geniale e follemente poliedrica espressione: colto hardcore/math/jazz/prog, che unisce l’aggressività rozza eppur già edotta e dinamica di Calculating Infinity ai radicali tecnicismi e assennatezza di Miss Machine.
Il tutto corredato però da una maggiore dose di momenti interiori, ma anche da quel velo di ansiogena oscurità che fa parte da sempre della loro storia, così come i testi psicotropi, che parlano di vita reale e sentimenti in maniera estrema quanto la corrispettiva musica.
Si inizia senza alcun fronzolo con la opening track Limerenth death, immediata, groove, dissonante e tirata all’estremo sul finale, fino a raggiungere il puro delirio, con lo screaming straordinario di Greg Puciato e il suo timbro vocale inconfondibile.
Il secondo pezzo, Symptom of Terminal Illness, fin dal titolo ci trasporta invece in un’intimità inaspettata, con la sua delicata rabbia e amarezza, mentre si raggiungono addirittura sonorità dubstep nella strumentale Fugue, messa nel bel mezzo dell’album come ad alleggerire e dilatare l’atmosfera.
In pezzi come Low Feels Blvd i nostri danno la migliore dimostrazione del loro amore per il jazz, così come in Surrogate e in Honeysuckle si raggiungono e si superano quei famosi confini della sperimentazione. Ma ancora una volta le parole non sono sufficienti per spiegare e quindi: ascoltare per capire e ascoltare per credere.
L’album si chiude magnificentemente, ma in sordina, con la title track: silente e quasi sussurrata, degna della migliore delle ballate. Ed è con questo pezzo che i The Dillinger Escape Plan ci salutano e noi, dal canto nostro, facciamo loro l’inchino.

Nel complesso Dissociation è un album da ricordare: la degna chiusura di una grande carriera. Non è un ascolto facile, non è il genere di ascolto che si possa fare se si hanno già molti pensieri per la testa, in quanto richiede attenzione, comprensione e impegno: ma un’esperienza, un viaggio incredibile da vivere almeno una volta nella vita, che si apprezzi la sperimentazione o no. E ora che Dissociation chiude le sfrenate danze, non ci resta che tenere sempre pronti tutti i loro masterpiece, al fine di perpetuare questa fantastica, inimitabile e irripetibile avventura musicale di loro creazione.



VOTO RECENSORE
85
VOTO LETTORI
95 su 19 voti [ VOTA]
Slask Belchatow
Domenica 28 Aprile 2019, 17.44.23
8
Band inascoltabile
UATU
Venerdì 24 Novembre 2017, 22.28.39
7
Chiusura ragguardevole di una memorabile carriera. A differenza di tanti altri hanno saputo lasciare quando era il momento
TheFreeman
Giovedì 22 Giugno 2017, 22.59.58
6
Questo è un f*ttuto capolavoro. Forse il loro miglior album.
David De La Hoz
Giovedì 10 Novembre 2016, 11.49.43
5
sarò sempre legato a questa band in quanto Calculating Infinity rimarrà, per me, il più grande album Math mai creato. Purtroppo non ho mai digerito al 100% Puciato, e già con Miss Machine, per quanto sia un ottimo disco, non raggiunge i livelli del debutto. Tutto sommato, una band che ha avuto il suo perchè e che con coraggio fa bene a chiudere la carriera (come i grandissimi The Chariot). Lo ascolterò con piacere vista la review e visto che è l'ultimo.
L'adoratore del cespuglietto muliebre
Lunedì 7 Novembre 2016, 12.32.44
4
Anche a me sembra un ottimo album, al livello del precedente che mi era piaciuto un casino.
AdeL
Domenica 6 Novembre 2016, 23.21.11
3
Abilissimi architetti di un Mathcore estremo, per genialità e complessità! Mi mancheranno.
Havismat
Mercoledì 2 Novembre 2016, 21.46.50
2
L'ho ascoltato oggi. Un bel disco negli standard dei precedenti; quindi molto alti. Però devo ammettere che iniziavano un po' a stufarmi. Quello che dovevano dire lo hanno detto, forse hanno fatto la scelta giusta a finire qui. Una grande band, innovativa come poche altre.
antomie
Mercoledì 2 Novembre 2016, 19.40.04
1
Non potevano chiudere baracca e burattini con un album migliore, ci mancheranno, grazie di tutto Dillinger
INFORMAZIONI
2016
Sumerian Records
Inclassificabile
Tracklist
1. Limerent Death
2. Symptom of Terminal Illness
3. Wanting Not So Much as To
4. Fugue
5. Low Feels Blvd
6. Surrogate
7. Honeysuckle
8. Manufacturing Discontent
9. Apologies Not Included
10. Nothing to Forget
11. Dissociation
Line Up
Greg Puciato (Voce)
Ben Weinman (Chitarra)
James Love (Chitarra)
Liam Wilson (Basso)
Billy Rymer (Batteria)
 
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